Oggi le cosiddette “bollicine” — termine svenevole e irritante ma ormai pervasivo – sono di moda. Non c’è wine bar, ristorante, circolo di enofili, osteria, banco di assaggio, manifestazione vitivinicola, festival, sito internet, pagina Instagram, video di TikTok senza una qualche bottiglia di vino spumante (come si diceva una volta) in primo piano. Ma per rendersi conto della capacità imprenditoriale di Maurizio Zanella, creatore di Ca’ del Bosco, occorre tornare indietro di circa mezzo secolo e provare a vedere le cose da quel punto di partenza storico. All’epoca la Franciacorta, lungi dall’essere il distretto più celebrato d’Italia per la produzione di (appunto) bollicine, era una zona pressoché sconosciuta agli appassionati di vino. Pochi, pochissimi nuclei aziendali avevano avviato la produzione di vini da Metodo Classico, o da Metodo Champenois, come ancora la legge permetteva di scrivere. Con la complicità della madre Annamaria, Zanella, entusiasta conoscitore e bevitore di vini francesi, si mette in testa non tanto e non solo di fare un buon vino spumante ma di farlo tendendo al massimo grado di eccellenza possibile: competendo apertamente con l’allora inavvicinabile regione della Champagne. Il riferimento agli Champagne, da tempo un potente tabù nelle conversazioni con i produttori franciacortini (non vi venga in mente di fare paragoni se visitate una casa vinicola del posto, potrebbero rispondervi male), era in quella fase nascente in sostanza ineludibile. Se attualmente i migliori vini della Franciacorta si muovono su un livello qualitativo del tutto analogo a quello dei cugini transalpini — pur mostrando caratteristiche ovviamente differenti — molto si deve all’opera di Zanella e del suo pluridecennale alter ego, l’attento enologo Stefano Capelli. Nascono qui cuvée di particolare precisione nei tratti aromatici e gustativi. Ca’ del Bosco ha delineato negli anni uno stile peculiare, in cui alla finezza della grana carbonica – le bollicine sono più puntiformi di quelle di molte bottiglie sciampagnotte – si accompagna una ricchezza di profumi solare, mediterranea, del tutto italiana nella pronuncia. Facendo in questo da apripista per le decine di aziende che sono arrivate successivamente. Ca’ del Bosco è anche sinonimo di vini fermi di significativa qualità. A cominciare dal capostipite, il taglio bordolese che porta il nome del fondatore (i “Maurizio Zanella” degli anni 80 e 90 sono ancora perfettamente bevibili, e in talune annate possono “dare una pista” a rossi molto più noti), passando per un ra²nato Pinot Nero e per un raro e succoso Carmenère.
Ca’ del Bosco
- 23 Novembre 2022
- Redazione