Grappoli di Nebbiolo

La complessità ‘a ritroso’ dei vini di Langhe e Roero

Assaggi dall’evento Grandi Langhe, ospitato alle OGR di Torino, e da un percorso ciclo-enoturistico tra colline e vigneti, alla scoperta di un’eleganza nuova di Barolo, Barbaresco & Co nel segno della verticalità.

Le Langhe del vino sono in splendida forma. Non è un’affermazione scontata, perché se è vero che pochi (pochissimi) Barolo si confermano di anno in anno nel gotha dei vini italiani celebrati da guide e riviste internazionali, facendo sognare i winelover (anche nel prezzo), nei primi lustri dopo il 2000 si era allargato il divario con la qualità media della denominazione.

Da qualche anno, invece, Barolo e Barbaresco, ma anche i Nebbiolo Langhe e il Roero stanno attraversando un rinascimento che vede coniugarsi due linee essenziali: eleganza e verticalità.

Ispirazione Borgogna in Langa

Se qualche tempo fa la finezza di Barolo e Barbaresco veniva “forzata”, in alcune interpretazioni, dalla ricerca di concentrazione spinta e speziature derivate da legni spesso invadenti, oggi si lavora di astrazione. Botti grandi (o, se piccole, almeno di secondo passaggio) e cemento fanno respirare aria di tradizione. Perché la consapevolezza di un ritorno alle sfumature più raffinate dei vini di Langa è anche un percorso a ritroso, verso lavorazioni che avevano consolidato una evidente ispirazione allo stile di Borgogna.

Ecco allora vini che, pur quando giovani, si rivelano profondi e intensi, sottili e verticali. Giocano sui sentori raffinati di piccoli frutti rossi e di erbe officinali, presentano acidità e tannini eleganti (anche quando la permanenza in bottiglia non è ancora lunga abbastanza per distenderli); il legno lascia il posto a un naso balsamico e al sorso la nettezza del frutto e la raffinatezza inducono al sorriso, come quando si ritrova una persona cara persa di vista per lungo tempo.

Assaggi per chi ama la complessità

Non è facile questo percorso di gran classe che Langhe e Roero stanno compiendo. Perché la complessità non è per tutti. Eppure l’educazione del palato – che in Italia sembra un fenomeno in maturazione – consente di immergersi in quella laboriosità e di scoprirne i tesori.

Ecco alcuni assaggi scelti tra i banchi dell’evento Grandi Langhe promosso dai Consorzi Barolo Barbaresco e Roero, che ha portato 2.200 operatori da 15 paesi alle OGR di Torino, ma anche da un percorso ciclo-enoturistico che i winelover meno pigri possono compiere tra colline e vigneti in Langa.

Il Barolo Brunella 2017 di Boroli è una conferma, con i toni floreali di glicine accompagnati a una balsamicità spiccata, con richiami di tabacco e di erbe officinali in un sorso morbido eppure di carattere.

Il Barolo Cannubi 2018 di Tenute Einaudi spinge sui toni balsamici e quasi resinosi, unisce la freschezza dei fiori a sentori lievissimi di cuoio, è sapido e profondo nei richiami erbacei.

Dalla tenuta di Fontanafredda, il Barolo Paiagallo di Casa E. di Mirafiore ha la scorrevolezza di spezie e frutto che gioca a nascondino con toni amaricanti appoggiati su un tannino deciso e seducente.

Il Barolo Bricco delle Viole 2018 di GD Vajra ha un naso fresco tra frutta e tabacco, con una balsamicità che torna nel calice accompagnata da sfumature ematiche e una chiusura che richiama deliziosamente l’amarognolo della buccia d’arancia.

Il Barolo Ginestra (Pajana) 2018 di Domenico Clerico porta un bouquet di erbe aromatiche e cuoio, presentandosi allo stesso tempo austero e profondo, e dimostra al sorso un carattere sferzante e intrigante amplificato dai tannini fitti.

Il Barolo Villero 2018 di Giacomo Fenocchio ha un naso leggermente ematico che sfuma sul minerale e la china, in bocca arriva caldo con toni erbacei e chiude asciutto con una potenza che lascia stupiti. Sempre dalla cantina di Monforte d’Alba, il Bussia 90 Dì (che fa 90 giorni sulle bucce) unisce il frutto maturo a sentori floreali, cacao e menta rendono sfaccettati i toni erbacei, per un finale lunghissimo e levigato.

Il Barolo Lazzarito 2018 di Vietti ha un naso di amarena ed erbe aromatiche, sfilato verso il balsamico, ma al sorso è carnoso e seduce nonostante il tannino ancora verde.

Il Barolo Liste 2017 di Borgogno si propone con toni officinali che non coprono però il frutto, ha toni ematici che tornano nel calice per un finale caldo e ampio.

Il Barolo Castelletto 2017 di Castello di Perno ha toni aranciati e di erbe essiccate, sfumate verso il tè, ma al sorso è affilato e assai poco carnoso, con un finale che è pura sobrietà anche grazie al tannino già delicato.

Il Barbaresco Bernadot 2018 di Ceretto è quanto di più raffinato ci si possa aspettare in termini di finezza e pulizia, una sintesi di erbe essiccate e ciliegia con evoluzioni balsamiche, per un sorso fresco e aristocratico.

Altrettanto elevato il Barbaresco Gallina 2019 di Oddero, che nel naso porta spezie e prugna con toni balsamici, mentre in bocca è scorrevole e asciutto con un finale di tabacco.

Il Barbaresco Meruzzano 2018 di Orlando Abrigo si presenta chiuso a un primo approccio, con sentori lievi di erbe aromatiche, ma nel calice è fresco e lineare con toni balsamici di tè e menta.

Il Barbaresco Ronchi 2019 di Albino Rocca, da giovanissimo qual è spinge su toni vegetali e non si concede subito, ma al palato è carnoso e rivela tannini intriganti quasi increspati.

Il Ginis di Poderi Moretti, un Roero Riserva 2015, bilancia il frutto maturo e il cacao in polvere, erbe officinali che danno austerità e un finale tra tè e tabacco.

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