Questa è una storia di famiglia, e la cosa non può che confortare. La storia di due genitori che affermano e rendono grande una trattoria ai piedi della Maiella, una delle montagne più importanti d’Abruzzo e più belle d’Italia. Peppino e Angela si costruiscono un percorso tutto loro, che diviene in breve tempo un pezzo della storia gastronomica abruzzese, di quella rinascita che avvicina pastorizia e cucina di campagna all’accoglienza migliore, che sa vivere con orgoglio ciò che altri, in passato, snobbavano (oggi chi lo farebbe più!). Grazie a questo a Villa Maiella accorreranno numerosi, negli ultimi vent’anni: avventori e cuochi amici in visita, dai gourmet viaggiatori a Vittorio Fusari e a Bras. Poi arriva il cambio generazionale, che in situazioni come questa non riesce sempre come una ciambella con il buco, ma che a Guardiagrele permette ai due giovani di fare di più di chi li ha preceduti. Villa Maiella era già diventata un ristorante importante, premi e blasone incluso, ma il rientro di Pascal e Arcangelo Tinari dalle esperienze in Italia e all’estero (il primo in sala e il secondo ai fornelli) ne ridisegna in breve lo stile e l’approccio e permette un ulteriore salto di qualità.
Oggi quando si arriva qui si ha la sensazione di essere accolti in casa, solo che la casa è perfetta. C’è tutto quello che ti aspetti in un ristorante contemporaneo, ma non c’è nulla di superfluo. E quando ci si guarda intorno, nell’ampio salone pieno di luce, si vede come si possano mescolare famiglie e incalliti gastronomi, pranzi di festa e turismo enogastronomico, perché qui c’è spazio per tutti. Il servizio si muove garbato (e fornitissimo di proposte enologiche ad accompagnare i piatti) e sembra quasi che si strutturi in funzione dell’ospite. Dalla cucina escono invece sapori schietti e precisi, a tratteggiare origini e creatività che convivono nei ricchi menu.
E se ci sono persone che vengono qui per i classici intramontabili come la chitarra (tipica pasta locale) o l’agnello al timo, è forse nella rilettura di alcuni dei prodotti identitari che si esalta l’unicità di questa tavola. È il caso della chitarra di patate, sì, ma anche e soprattutto delle carni, come il maialino dei propri allevamenti o il controfiletto di pecora, che riescono a restituire aromi e sensazioni genuine rarissime in un ristorante stellato, frutto di una sapienza tecnica capace di rinnovare l’esperienza di gusto lavorando sul conosciuto. E, si sa, i secondi piatti di carne sono la prova del nove per il talento di un cuoco.