«Per esaltare davvero gli ingredienti vegetali è necessario spingere sulla tecnica, fare ricorso a un bagaglio di competenze ampio per concentrare il gusto, pensare oltre i limiti». Ha le idee chiare Davide Guidara, enfant prodige della cucina d’autore italiana, oggi di stanza sull’isola di Vulcano, dopo i fortunati trascorsi a Catania, che l’hanno visto emergere sulla scena della ristorazione nazionale alla guida del Sum.
Natali campani, classe 1994 e piglio deciso, il giovane cuoco non ha mai nascosto una predilezione per i prodotti della terra, da sempre oggetto delle sue sperimentazioni gastronomiche, anche con il supporto dell’Università di Catania per quel che riguarda le ricerche sull’acido glutammico (a proposito di concentrazione del gusto). Ulteriore spia, questa, di quanto la materia di indagine, per Davide, sia affare serio, da sostenere con un’adeguata preparazione teorica, ancor prima di entrare in cucina. Non è un caso, dunque, che la famiglia Polito abbia scelto proprio lui per avviare sull’isola eoliana un progetto stagionale totalmente incentrato sul mondo vegetale: I Tenerumi (al pari de Il Mirto al Botania di Ischia) è il ristorante green che ha debuttato all’inizio dell’estate 2021 al Therasia Resort Sea & Spa, struttura d’ospitalità tra le più esclusive dell’arcipelago.
Il nome dell’insegna è un omaggio a foglie e tralci della cosiddetta zucchina serpente, che in Sicilia sono ingredienti essenziali di una gustosa minestra estiva. E il legame con il territorio, nella scelta– ma anche nella coltivazione – di prodotti locali, vuole essere manifesto: grazie all’associazione Sementi Indipendenti, gruppo dedito allo scambio e alla conservazione di semi dimenticati, sono state selezionate antiche varietà siciliane, che ora crescono nell’orto realizzato a 500 metri dal ristorante, concepito come una vera e propria azienda agricola già pronta a crescere, in estensione e per intensità del lavoro.
A Vulcano, quindi, matureranno melanzane gialle e fagioli Lima, cipolle, pomodori, peperoncini locali e molto altro. Ottima base di partenza per molteplici interventi di trasformazione, con attenzione però a non intaccare la centralità della materia prima: «Sfatiamo il mito che la cucina vegetale sia poco interessante, noiosa o troppo delicata. Non mi manca nulla, anche se lavorare sul tema richiede molto impegno. Ma possiamo giocare con le verdure, anche in modo prepotente. Penso a uno dei piatti centrali del nostro menu, una Lattuga fermentata nel latticello di capra, condita con maionese di scalogno alla brace e sesamo nero: verso l’insalata abbiamo un pregiudizio legato all’uso quotidiano che ne facciamo; io la presento nel piatto senza fronzoli, mi è capitato di vedere qualche sguardo perplesso. E poi arriva l’assaggio: acidità e sapidità spiccata, peraltro ottenute senza ricorrere al sale, perché salamoie e fermentazioni permettono di ottenere una sapidità elegante, che non appesantisce alla fine della degustazione. Sorpresa. Anche i clienti più scettici si ricredono, e pur proponendo solo un menu degustazione obbligato, tutto disegnato con questo approccio, siamo riusciti subito a raccogliere tante prenotazioni e consensi».
Alla fine della stagione, da ottobre, Davide si prenderà del tempo per viaggiare, in Italia e all’estero, per raccogliere altri stimoli da elaborare in cucina. Ma la carica è già quella giusta: «Vorrei cimentarmi con le cotture dei vegetali sottoterra, per esempio provare a cuocere le carote nella sabbia nera di Vulcano. Ma stiamo già lavorando anche sull’ossidazione, sempre con l’idea di ribaltarne l’impatto: dev’essere un valore aggiunto per noi e un divertimento per chi mangia. L’avanguardia è far godere in egual misura il cliente gourmet e l’avventore comune».
Attualmente il menu degustazione di Guidara si articola in 12 assaggi, più coccole della cucina. C’è l’Insalata di pomodoro (vedi ricetta), che mette insieme più varietà dell’orto, «i semi del ramato, il cuore di bue macerato, il datterino cotto nella calce viva come si fa con il mais in Sudamerica, tutto servito con acqua di pomodoro lattofermentato»; o il Peperone arrosto, fatto maturare per una settimana in pasta di peperone concentrato, poi cotto alla brace, glassato e servito con crema di peperone secco e olio al prezzemolo.
Ma anche un piatto che è ormai un classico dello chef, i Fagioli cosaruciaru con miso al pistacchio, «sintesi perfetta della mia idea di prendere ricordi del territorio e combinarli con tecniche internazionali, per creare un nuovo gusto siciliano e mediterraneo».