Una galassia di 11 stelle, quelle assegnate oggi dalla Guida Michelin, che premiamo le eccellenze gastronomiche di Dubai. La Rossa punta per la prima volta i propri attenti riflettori sul capoluogo emiratino, dove si è svolta questa mattina una premiazione che parla anche italiano. Esordisce con ben due stelle Niko Romito, presente qui con il suo ristorante presso il Resort Bulgari, a confermare una collaborazione blasonata che inanella successi dall’estremo al medio oriente. Anche a Massimo Bottura, altro illustre alfiere della scuola italiana, è stata assegnata una stella per Torno Subito, che ha portato al W Dubai le migliori atmosfere della riviera romagnola anni Sessanta.
Ma non solo all’alta gastronomia e alle più sfavillanti strutture ricettive bisogna guardare, per esplorare lo spirito più autentico di questa città, che vive da secoli in simbiosi con il deserto, le sue luci e i suoi profumi. Ci sono storie e indizi rivelatori da seguire, osservando ad esempio il colletto dei kandura più eleganti — le candide vesti tradizionali emiratine — dai quali pende il tarboosh, un cordone intrecciato con una nappa di cotone che le mogli dei beduini intridevano di essenze, in modo che l’aroma di casa li accompagnasse nei viaggi attraverso il deserto. Guardando alla galassia di luci, superstrade, isole artificiali e cime aguzze di grattacieli che accoglie chi atterra a Dubai di notte, risulta difficile da credere, ma in questo avamposto scintillante della penisola araba, che dopo aver salutato i 25 milioni di visitatori dell’Expo è stata eletta destinazione più popolare al mondo per il 2021, fino a meno di due secoli fa non c’erano che distese mutevoli di sabbia e rare oasi di inamovibili palme. Per scoprire che ne è del borgo di pescatori e raccoglitori di perle che oggi infrange ogni record (sono qui l’edificio, la ruota panoramica e la piscina più alti del mondo, l’hotel più lussuoso, ma anche — e soprattutto — il più massiccio volume di investimenti stranieri), è utile assaggiare il più possibile, lasciandosi guidare dalla scia odorosa di quell’“Arabia dai mille profumi” che sopravvive all’ombra dei rooftop, nei meandri dei souk di spezie e tessuti e lungo le marine più eleganti. È l’aroma del caffè a orientare la passeggiata tra le strette vie di Al Fahidi, il quartiere storico in cui bussare alla porta di una delle antiche case dei commercianti persiani significa strappare un biglietto per la cerimonia del gahwa: un infuso di caffè verde ingentilito da cardamomo, zafferano e acqua di rose, per il quale esistono “oltre 44 modi di servirlo e oltre 22 di riceverlo”. Fondamentale e rispettoso restituire la tazzina con la mano destra e sostare un attimo tra i vapori dell’oud, una resina locale che catalizza la buona sorte, prima di attraversare il creek a bordo di un’abra in legno e dirigersi verso il quartiere residenziale di Deira. «Scarpe comode e fame da campioni sono i requisiti essenziali per intraprendere da qui il Middle Eastern Street Food Tour più movimentato che possiate trovare», introduce Joanna Mascarenhas, la guida nata a Bombay e cresciuta negli Emirati che accompagna, con Frying Pan Adventures, alla scoperta del profilo gastronomico della Dubai più autentica.
La piccola maratona prevede quattro ore di passeggiata intervallate da chiacchiere e racconti, oltre a numerosi pit stop tra botteghe e tavolate all’aperto per comprendere, un morso dopo l’altro, come le cucine dal levante del Mediterraneo e dall’estremo Oriente si siano abbracciate in questo fluido crocevia di culture e tradizioni. Si comincia dai falafel, che Ibrahim Quwaider propone in versione semplice o farciti di shatta (un impasto piccante di erbe), da tuffare in cremose ciotole di hummus e accompagnare con cavolfiore fritto e pickles rinfrescanti. Proseguire con uno snack di shawarma siriano a base di pollo speziato, salsa tahina e crema all’aglio strette in un involucro di pita leggera e croccante è un passaggio gradevole, prima di approdare — con ancora una piccola riserva di appetito, se si è stati bravi a dosare gli assaggi — alla tavola di Miran Erbil. In questo ristorante iracheno va in scena il rito ancestrale del masgouf: un piatto nazionale a base di carpa che ha visto la luce nell’antica Mesopotamia, di cui si pregusta l’aroma affumicato mentre i filetti si abbrustoliscono con melassa di melograno e sommacco sulla brace. Tra una tappa e l’altra anche la quota dolce — anzi dolcissima, come in tutti i paesi di cultura araba — è ben rappresentata.
Una breve sosta per sbocconcellare un paio di ma’amoul madh (pasticcini di datteri) e baklava (greche o turche? Il dubbio rimane) al miele, noci e pinoli ne precede un altro, ben più corposo, di kunafa. In questo sontuoso dessert preparato in ampie teglie rotonde, il delicato ghee indiano è la base per uno strato di formaggio fresco da latte di capra e pecora proveniente dalla cisgiordana Nablus, pasta kataifi, pistacchi tritati e una spavalda dose di sciroppo di zucchero, cotto sul fornello perché si sa, i popoli nomadi non avevano forni. E “we are all nomads here” è il motto che accoglie gli ospiti del nuovo 25hours Hotel One Central, che dedica ognuno dei piani a un tratto della vita degli abitanti del deserto: potrebbe capitarvi di dormire in una tenda beduina, in un moderno glamping o nella suite di un cantastorie. «Quello che cercano i nostri ospiti è il dinamismo, la sorpresa e un tocco di avventura — chiosa l’hotel manager Mads Wolff —. E noi vogliamo che chiunque soggiorni qui possa andarsene con una storia da raccontare». Sfogliare un libro all’ombra della costellazione di scene da mille e una notte che illustrano il soffitto della hall può essere un piacevole intermezzo prima di salire al Monkey Bar all’ultimo piano. Da lì, sorseggiando un Gin Basil Slush (gin Tanqueray, liquore P31 e una delle innumerevoli varietà di basilico che si trovano da queste parti) sul bordo della piscina a sfioro, si gode di una delle viste più belle — e nuove di zecca! — della città: quella sul Museo del Futuro, il nuovo landmark inaugurato a febbraio 2022, che con il suo profilo ellittico e la superficie interamente trapunta di calligrafia araba fa da contrappeso agli slanci dei grattacieli di downtown. Per immergersi nello skyline e rendersi davvero conto delle sue proporzioni, il momento migliore è il tramonto. Una passeggiata lungo la Dubai Fountain e ai piedi del Burj Khalifa, che con i suoi 830 metri è il grattacielo più alto del pianeta, può concludersi felicemente — se le vertigini dovessero impedire la scalata al ristorante At.mosphere situato al 122° piano — al bancone di uno dei 17 concept restaurant del Time Out Market. Qui si sceglie da una selezione a opera di foodies affidabili, gli editor dell’omonimo magazine di viaggi e lifestyle, che ha campionato il meglio dell’offerta casual del capoluogo emiratino. Un nitro coffee alla roastery locale Nightjar, estratto a freddo e addizionato al momento con azoto, contribuirà non solo a ristorarvi, ma anche a mettere in dubbio tutto ciò che credevate di sapere sul caffè.
Spostandosi a sud sul piccolo molo dei pescatori della marina di Jumeirah si può cenare ai tavolini del ristorante 3Fils, tenendo gli occhi sull’onnipresente vetta del Burj Khalifa e sulle isole artificiali a forma di palma che si sviluppano a poca distanza (The World, il nuovo arcipelago dalla forma dei cinque continenti, è in via di costruzione proprio di fronte). In questo ristorante asiatico dal twist giapponese, che ha conquistato il primo posto della classifica dei World’s 50 Best Restaurants per il Medio Oriente e Nord Africa, tra un sashimi di salmone al mandarino e salsa ponzu e un burger al wagyu e tartufo, si capisce in fretta qual è l’arma vincente della gastronomia di Dubai: attrarre la migliore qualità dal resto del mondo e lasciarla esprimere nel pieno del suo potenziale. Una drink list di “mocktail” pensata per la clientela islamica — come il fresco Naughty Rose con fragole, acqua di rose e zafferano — è quel che serve per accompagnare l’assortimento di sushi da condividere come anche il dessert di gelato al karak chai, una bevanda al tè e latte speziato arrivata dall’India per diventare un must locale, che viene assemblato in un cono poi infranto al tavolo per lasciare che i commensali si servano da soli.
Negli Emirati serve una licenza speciale per il servizio degli alcolici, e sono molti i locali che ne sono provvisti, soprattutto nel distretto finanziario. Nel cuore del quartiere più frequentato di professionisti internazionali c’è La Petite Maison, un elegante bistrot con tovaglie bianche e opere d’arte alle pareti, che ha puntato sulla cucina nizzarda e sulla materia prima del bacino del Mediterraneo. Europea è anche l’ispirazione della lista dei 12 signature cocktail, cuciti intorno alla figura quasi mitologica del drammaturgo e bon vivant francese Jean Cocteau. «C’è voluto un anno di lavoro appassionato per mettere insieme un menu che fosse un tributo a uno dei maggiori personaggi del XXI secolo — racconta il Bar Manager Tibor Krascsenics —. Ogni drink è pensato per gli appassionati di arte, mixology, o semplicemente per chi vuole fuggire per un’ora o due dal “qui e ora”». Un esempio? L’opera teatrale Orphée rivive in coppe dipinte a mano e in un miscelato a base di pesca, albicocca, mandarino, mandorla e washing di gin allo yogurt greco.
Se Dubai è il potente collettore di capitali umani e finanziari di oggi, lo si deve (oltre che, ovviamente, alla fortunata parentesi petrolifera) alla sua posizione di snodo sulla via delle spezie. Alfiere della cucina indiana più all’avanguardia, il 35enne Himanshu Saini ha deciso di spostarsi qui da Delhi, brillando alla guida del nuovo Trèsind Studio — premiato, a giugno 2022, con una stella Michelin nella prima edizione della guida in terra emiratina —, dove propone piatti dai gusti profondi e dalle radici solide. «Per ritrovare il futuro è necessario guardare alla storia. Da dove vengo io diciamo che se non si impara dalla storia si diventa storia a nostra volta, e per me non c’è nulla di più vero». “Atithi Devo Bhava” (l’ospite è Dio) è il principio che guida il servizio coreografico di portate come i Ravioli di pollo tandoory in brodo al curry, dove l’aroma misurato delle spezie si combina alla tradizione italiana della pasta ripiena. Sul rooftop del ristorante, Saini ha impiantato un giardino urbano dove coltiva le erbe e i fiori che impreziosiscono le sue ricette, lavorando insieme a Mohammed Aissaoui, un ex ingegnere che dal sud della Francia è arrivato negli Emirati per creare Myfarm. Basta spostarsi di pochi km dal centro della metropoli per toccare con mano il suo piccolo miracolo botanico: una fattoria circolare e sostenibile, dove si producono ortaggi biologici, piante officinali e semi, nonostante le asperità del clima desertico. Perché forse anche a Dubai, la capitale del futuro, l’avvenire può essere un po’ più green.
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Dove mangiare e bere
Time Out Market
Ideale per assaggiare il meglio che Dubai ha da offrire, il Time Out Market riunisce 17 tra ristoranti, café e bakeries, selezionati da giornalisti enogastronomici e foodies locali. Concedetevi un dessert da Brix by 3Fils, che qui propone la divertente carta dei dolci del ristorante alla marina, poi affacciatevi sulla terrazza panoramica che offre una vista invidiabile sul Burj Khalifa e la Dubai Fountain. (timeoutdubai.com)
3Fils
Qui non si accettano prenotazioni, nemmeno dagli emiri, ma vale la pena pazientare un po’ per accomodarsi a uno dei tavolini sul porto dei pescatori e ordinare qualche piatto da condividere. Tra i must della casa, il Salmon Volcano — un roll a base di salmone e salsa gochujang — e il sashimi di tonno, servito senza salsa di soia per esaltarne il sapore naturale. Lasciate spazio per i dessert. (3fils.com)
La Petite Maison
Con la sua proposta di cucina mediterranea in un contesto glamour, questo bistrot all’ombra dei grattacieli del Financial District con sedi anche a Londra e Miami è un’opzione che combina buona cucina e ottimi miscelati. Potrete scegliere tra piccole tapas, come fritture di moscardini e bruschette, per accompagnare ognuno dei 12 drink ispirati alla vita e alle opere di Jean Cocteau. (lpmrestaurants.com)
Trèsind Studio
Sul rooftop nel Nakheel Mall ha inaugurato a marzo 2022 questo promettente fine dining che sfida i luoghi comuni sulla cucina indiana. Domenico Carella, patron di Carico Milano, ha ideato per il menu degustazione un pairing di bevande che spazia dalle bollicine ai cocktail, passando per i fermentati. La Rossa non ha perso tempo, assegnandogli subito una stella nella prima edizione della Guida Michelin di Dubai. (tresindstudio.com)
Dove dormire
25hours Hotel Dubai One Central
L’ultimo nato della catena internazionale si trova a pochi metri dal nuovo Museo del Futuro. Gli spazi sono disegnati per accompagnare gli ospiti dalla mattina a tarda sera: dal patio in cui fare colazione con karak chai e sfoglie allo zahtar, alla rotonda da mille e una notte con biblioteca a disposizione; dalla piscina con vista sullo skyline al Monkey Bar per un brindisi dopo cena. Per chi ha nostalgia dell’Europa, non manca nemmeno una birreria in stile bavarese. (25hours-hotels.com)
W Dubai – The Palm
Situato sulla mezzaluna occidentale dell’iconica Palm Jumeirah, il W è ideale per chi vuole intervallare l’esplorazione della città con la vita da spiaggia. Qui Massimo Bottura ha aperto Torno Subito, il primo dei suoi ristoranti all’estero, con un menu che fa rivivere un’altra riviera: quella romagnola, con i fasti degli anni 60. (marriott.com)
Cosa fare
Frying Pan Adventures
La cucina levantina, araba e indiana si sono intrecciate sulle vie dei mercanti di spezie e sopravvivono ancora oggi, vivacissime, per le strade di Dubai. Affidatevi alle guide locali per assaggiarne quanti più esempi possibili in una vera e propria maratona di street food; scarpe comode e molto appetito è tutto ciò di cui avrete bisogno. (fryingpanadventures.com)
Museo del Futuro
Una struttura in vetro e acciaio di sette piani per una superficie complessiva di 17.600 metri quadri, che si sostiene senza pilastri ed ed è alimentata da 4mila megawatt di energia solare. Un miracolo tecnologico che ospita sezioni dedicate all’esplorazione dello spazio, alla conservazione degli ecosistemi e al benessere dell’umanità, con esperienze interattive per adulti e una sezione dedicata ai bambini. (museumofthefuture.ae)
Myfarm Dubai
In un fazzoletto di terra appena fuori Dubai, Mohammed Aissaoui ha avviato un’azienda agricola in cui coltiva erbe officinali e alleva capre e api, contando su una banca di semi internazionali e sulle limitate risorse del deserto. È possibile partecipare a tour dell’azienda e a laboratori sulla raccolta e la cura delle piante, oltre che acquistare il miele locale e prodotti cosmetici a base vegetale. (myfarmdubai.com)