Testo estratto dal numero speciale Italianissimo: 20 (+1) racconti d’autore per 20 regioni
La mia storia e quella della Franciacorta sono intrecciate dalla mia nascita, potremmo dire che siamo sorelle, figlie entrambe del visionario enologo Franco Ziliani. Mio padre è stato il primo a pensare che la Franciacorta avrebbe potuto dedicarsi alla produzione di metodo classico e lo fece seguendo il suo sogno, andando anche contro il parere dei più che vedevano il futuro della Franciacorta vinicola focalizzato sui rossi. Aveva solo 27 anni quando incontrò Guido Berlucchi, che lo chiamò come tecnico per produrre il suo vino bianco che aveva chiamato Pinot del Castello di Borgonato. E ne aveva 31 quando riuscì a ottenere delle bottiglie stabili che, assaggiate l’anno dopo, si confermarono all’altezza delle aspettative.
Era il 1961, un’annata di qualità che diede i natali alle prime 3mila bottiglie, quando ancora la Doc Franciacorta era un sogno. Io avevo solo 4 anni. Uno dei miei primi ricordi è l’odore del mosto fresco di pressatura durante la vendemmia, che pervade le narici e l’anima e che tutt’oggi aspetto con trepidazione per riportare alla mente le memorie di allora: per me quello è il profumo della Franciacorta, se potessi lo metterei in boccetta per una sferzata di buonumore all’occorrenza!
Da quella prima vendemmia di anni ne sono passati esattamente 60, e io ho visto la Franciacorta crescere, cambiare, maturare, osservandola come una sorella maggiore protettiva. La Franciacorta è un territorio che incarna plurime anime, è sfaccettata e profonda; nata come una zona povera e rurale, è poi sbocciata in una delle economie più floride d’Italia. Già prima dell’avvento dell’industria c’erano i vigneti, c’era il vino (allora solo fermo), ma mancava l’esperienza per ottenere il meglio che il territorio potesse dare. Basti pensare che una delle vie nel cuore della Franciacorta, dove ora sorge uno dei nostri vigneti più vocati, è “Via Mancapane”, se non è indicativo questo…
E poi il boom degli anni ’70, con l’arrivo dell’industria nella laboriosa Lombardia. Ma la Franciacorta è rimasta invece un’isola verde grazie alla crescita degli ettari vitati che man mano hanno “rubato” spazio alla piccola industria e alla cementificazione. Grazie a viticoltori e a produttori lungimiranti e appassionati l’economia è cresciuta, si è potuto investire e investendo si è portato valore, benessere e lavoro.
In anni più recenti la Franciacorta agricola ha dato vita alla Franciacorta turistica (ed enoturistica), valorizzando e aprendo a tutti le sue bellezze nascoste. La sua dimensione “comunale” ancora mi colpisce: ogni comune ha le sue tipicità, eppure tutti insieme esprimono orgogliosamente la Franciacorta. Il Mercato di Rovato, dove mio padre ci portava il lunedì, la messa estiva al Monastero di San Pietro in Lamosa prima di avventurarci nella riserva delle Torbiere a Provaglio, la gita scolastica a Rodengo Saiano all’Abbazia Olivetana, dove ci riempivamo gli occhi di bellezza con gli affreschi del Romanino. Le Cascate di Monticelli Brusati, dove portavo i miei figli ancora piccoli, sono oggi una meta battuta e apprezzata per la sua unicità. Il lago d’Iseo e Montisola, meta prediletta delle nostre estati, vengono decantati nei tourist point.
Anche un grande artista come Christo ne comprese la bellezza quando decise di realizzare la spettacolare installazione artistica “The Floating Piers” nel 2016, quando per la prima volta nella storia i duemila abitanti di Montisola ebbero la possibilità di raggiungere la terraferma camminando sulle acque del nostro piccolo lago.
E così il territorio, unito ma mai omologato, viene valorizzato e tutelato, spinto a ricercare nelle sue stesse radici la linfa e il nutrimento per nuovi germogli, e nuove opportunità di crescita.
È questo che ci serve per il futuro: ottimismo e una visione illuminata che, osservando la strada fatta in questi 60 anni, ci aiuti a guardare ai prossimi 60 pensando a cosa lasceremo alle future generazioni. Così come abbiamo costruito un’economia solida affinché i nostri figli avessero mezzi e lavoro, dovremo costruire un territorio che mantenga e accresca le sue risorse per supportare le prossime generazioni e un contesto economico e sociale altrettanto sostenibile. Il valore e il benessere – come ci ha ricordato il Ministro Giovannini – non si misurano in soli indici economici. Vedo la mia nipotina muovere i primi passi curiosa verso il mondo, protendersi verso di esso con ottimismo e con l’aspettativa che ogni nuovo giorno serbi qualcosa di meraviglioso e il mio desiderio è che, quando sarà il suo momento, trovi esattamente questo: un meraviglioso mondo che avremo contribuito, tutti insieme, a costruire. Viticoltori, industriali illuminati, imprenditori, tutti insieme Franciacortini, con l’orgoglio di esserlo. A mio parere, siamo sulla buona strada. Noi con il progetto Academia Berlucchi abbiamo creato la contaminazione tra diversi pensieri che siano stimolo per progetti a lungo termine che valorizzino il patrimonio naturalistico e artistico della Franciacorta.
Inoltre, in vista del 2023, anno in cui Bergamo e Brescia saranno Capitali della Cultura, si è già creato un network di collaborazione sempre più aperto, che unisce il territorio della Franciacorta a quello del Lago, per creare un palinsesto di iniziative culturali che valorizzino la cultura e le sfaccettature della Franciacorta, dei suoi luoghi e dei suoi prodotti. Un’occasione che non possiamo e non dobbiamo perdere, per dare un’ulteriore iniezione di vitalità e cultura a un territorio che è già centro nevralgico dell’economia e può diventare, con il nostro impegno, un esempio in termini di valorizzazione culturale e salvaguardia delle risorse e sostenibilità a 360°.
Figlia di Franco Ziliani, con i fratelli Arturo e Paolo ha ereditato l’azienda di famiglia, facendosi ambasciatrice della Franciacorta in Italia e nel mondo. Per Guido Berlucchi cura il marketing e la comunicazione.