Se Rossano Calabro oggi è conosciuta in tutto il mondo non è solo per la bellezza della costa affacciata sullo Ionio, o per la suggestiva posizione di cesura tra mare e monti (quelli della Sila). Rossano è pure la città della liquirizia. E di Amarelli.
Qui, nel 1731, nasceva la prima proto-impresa dedicata alla commercializzazione su vasta scala delle pastiglie nere ottenute dall’estrazione del succo di liquirizia, a partire dalla radice commestibile della Glycyrrhiza glabra, pianta endemica di quest’area della Calabria; e dall’antico “concio” settecentesco la storia della famiglia Amarelli, oggi ancora saldamente alla guida dell’azienda, si evolveva verso il successo planetario del brand.
Data al 1919 l’intuizione della scatolina in metallo porta-liquirizie, diventata oggetto di culto e terreno fertile per la creatività di designer e creativi italiani, con cui Amarelli, ormai da molti anni, ha instaurato un confronto costante (i risultati più brillantili trovate in vendita persino al Design Store del MoMa di New York).
Mentre nell’arco di tutto il Novecento si snoda lo sviluppo degli impianti produttivi, verso una modernizzazione rispettosa della sapienza artigianale, che al perfezionamento continuo di tecnologie all’avanguardia fa corrispondere il controllo rigoroso del mastro liquiriziaio. Le conquiste degli ultimi tre secoli di attività sono raccontate al Museo della Liquirizia Giorgio Amarelli, che dal 2001 affianca la sede storica della famiglia, nel palazzo quattrocentesco di Contrada Amarelli.
Nel 2021, il museo celebra il suo ventennale e la lungimiranza di un progetto nato con la benedizione del Premio Guggenheim Impresa e Cultura, che all’inizio degli anni Duemila arrivava a sottolineare il valore di un allestimento innovativo per originalità della proposta e capacità di raccontarla. Non è un caso che oggi, tra i Musei d’Impresa italiani, quello della Liquirizia sia secondo solo alla Galleria Ferrari di Maranello per numero di accessi annui (nel 2019, ultima rilevazione utile pre-Covid, le presenze sono state 60mila).
In precedenza – era il 2004 – al museo Amarelli è stato dedicato anche un francobollo; e, ancora, nel 2012, l’Archivio della famiglia, che conserva documenti dal 1445 ai giorni nostri, è stato dichiarato di rilevante interesse storico nazionale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
«Oggi è normale per un’azienda storica predisporre un percorso di visita o un’area museale, vent’anni fa sembrava quasi eretico – spiega Fortunato Amarelli, figlio di Giorgio e Ad del gruppo – qualcuno ci criticò apertamente, ma noi abbiamo guardato a quanto stava succedendo nel mondo: c’era necessità di raccontare l’azienda dall’interno, aprirci al pubblico. Il tempo ci ha dato ragione». Di più, il museo è funzionale a una strategia di marketing che esula dall’approccio tradizionale: «Trattiamo un prodotto molto complesso rispetto ad altri del settore dolciario. La liquirizia non ha grandissimo consumo, ma neanche ha molti competitor e il marchio Amarelli mantiene un grande appeal. Quindi è giusto investire sulla nostra storia: il nostro è un museo che racconta, un momento in cui il cliente viene a conoscerci personalmente, apprende contenuti, storie e aneddoti che, se vorrà, faranno parte dell’esperienza d’acquisto».
Per questo, il percorso è guidato, disponibile anche in lingua inglese, francese, spagnola e tedesca: «Gli stranieri rappresentano una minoranza delle presenze, ma speriamo possano crescere di pari passo con l’aumento degli arrivi dall’estero in Calabria». Attraverso oggetti e testimonianze di un passato lontano, con il supporto di espedienti multimediali, il Museo della Liquirizia invita a viaggiare indietro nel tempo: «Raccontiamo una storia inedita rispetto ai manuali di storia economica, quella dei produttori di liquirizia calabrese. Quando nel Settecento ci si rese conto che era possibile estrarre il succo dalla radice, con un grande risparmio sulle spese di spedizione, un’impresa agricola già fiorente diede vita a un circuito proto-industriale. Nel giro di 50 anni, in Calabria, nascono 80 aziende specializzate nella lavorazione della liquirizia. Danno vita a un consorzio, sviluppano una contabilità complessa, hanno voce in capitolo nel rivendicare i propri interessi davanti al re. All’ascesa segue il declino, Amarelli è l’unica superstite. Al museo ripercorriamo tutto il processo».
C’è spazio però anche per installazioni e opere di design, come la grande “scatolina” in plexiglass ideata da Marco Lodola, che ripropone uno dei soggetti più significativi della sua produzione artistica, Il volto degli altri; o i robottini di Massimo Sirelli, street artist calabrese. E cimeli curiosi, come lo pneumatico in liquirizia da 70 chili, realizzato per Pirelli nel 2006, arrivato fino all’Expo di Shangai. In occasione del ventennale, nel mese di agosto, il museo raddoppia le possibilità di visita: nelle ore diurne, in versione Open Air, negli spazi all’aperto antistanti la concia. Di sera, tre volte alla settimana, per un tour speciale, all’interno del museo e alla scoperta della chiesetta del complesso, prima di terminare con un momento di degustazione della liquirizia.
Museo della Liquirizia Giorgio Amarelli
Contrada Amarelli
Rossano (CS)