Prato Sacchetti

Prato, tra arte e sapori

La seconda città della Toscana, dove imprenditoria e industria tessile hanno gettato le basi per una comunità multietnica operosa ma anche culturalmente vivace, sa sorprendere anche a tavola.

Prato, città d’arte e di gastronomia: faticate un po’ a immaginarvi la località toscana – famosa soprattutto per l’industria tessile, oggi più attuale che mai grazie al tradizionale lavoro dei “cenciaioli” che recuperano lane e altri filati, anche di pregio, cui dare nuova vita – sotto questi aspetti? Bene, basta un weekend sul posto (ma meriterebbe anche di più, per esplorare i tanti musei e i bei dintorni ricchi di cammini e passeggiate) per cambiare idea.

Il livello gastronomico cittadino, e quello dolciario in particolare, tende verso l’alto anche grazie a un’economia generalmente florida e a un pubblico locale esigente, abituato a viaggiare e a frequentare posti “giusti”. Così come lo spirito artistico della città si deve in gran parte alla presenza di ricchi mecenati che negli anni hanno investito soprattutto in arte contemporanea regalando a tante piazze della città opere suggestive: a partire dalla Forma squadrata con taglio dell’inglese Henry Moore, acquistata dalla città con l’aiuto degli industriali nel 1972 che oggi fa bella mostra di sé in piazza San Marco, fino alla grande opera di Ben Jakober e Jannick Vu – Mazzocchio, struttura tubolare in acciaio ispirata ai disegni dei maestri toscani del Rinascimento – addossata alle antiche mura che proteggono l’ex struttura industriale della Cimatoria Campolmi. Proprio qui, negli spazi dove un tempo sorgeva la fabbrica tessile con le sue vasche e ciminiere, sono stati ricavati la Biblioteca Lazzerini e il bellissimo Museo del Tessuto, monumento di archeologia industriale tessile che ospita antichi macchinari e strumenti, interessanti percorsi didattici sulla vita di tessuti e filati e una straordinaria collezione di abiti di diverse epoche, esposti a rotazione con allestimenti ben curati insieme a mostre dedicate ai grandi protagonisti della moda. Se dopo la visita vi coglie la fame – o la sete – la caffetteria del museo è affidata a Schiaccino, locale dall’atmosfera informale e accogliente che mette sotto lo stesso tetto specialty coffee, vini naturali, birre artigianali, cucina e panificazione: così, la proposta del menu spazia da insalate ricche e originali e cecina (semplice, con salsiccia o con stracchino e cipolle caramellate) proseguendo con burger e panini homemade con lievito madre (da provare quello con il pastrami di Dario Cecchini, senape e cetriolini in agrodolce).

Se invece si desidera approfondire la più verace tradizione culinaria locale, l’indirizzo da segnare in agenda è quello di Soldano in Duomo, a due passi dalla bella chiesa che custodisce gli affreschi di Filippo Lippi, all’interno, e il pulpito esterno decorato da Donatello. Aperta nel 1918 (ma in realtà già due anni prima come Osteria del Gambero Rosso, nella vicina via della Stufa), chiuse nel 1974 per trasferirsi in via Pomeria, dove è ancora in attività come La Vecchia Cucina di Soldano. Dal 2010 però la famiglia Mattei ha ripreso possesso dei locali in via Sirena, dove propone una cucina davvero ben fatta e soddisfacente: crostini con paté di fegatini, mortadella di Prato (salume Igp arricchito da spezie e dall’immancabile Alchermes o altro liquore), pappa al pomodoro, tortelli di patate al sugo, pici al ragù di cacciagione, carni arrosto o bollite. E, soprattutto, lo strepitoso sedano alla pratese: tradizione culinaria cittadina, prevede che le parti più esterne del sedano, ben battute, vengano farcite da un gustoso ragù rosso di carne (tradizionalmente, di anatra o papero), poi “chiuse” e fritte. In città ogni casa ne ha una ricetta con tanto di “ingrediente segreto”, che per qualcuno è l’aggiunta di noce moscata o altre spezie. Da Soldano arriva in tavola la versione più semplice e quotidiana ma di certo non meno buona: i “topini”, bocconi di sedano lavorati a mo’ di polpette accompagnato dallo stesso, gustosissimo sugo.

Alternative valide sono anche la Trattoria Boves – locale d’impronta contemporanea ma dalla proposta autentica, con un’ampia e interessante scelta di antipasti, paste fresche e ottime carni ben cucinate, accompagnate da una bella selezione di etichette – e Baghino, che in un’atmosfera calda da osteria d’antan propone cucina toscana di tradizione. Mentre per un’esperienza gourmet ma senza esasperazioni l’indirizzo da segnare riporta nuovamente all’arte contemporanea: all’interno del bellissimo Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci – ospitato dal 1988 in un edificio dallo stile razionalista firmato dall’architetto Italo Gamberini che dal 2016 è stato ampliato e racchiuso dal’ “disco volante” dorato progettato da Maurice Nio – c’è il ristorante Myo. Qui lo chef Angiolo Barni propone una cucina concreta ed elegante, dove estro, tradizione e territorio (a cominciare dall’orto biologico e biodinamico coltivato in proprio sulle colline pratesi) trovano espressione contemporanea in piatti ben riusciti come il ceviche con arance e semi, i calamaretti ripieni con verdure, i plin al sugo di carne o la pancetta di maiale del Poggetto con mostarda, cipolla di Certaldo e radici. Il ristorante è aperto anche a pranzo, con un menu più semplice, ed è il posto ideale dove concedersi un’esperienza gastronomica dopo quella artistica: fino al primo maggio, il museo ospita Hagoromo, itinerario monografico e immersivo dedicato all’artista Massimo Bartolini che mette insieme dimensioni narrative, spaziali, musicali e performative sollecitando sensi e pensieri.

Ma, come dicevamo, l’anima foodie della città ha soprattutto un côté zuccherino: fuori e dentro le mura sono numerose le pasticcerie, i forni e le caffetterie di qualità dove fermarsi per colazione o merenda. Il dolce più famoso di Prato è sicuramente la famosa pesca: composta di due metà di pasta brioche bagnate con l’Alchermes, unite da uno strato di crema pasticcera e passate nello zucchero a ricreare l’idea del frutto nella forma e nel colore, è in realtà diffusa in tutta Italia, Toscana in primis. Ma è stata resa nota soprattutto dal pratese Paolo Sacchetti, che vi aggiunge come sua “firma” un’arancia candita a mo’ di picciolo: la sua è forse la versione più buona che ci sia grazie al perfetto equilibrio tra le parti che la rende deliziosa e non stucchevole. Alla pesca il pasticcere ha dedicato anche un libro, e le sue ricerche storiche documentano come questo dolce sia stato preparato proprio a Prato per celebrare l’Unità d’Italia nel 1861 attestandone così la probabile origine tutta locale. Oggi ad affiancarlo nel laboratorio della pasticceria Nuovo Mondo c’è il figlio Andrea che, oltre ad assicurare che tutto quello che viene sfornato – a cominciare dai “cremini” di pasta brioche farciti di crema da mangiare ancora caldi – sia eccellente, ha dato il suo contributo alla storia della pesca pratese con il Pescamisù, creazione moderna che rivede il grande classico vestendolo con i sapori del dolce italiano più famoso al mondo: pasta brioche al caffè, bagna di caffè amaro e crema al mascarpone (rigorosamente lavorata a mano come anche quella pasticcera), passata nello zucchero di canna e finita con un chicco di caffè tostato.

Anche il celebre pasticcere e cioccolatiere Luca Mannori – Campione del mondo a Lione nel 1997 in squadra con Luigi Biasetto e Cristian Beduschi, con cui ha ideato la strepitosa Torta Setteveli: base tipo pan di Spagna con farina di mandorle, mousse di nocciole del Piemonte, cioccolato Madagascar e gianduia croccante – ha voluto dire la sua sulla pesca, reinventandola nella forma. Il soffice impasto con lievito madre è infatti prodotto in vasocottura, bagnato con sciroppo leggermente alcolico e farcito internamente con crema pasticcera, che prende pure diverse aromatizzazioni anche in base alla stagione, come quasi tutte le creazioni del laboratorio: da Cognac all’arancio e crema al profumo di agrumi al Tè verde distillato ai frutti e crema vaniglia Bourbon o quella estiva con limone di Amalfi (e ce n’è pure una versione simile senza glutine, il Cake in a Jar, a base di farina di riso e frutta). Ma entrando in pasticceria è davvero difficile scegliere cosa assaggiare: dalle altre torte, anche in monoporzione, come l’Abbraccio di Venere (pan di Spagna, cremoso al gianduia, crema leggera al mascarpone) alle interpretazioni personali di grandi classici – dalla Zuppa inglese al Tiramisù al Passito – fino al tartufo Hemingway, che rivede la Delizia al limone campana in versione “brown” con pan di Spagna al cacao, composta di lamponi, crema al cioccolato Ecuador e chantilly al cioccolato. E se per assaggiare torte e monoporzione bisogna venire sul posto, stimolato dalla pandemia è nato anche un e-commerce da cui acquistare biscotti, “Pesche”, cake, creme spalmabili e tavolette di cioccolato e i tanti tipi di panettone (anche in questo caso, in varianti dolci e salate più quelle stagionali: in inverno con mandarini semicanditi di Ciaculli e cioccolato del Madagascar) che Mannori produce tutto l’anno: «È un prodotto così buono che sarebbe davvero un peccato mangiarlo solo per mese all’anno», dice il Maestro, e chi si sentirebbe di contraddirlo.

Infine, è impossibile lasciare Prato senza un souvenir gastronomico, naturalmente dolce. Lungo la centralissima via Ricasoli si incontra il laboratorio e negozio dello storico Biscottificio Antonio Mattei, che fin dal 1858 realizza i deliziosi biscotti croccanti (con le mandorle secondo ricetta originale, e in tante varianti con altra frutta secca o cioccolato) e molte altre squisitezze: fette di pan brioche tostate, brutti buoni, torte mantovane ma anche specialità “fresche” come veneziane e pan di ramerino da portare a casa per merenda o addentare seduta stante. Passato nel 1904 dalla famiglia Mattei a Egisto Ciampolini e Tommaso Pandolfini, le cui famiglie poi si sono incrociate, oggi il Biscottificio Mattei resta un piccolo miracolo di cura artigianale, capacità imprenditoriale e spirito innovativo, grazie a Francesco, Marcella, Elisabetta e Letizia Pandolfini. A Elisabetta, soprattutto, si devono le collaborazioni con il mondo della gastronomia (come i biscotti con mandorle caramellate salate realizzati con Gucci Osteria da Massimo Bottura) e la particolare cura per le confezioni, a cominciare dalle eleganti latte per i biscotti. L’ultima nata è Tosca, la biscottiera che contiene una confezione di Biscotti di Prato alle mandorle da 200 grammi. Disegnata dagli illustratori fiorentini Simone Massoni e Ilaria Falorsi, e realizzata in tre colori (“rosa dedicato ai tramonti, azzurro come i cieli del Chianti nelle giornate di primavera, verde dei cipressi della Maremma”), è dedicata a paesaggi e luoghi toscani: da Firenze a Siena passando per San Gimignano, Pisa, la Maremma e gli iconici cipressi di Bolgheri. Senza dimenticare naturalmente la tappa a Prato, con l’ingresso della storica bottega dove nascono i biscotti.

Maggiori informazioni

Foto di apertura: Andrea e Paolo Sacchetti, ph. Aromi.group

Schiaccino
schiaccino.it

Baghino
ristorantebaghino.business.site

Myo
ristorantemyo.it

Nuovo Mondo
pasticcerianuovomondo.com

Pasticceria Mannori
pasticceriamannoriprato.it

Biscottificio Mattei
antoniomattei.it

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