Per chi non ci è mai stato, Al Covo di Venezia sarà una scoperta. Per quelli che ci sono già stati qualche anno fa, anche. La trasformazione, a piccoli passi, di questa importante tavola veneziana è infatti un fulgido (e raro) esempio di come si può evolvere nel tempo senza perdere un briciolo di identità. E la nuova generazione qui, quella di Lorenzo (figlio di Cesare e Diane, gli storici patron), ha saputo aggiungere contenuti senza togliere nulla a quell’atmosfera di casa, ancorata a forti valori, che i genitori avevano costruito. Al Covo si viene per una cucina di laguna che non prescinde mai dalla sostenibilità del pescato. Pertanto si mangia quello che il mare offre, stagione e momento permettendo. D’altro canto da sempre qui i valori sono quelli di Slow Food, e dunque il buono non può prescindere dal pulito e giusto. Ma a fianco di grancevola, saor, baccalà mantecato, busara, sogliole di laguna (piccole e splendide), il menu dà spazio anche a prodotti terragni di grande qualità, come il culatello di Zibello o la soppressa artigianale, il magatello o il fegato di Chianina o la “schnitzel” di suino nazionale con pico de gallo e patate fritte in buccia. E, va detto, le patate sono buone come tutto il resto, perché qui nulla è lasciato al caso, salse comprese (le variazioni sui temi di maionese e ketchup che accompagnano le fritture sono splendide!). In generale, al mondo degli ortaggi viene riservato un ampio spazio: i titolari fanno infatti parte del progetto “Osti in Orto”, che vede alcuni ristoratori veneziani al lavoro su un appezzamento agricolo dell’isola di Sant’Erasmo, per produrre verdure di laguna che, grazie al microclima locale, hanno un sapore diverso. Cibo a parte, Al Covo è un luogo speciale anche sotto il profilo dell’ospitalità. La brigata si muove affiatata e precisa fin dal momento dell’accoglienza, gli spazi (gli arredi interni così come il piccolo dehors sul campiello) sono confortevoli e apparecchiati con cura, e il pasto scorre via piacevolmente come in pochi altri ristoranti da queste parti. Ultimo ma non ultimo il discorso vino: ci sono competenza e passione dietro una lista tutta mirata a valorizzare produzioni locali e nazionali che fanno della qualità e della sostenibilità (di nuovo) il loro punto di forza. Con la voglia di rendere merito ai piccoli produttori di carattere. Insomma, Al Covo si stava bene da sempre ma adesso si sta ancora meglio: la macchina è rodata e il passaggio generazionale ha dato vigore e saputo mettere a punto quel po’ di creatività che ha fatto crescere questa cucina senza dimenticare le esigenze degli ospiti. Non è un caso, infatti, che Lorenzo, oggi chef, abbia scelto di entrare in cucina dopo un lungo periodo di lavoro in sala: conoscere desideri ed esigenze dei propri ospiti è una caratteristica – piuttosto rara – che tutti i cuochi dovrebbero avere.
Cucina di laguna
- 11 Novembre 2022
- Marco Bolasco