San Francisco
È un raro pomeriggio caldo nell’Outer Sunset, l’area sud-occidentale di San Francisco di solito avvolta dalla nebbia fitta. Al Palm City (palmcitysf.com), a pochi isolati dall’Oceano Pacifico, la festa si è riversata in strada – sembra quasi che mezzo quartiere sia uscito apposta con l’intento di sorseggiare un aromatico Blaufränkisch rosé sul marciapiede. I wine bar non sono certo una novità a San Francisco, ma nel 2022 si sono finalmente scrollati di dosso quella reputazione che li etichettava come banali e ripetitivi. Oggi, nell’ampio ventaglio di possibilità che ci sono, rappresentano alcuni dei locali più frequentati e attraenti in una città in cui non manca di certo la concorrenza. Il Palm City è un esempio emblematico. Inaugurato nell’aprile del 2020, è nato come una finestrella per l’asporto che serviva bottiglie e hoagie (filoncini di pane farciti). Ma, all’inizio della pandemia, la selezione accurata di vini e gli squisiti panini hanno colpito nel segno, attirando un pubblico sempre più fedele. Oggi il locale lavora a pieno regime, con la solida attività take-away (vedi: hoagie), la fornitissima enoteca e il fiorente wine bar. Dall’atmosfera amichevole e un po’ irriverente, Palm City è il tipo di locale in cui è possibile scoprire quanto un Lambrusco biodinamico si sposi perfettamente al gusto speziato di un formaggio spalmabile all’aglio. All’High Treason, nell’Inner Richmond (hightreasonsf.com), si può godere di un’atmosfera altrettanto rilassata. Lo spazio minimale ospita una selezione enologica ben fatta e un’impressionante collezione di vinili. Nella carta, particolarmente orientata sia verso vini per così dire esoterici che bottiglie più riconosciute, potreste trovare l’eccezionale Ricetti Carignan di Martha Stoumen della contea di Mendocino, California, uno stellare Cabernet Franc rosé della Loira, così come selezioni mirate di Rioja, Brunello di Montalcino e vini della Borgogna. Il Millay (millaysf.com) è un altro ibrido tra vendita al dettaglio e wine bar, di recente apertura, che si concentra su produttori di vino innovativi dalle storie avvincenti. La sua visione del mondo del bere è ampia, inclusiva e abbraccia un po’ di tutto, dalla contea di Sonoma in California all’est Europa, insieme a una vasta scelta di sake. Ciascuno di questi locali si distingue per una bella energia, ma nessuno ne ha quanto il Bar Part Time (barparttime.com), punto d’incontro tra un wine bar e un night club. Qui si servono solo vini naturali, che arrivino dal Roussillon, dall’Alsazia o dalla costa di Mendocino, poche ore più a nord. Una volta tramontato il sole, però, il vino passa in secondo piano. Con una prominente palla da discoteca e DJ set diverse sere a settimana, è uno dei locali più elettrizzanti della città. Rossi e pét-nat ben freddi scorrono a fiumi e i bartender, più che “mescere vino”, sono impegnati a stappare e versare.
– di Carey Jones è un’autrice specializzata in viaggi e spirits. Ha pubblicato da poco Be Your Own Bartender (Countryman Press, 2018)
Melbourne
Seduti a un tavolino su un marciapiede di Melbourne con un calice di vino in mano, godendo della vista sulle strade acciottolate, non sarebbe affatto strano pensare di trovarsi in Europa. La mia città natale è, infatti, un concentrato di decine di culture diverse, ma avventurandosi per le sue viuzze ci si accorge di quanto l’Italia l’abbia ispirata, con i suoi locali, i tavolini dei caffè sui marciapiedi e i wine bar informali. Dopo la Prima guerra mondiale, Melbourne è diventata la meta preferita dagli immigrati italiani, i quali hanno portato con sé la tipica abitudine di sorseggiare vino accomodandosi semplicemente al lato dei marciapiedi. Di questo fenomeno stiamo ancora raccogliendo i frutti, facendo però anche spazio all’evoluzione. Mentre è sempre possibile bere un calice di Chianti allo storico Jimmy Watson’s (jimmywatsons. com) – esiste da 87 anni – di Lygon Street (la risposta di Melbourne a Little Italy), la scena dei wine bar cittadini si sta sviluppando con la stessa rapidità della viticoltura australiana. Talvolta, questo implica attenersi all’ideale europeo, come nel caso del Geralds Bar (geraldsbar.com.au) nella verdeggiante Rathdowne Street, dalla vetrina piena di memorabilia d’epoca. Geralds ha un locale gemello a San Sebastián, in Spagna, e gran parte del cibo è influenzato da tale connessione: baccalà con pane alle patate e cheesecake basca. La carta dei vini è ampia e con una selezione prevalentemente europea, mentre quella alla mescita cambia ogni giorno. Circa dieci isolati più a sud c’è l’acclamato Carlton Wine Room (thecarltonwineroom.com.au), la versione più grande e luminosa di un classico wine bar di Melbourne. La cucina propone spuntini freschi e moderni e il menu è sufficientemente ampio da soddisfare tutti i gusti. Uno dei proprietari è Andrew Joy, un viticoltore locale che ha riscosso grande successo con la sua etichetta Little Ra Ra, un bell’esempio di vinificazione naturale e funky. Un altro posto dove poter assaggiare entusiasmanti pét-nat e bianchi macerati australiani è il Bar Liberty (barliberty.com) a Fitzroy — cercate l’insegna dipinta con vernice spray. Questo wine bar intimo e piacevole è stato aperto da un ex sommelier dell’Attica, uno dei migliori ristoranti d’Australia. La carta dei vini è suddivisa tra nuovi e interessanti produttori nazionali ed etichette europee (con un’attenzione particolare per i vini dello Jura). Sempre a Fitzroy c’è il Marion (marionwine.com.au), che dai suoi posti affacciati alla vetrina offre una bella vista sulla movimentata Gertrude Street. La carta dei vini condivide la cantina con l’attiguo ristorante Cutler & Co. (entrambi di proprietà di Andrew McConnell, uno degli chef più apprezzati della città). I clienti del Marion hanno quindi accesso a quasi 450 etichette diverse, tra cui esemplari introvabili, tesori locali e annate preziose, così come bottiglie più accessibili. Il menu soddisfa i palati di tutti, spaziando dai crostini di pane con sardine all’aragosta intera. La sostenibilità è uno dei temi ai quali si fa più attenzione nei wine bar di Melbourne, come dimostra brillantemente il Parcs (parcs.com.au). Aperto nell’aprile di quest’anno dal team di Sunda e Aru – due dei più creativi ristoranti di cucina del sud-est asiatico della città – si adopera per ridurre gli sprechi alimentari e proporre una selezione di vini ottenuti col minimo intervento. L’“umami e pepe” dello chef Dennis Yong è diventato subito iconico: un twist su una tradizionale cacio e pepe che prevede noodle e miso di pane raffermo.
– di Besha Rodell è giornalista del New York Times e critica gastronomica del quotidiano The Age di Melbourne
Parigi
Mentre tanti raccontano le bellezze artistiche e architettoniche di Parigi, io preferisco condividere le mie impressioni della città da un punto di vista diverso: quello dei suoi eclettici wine bar. È chiaro, si può bere dell’ottimo vino ovunque, ma i bar di Parigi sono emblematici della cultura francese, grazie ad alcuni elementi tipici che li caratterizzano: il menu scarabocchiato sulla lavagna, la varietà di piccoli e gustosi assaggi e l’ampio assortimento di salumi e formaggi locali, noto come planche mixte. Da quando sono arrivata, nel 2014, il panorama dei wine bar è cambiato. Non esistono più carte che contengono solo Borgogna e poco altro, così come non è più valida la regola secondo la quale si può bere vino solo a cena. Ormai posso fare un salto nel mio bar preferito parigino in un qualsiasi momento della giornata, anche solo per sorseggiare un calice e rilassarmi con una bella musica di sottofondo. Con le sue pareti in pietra e i pavimenti in legno, il Freddy’s (instagram.com/freddys.paris) ha un’atmosfera rustica e vissuta che ben si addice al calore che sento tutte le volte che ci entro. La carta dei vini offre un impressionante tour de France, con la possibilità di trovare sempre anche qualcosa di speciale, come ad esempio un Vermentino della Corsica, che di rado si trova al di fuori del suo paese d’origine. Un altro punto di forza è il cibo. Il menu di tapas di Freddy’s propone piatti sempre diversi a seconda della stagione. Piccolo consiglio: se vedete i bignè salati sul menu, ordinateli con un calice di Bordeaux Blanc. Nascosto in una stradina tranquilla tra i negozi di abbigliamento, l’Adonis Wine (adoniswinebarparis.com) vi salterà all’occhio grazie al nome scritto in corsivo a lettere al neon in vetrina. Accomodatevi dunque su uno dei suoi alti sgabelli imbottiti e ordinate dall’ampia selezione di proposte al calice, con una forte presenza di Bordeaux (luogo d’origine dei proprietari). Per una bella uscita con gli amici, tenete presente la loro serata jazz del venerdì. Il Frenchie Bar à Vins (frenchie-bav.com) è una piccola propaggine del celebre ristorante omonimo che si trova dall’altra parte della strada. Con un menu ricco di piccoli piatti e vini al calice, le sue proposte sono generose quanto quelle del fratello maggiore. Che vi troviate da soli al bancone, seduti a un tavolo con gli amici per un bicchiere di Vin de Savoie o che l’abbiate scelto come destinazione principale della serata, il Frenchie non vi deluderà. Quando voglio assaggiare varietà insolite o vini provenienti da regioni più piccole, come la denominazione Pacherenc du Vic-Bilh nel sud-ovest della Francia, il wine bar/cantina/ sala degustazione di 228 Litres (228litres.fr) è il posto che fa per me. La quantità di vini proposti è davvero eccezionale. Come si fa a sceglierne solo uno? Ma non preoccupatevi: il personale di questo elegante wine bar (e spesso anche i proprietari stessi) vi guiderà nella scelta più giusta. Adoro i localini di quartiere in cui ci si sente sempre a proprio agio. Il wine bar ed enoteca Au Tour du Vin (instagram.com/au_tour_du_vin), di recente apertura, è proprio così. Il proprietario Edward Fuzat ha selezionato da tutta la Francia le bottiglie che rivestono un’intera parete, mentre i tavolini alti sono allineati davanti all’altra. Inoltre, la loro planche mixte è una delle mie nuove cose preferite in città.
– di Tanisha Townsend è la fondatrice dell’agenzia parigina Girl Meets Glass, che propone tour enologici in tutta la città
Roma
Quando mia figlia ha deciso che frequentare il college a Roma fosse più allettante che trascorrere quattro anni nelle terre selvagge dell’Upstate New York o di una qualsiasi altra parte del mondo, ho iniziato a visitare la capitale italiana con maggiore frequenza. Ma non da turista; la Fontana di Trevi con i gruppi di zombie che seguono le bandierine delle visite guidate mi fa venire l’orticaria. Piuttosto, ho reso la mia missione nella Città Eterna più semplice: trovare dei buoni wine bar, sedermici e bere vini eccellenti. A tal proposito, ecco alcuni suggerimenti. Se vi trovate a Trastevere e vi piacciono i vini naturali, tralasciate i locali frequentati dagli studenti (anche mia figlia li evita) e recatevi alla Latteria Trastevere (instagram.com/latteria_trastevere). È proprio lì che l’esperta di food Katie Parla, che da tempo abita a Roma, mi ha proposto di incontrarci per un drink. Mentre eravamo seduti a uno dei tavoli di legno all’aperto, sorseggiando un Etna rosato un po’ funky ma molto rinfrescante, le ho chiesto perché amasse così tanto la Latteria. Mi ha risposto con la sua classica schiettezza: «Perché tra tutti i locali mediocri di Trastevere questo ha qualcosa di diverso, si fa notare. E poi, Antonio (il proprietario) importa i formaggi direttamente dalla Barbagia, nella Sardegna orientale, di dove è originario. Non si trovano da nessun’altra parte». Nel cuore di di Roma, dietro Campo de’ Fiori, non perdete L’Angolo Divino (angolodivino.it). Massimo Crippa, il proprietario, ha una conoscenza enciclopedica del vino, che si traduce in una proposta altrettanto esaustiva, che spazia da etichette meno note e vini a basso intervento fino a grandi classici e rarità più ricercate. Una volta dentro, si ha l’impressione di trovarsi in una vera e propria cantina, con tanto di pareti in pietra e luci basse. Personalmente, mi piace molto ordinare l’eccellente plateau di formaggi per poi andare a colpo sicuro con il vino — di recente ho degustato una bottiglia di Cerasuolo di Edoardo Valentini, un vino praticamente introvabile negli Stati Uniti e non così facile da reperire nemmeno in Italia. Infine, a cinque minuti a piedi da L’Angolo c’è la Salumeria Roscioli (salumeriaroscioli.com), che è sia una gastronomia (dove trovare incredibili salumi e formaggi artigianali) che un wine bar e un ristorante. Ed è anche una mecca per gli appassionati di vino. In effetti, non conosco nessuno del settore che recandosi regolarmente a Roma non ci sia mai stato. Non mi stupisce, dato che anche il cibo è sublime. Assaggiate il burroso salame rosa fatto in casa con verdure sottaceto come antipasto, mentre sfogliate la carta dei vini sapientemente selezionata dal wine director Maurizio Paparello. Infine, deliziatevi con la cucina romana ordinando un piatto di rigatoni alla gricia, assolutamente eccezionali. E poi, va da sé, ordinate altro vino.
– di Ray Isle è Executive Wine Editor di Food&Wine
Londra
Fin dal 1152, quando il futuro re d’Inghilterra Enrico II sposò la duchessa Eleonora d’Aquitania — che portò in dote un posticino chiamato Bordeaux — l’Inghilterra è stata principalmente nota per due cose: la sua avidità di terre e la sua sete di vino. Le terre conquistate, a poco a poco, se ne sono andate, ma la sete è rimasta. I vini dell’ex Impero Britannico (e dei suoi rivali) sono ancora molto apprezzati a Londra, e questo la rende di fatto il luogo ideale per fare il giro del mondo di bicchiere in bicchiere. Per esempio, sempre parlando di Bordeaux, potete trovare sei annate del meraviglioso Château Margaux al calice da Clarette (clarettelondon.com) a Marylebone, di proprietà della famiglia Mentzelopoulos, così come la tenuta. Un’alternativa più contemporanea è rappresentata dal 40 Maltby Street (40maltbystreet.com), un wine bar di vini naturali. Durante la mia ultima visita, ho assaggiato un eccellente Beaujolais di Jérôme Balmet, discepolo di Lapierre e Lapalu, e un Monastrell di La Zafra, una microbodega di Alicante vicina alla costa mediterranea. Tavoli sociali e squisiti piccoli piatti. Non accettano prenotazioni, quindi assicuratevi di arrivare sul presto. Da Frank’s (maisonfrancois.london), invece, si fa tardi. Questo wine bar si nasconde sotto Maison François, una splendida brasserie soppalcata con il carrello dei dolci più sontuoso di Londra. Ma, in quanto a dolcezza, da Frank’s preferiscono gli zuccheri fermentati. Qui ci si può accomodare a uno degli sgabelli lungo il luminoso bancone e sfogliare una carta dei vini che inizia e finisce in Francia, ma che non tralascia di viaggiare nel mezzo. Questo mentre si prova a decidere quali bottiglie si abbinino meglio ai gougère o alle loro eccellenti terrine. Nessun amante del vino londinese che si rispetti si lascerebbe sfuggire l’occasione per recarsi da Noble Rot (noblerot.co.uk), in un antico palazzo di Clerkenwell. Quest’isola felice vanta ora anche un locale gemello, che si trova in un leggendario ex ritrovo di politici a Soho. Entrambi abbondano di tentazioni: oltre alle prelibatezze stagionali, c’è sempre una selezione diversa di vini che di solito non si trovano alla mescita, offerti con ricarichi adeguati. Per qualcosa di un po’ più stravagante, faccio un salto nella favolosa vinoteca Passione Vino di Luca Dusi (passionevino.co.uk), dove la carta da parati è sgargiante, gli scaffali stracolmi di bottiglie e dalla minuscola cucina arrivano gli ottimi piatti di pasta che aiutano a limitare gli effetti dell’ennesimo calice da vitigno autoctono o del produttore poco noto ai più, di cui Luca tesse le lodi. Italianissimo, si trova perfettamente a suo agio in questa città assetata. In fin dei conti, anche se i territori d’oltremare sono tornati ai loro legittimi proprietari, va bene così, purché continuino a inviare a Londra un po’ delle loro uve fermentate.
– Nina Caplan è un’autrice di base a Londra che scrive di arte, vino e viaggi. Il suo primo libro è The Wandering Vine: Wine, The Romans and Me (Bloomsbury Continuum, 2018)