Gabriele Moratti, imprenditore con la passione per i vini di qualità; Gian Matteo Baldi, vignaiolo romagnolo oggi AD del gruppo Stella Wines, che nasce con il Castello di Cigognola nell’Oltrepò Pavese; ed Emanuela Flore, enologa sarda laureata in Scienze Viticole ed Enologiche all’Università di Torino e con un Master in Marketing del vino a Piacenza. È questo il “tris” che cala Bentu Luna – il rimando è a uno dei venti che spazzano la terra sarda, i cui nomi tornano anche in diverse etichette –, nuovo progetto vitivinicolo nato nel 2019 che punta a valorizzare il territorio della Doc Mandrolisai nella omonima regione storica della Sardegna centrale, in provincia di Oristano.
Ma in realtà si tratta di un “progetto collettivo”, fatto dell’apporto di molte competenze – da Beppe Caviola, responsabile dei blend, all’agronomo Giovanni Bigot, che applica alle vigne sarde l’attento monitoraggio messo a punto con il suo Indice – e di molte mani. A cominciare da quelle dei proprietari delle vigne locali (molte delle quali con oltre 40 vendemmie alle spalle, tra cui quella di Pardoniga meritevole di 98 punti per l’Indice Bigot) che hanno trovato in Bentu Luna uno stimolo importante – anche economico, grazie alla redistribuzione dei ricavi su tutta la filiera – con una gestione condivisa dei vigneti in cui la manodopera e il sapere locale s’incrociano con le innovazioni tecniche e tecnologiche “del continente”.
Al centro c’è quello che Baldi definisce un “nuovo umanesimo del vino” basato sulle interconnessioni: tra le persone, e tra l’uomo, il territorio, il vino. Che, nel caso della Doc Mandrolisai, nasce dalle varietà autoctone bovaleddu, cannonau e monica che crescono nei vigneti misti spesso coltivati ad alberello e circondati da olivi, castagneti e sugherete. L’obiettivo – già raggiunto in vini come il Mari, Mandrolisai Doc affinato per 8 mesi in barrique di rovere di secondo passaggio, dedicato al Libeccio – è di lasciar esprimere il terroir sardo senza cercare a tutti i costi sovraestrazioni e muscolarità, ma nemmeno un’eleganza che non ne rispecchi lo spirito rustico.
I vini sono tutti a fermentazione spontanea, con pied de cuve selezionato da Flore nel laboratorio interno. Costruita nella campagna di Neoneli con materiali naturali – legno, pietra, vetro – e manodopera locale, la cantina è un esempio concreto di sostenibilità che si ritrova anche nell’uso della bottiglia borgognotta larga e leggera (entro i 400 g), di confezioni in cartone riciclato che non hanno bisogno di nastro adesivo e di tappi senza cere realizzati da un produttore della zona, a base di sughero locale.
Be Luna
Dal vigneto impiantato nel 1905 nelle campagne di Atzara, è composto secondo tradizione da bovale sardo, cannonau e monica. Realizzato in poco più di 1.300 bottiglie, affascina con il bouquet complesso, con note di ciliegia, tabacco e macchia mediterranea (mirto, lentisco) e con eleganza balsamica.