Max Feichter osserva con orgoglio un enorme cumulo di letame ricoperto con le canne del fiume Adige, che scorre a poca distanza dal centro di Magrè sulla Strada del Vino e da alcune delle vigne dell’azienda Lageder. Il giovane giardiniere altoatesino è dal 2018 responsabile del progetto dell’”organismo agricolo”, che ripensa l’attività vitivinicola allargando il cerchio all’agricoltura e alla zootecnia fino a chiuderlo con la rinnovata proposta di ristorazione certificata biologica – moderna, curata ma non elaborata, improntata a “comfort food” e ingredienti genuini – della Vineria Paradeis, dall’autunno scorso affidata alla chef Flora Hohmann, in piena sintonia con la visione biodinamica e olistica della tenuta e della filosofia improntata all’economia circolare: dal termine della vendemmia fino a primavera, due piccole mandrie di buoi delle razze autoctone Grigia e Bruna Alpina pascolano tra i filari dei vigneti – dieci ettari alle porte di Magrè e altri dieci più in alto, sui depositi alluvionali del Rio Favogna verso Cortina sulla Strada del Vino, dove dal 1957 si coltivano le uve alla base del XV Merlot – contribuendo a tenerli puliti e concimati.
Un ritorno a usanze antiche, fatto con consapevolezza contemporanea e con un occhio al futuro, tra prove e tentativi: «Siamo partiti nel 2018 con quattordici buoi di un’azienda casearia della zona: noi facevamo un favore a loro, tenendo e nutrendo gli animali che non davano latte, e nel mentre capivamo come utilizzarli per la manutenzione dei vigneti in un’ottica integrata. Poi, abbiamo deciso di tenerli tutto l’anno per ridare valore a questi animali e lavorare sull’intera filiera. Li teniamo tra vigna e campo per circa otto mesi, poi li portiamo in malga per l’estate appena le gemme iniziano a sbocciare, per evitare che danneggino l’uva. Per loro abbiamo inserito nel sovescio anche graminacee e trifogli, che integriamo con fieno e foraggio di nostra produzione ma senza cereali. Dopo i tre anni, li macelliamo e otteniamo una carne di altissima qualità, che viene servita al ristorante».
Un circolo virtuoso non privo di ostacoli e sfide: solo quest’anno sono riusciti a ottenere il permesso di sopprimere gli animali sul posto, con un sistema ad hoc e la supervisione di un allevatore/macellaio, per eliminare lo stress degli animali e assicurare loro una fine rapida e dignitosa; e il mucchio di letame – che servirà per concimare le vigne quando necessario – è un successo personale per Max, che ha studiato il modo per radunare gli animali e raccoglierlo più facilmente. A poca distanza dal ricovero notturno c’è anche il GrandOrto, dove si coltivano ortaggi ed erbe per il ristorante, mentre a separare i diversi appezzamenti sono stati piantati filari di piante e alberi autoctoni, anche rari, a rafforzare e preservare la biodiversità locale.
Tanto il progetto Organismo agricolo quanto il nuovo corso della Vineria Paradeis portano anche il segno del passaggio generazionale nell’azienda fondata nel 1823 da Johann Lageder, che all’attività di famiglia come costruttori di carrozze affiancò il commercio dei vini. Un ramo della famiglia decise poi di seguire la coltivazione delle uve e la produzio e di vino, e il pronipote Alois III acquistò la tenuta Löwengang di Magrè. A esso si è poi affiancato in tempi più recenti, per volere di Alois IV, il bellissimo Casòn Hirschprunn, dimora del XIII secolo che oggi nelle sale affrescate e decorate dalle stube in maiolica ospita bottaie e cantine di appassimento – oltre che la Vineria Paradeis e l’idilliaco giardino all’ombra – ma anche eventi privati e i numerosi ospiti della due-giorni di Summa, caratterizzati dal clima conviviale e dall’internazionalità dei partecipanti.
Di questo e del progetto VIN-o-TON – che accoglie in cantina concerti di giovani e promettenti autori di musica contemporanea – si occupa soprattutto la figlia maggiore di Alois, Anna, che ne ha raccolto la passione per l’arte e la musica, mentre dal 2015 il trentacinquenne Clemens ha affiancato il padre nella supervisione della produzione vinicola e agricola. Nel 2021, con l’ingresso in azienda della terzogenita Helena – classe 1992, tornata in Alto Adige dopo aver lavorato nel mondo del cinema come regista per interessarsi del marketing e della Vineria Paradeis – il passaggio generazionale si è compiuto, e Alois Lageder ha lasciato ufficialmente la guida dell’azienda ai tre figli per continuare a dedicarsi alle sue altre passioni, dall’arte al territorio. «Sono molto felice di lavorare con le mie sorelle; tradizionalmente, si tende a passare a una sola persona la guida di una realtà come la nostra ma noi siamo tre individui diversi, ognuno con i suoi interessi e le sue attitudini, e possiamo lavorare in sintonia. Dal 2021 siamo ufficialmente noi tre i titolari dell’azienda e questo ci dà maggiori responsabilità ma abbiamo un bel feeling e guardiamo al futuro», racconta Clemens. E a proposito di futuro, per lui la chiave per il successo sta nella diversità, che riguarda tanto l’agricoltura quanto le persone, rispettando l’ambiente e aprendosi anche a idee e contaminazioni.
Nasce in quest’ottica anche la linea di vini Terra Alpina, o meglio la sua evoluzione con le etichette Voyage, voluta proprio da Clemens ed Helena. Un brand a sé, dedicato ai vini di montagna e alle loro peculiari caratteristiche e al canale della ristorazione e delle gastronomie specializzate, che dall’habitat dolomitico amplia il proprio orizzonte mettendo insieme vini biologici provenienti da diverse regioni vinicole europee d’alta quota, dall’Ungheria alla Svizzeria, passando per Austria e Francia. Dal loro assemblaggio nascono due etichette – un bianco a base di Chardonnay, Müller Thurgau, Garganega, Welschriesling, Pinot Grigio, e un rosso a base di Vernatsch, Carignan, Grenache, Lagrein, Merlot – illustrate dall’artista svizzero Daniel Müller (rispettivamente con un gufo e una lince, animali alpini a rischio di estinzione) e commercializzate in GDO. «Gli animali non conoscono confini, si muovono liberamente tra i paesi della regione alpina. Noi stiamo facendo qualcosa di simile con i due nuovi vini Terra Alpina. Non sono le frontiere politiche o regionali a essere decisive, ma il terroir che le collega», spiega Helena. «L’idea è quella di andare un po’ cross borders», conferma Clemens, «focalizzandoci sul concetto di montagna più che su quello di territorio specifico. In un momento in cui le abitudini e i luoghi di acquisto sono cambiati, e siamo stati a lungo limitati negli spostamenti, ci piaceva l’idea di poter permettere alla gente di uscire dai confini con una bottiglia di vino».