Se fino a qualche anno fa la produzione di gin era un fenomeno prettamente internazionale, oggi il distillato realizzato a partire da bacche di ginepro – più un mix di altre spezie e botaniche che possono arrivare fino a 80 tipologie differenti – sta vivendo un nuovo fermento tutto italiano. L’ennesima moda (potrebbero dire i puristi), ma a dare ragione a un mercato che ha un grande potenziale – diventato già realtà – sono i numeri: al momento si contano infatti quasi un migliaio di etichette made in Italy provenienti da ogni parte della Penisola, isole comprese, anche quelle più piccole: conoscevate l’Helba Dry London Gin della terra d’esilio di Napoleone o il Caprisius Gin di Capri?
La Toscana è stata la patria di questo movimento grazie ai suoi distintivi gineprai, tra i migliori del Paese. Tra i nuovi brand c’è il Floressence Tuscany che s’ispira al profumo della regina Caterina de’ Medici (si narra che con la sua fragranza inebriò la corte di Francia) per il suo piacevole bouquet floreale. Il Peter in Florence invece gioca sull’infusione di 14 botaniche – quasi tutte raccolte nei dintorni – e viene realizzato sulle colline vitate del Chianti Rufina (in primavera è anche uscita la loro limited edition a base di zafferano e camomilla). Un boom confermato anche dal nuovo corso delle distillerie italiane, un tempo conosciute (solo) per la grappa. Uno degli esempi più virtuosi è quello di Bonaventura Maschio, azienda trevigiana leader nella produzione di acquavite d’uva e distillati di alta gamma (il loro prodotto di punta è il Prime Uve), che alla stilosa etichetta del suo Barmaster Gin ha fatto indossare bretelle rosse e camicia bianca.
Prima ancora di questo exploit sono nate le gintonerie – pioneristico è stato il Gin Corner a Roma, il primo gin bar d’Italia situato al piano terra dell’hotel Adriano – e cocktail bar con menu dedicati, come la Gineria di Padova (con più di 700 referenze) o Gino12 affacciato sui Navigli, bancone a “tema” nell’ecosistema meneghino. Il gin diventa un trend che conquista un pubblico trasversale e le sue peculiarità affascinano i migliori bartender che lo utilizzano come base per le loro drink list. Oltre a format monotematici, questo movimento ha conquistato anche le bottigliere dei cocktail bar d’hôtellerie. Ad esempio, sulla terrazza del Grand Hotel Anantara Convento di Amalfi, uno dei long drink da provare al bar Dei Cappuccini è O’ Munaciello che ha come protagonista il Malfy Gin dedicato alla Costiera – ne esistono quattro varianti che ben si adattano alla stagione estiva: dall’“Originale”, sullo stile del classico dry, alle bottiglie aromatizzate al limone, all’arancia e al pompelmo rosa –, miscelato con salsa al pomodoro, Bloody Mary, limone e altri ingredienti top secret.
Spostandoci nella laguna di Venezia, il Gabbiano del Belmond Hotel Cipriani (ne abbiamo parlato nel nostro viaggio che percorre le nuove città del cibo) propone l’Italicum che sorprende con le botaniche del Gin dei Sospiri, il primo distillato veneziano che racchiude le essenze dell’isola di Sant’Erasmo, mescolato insieme ad agrumi, salicornia, Marsala e olio al Martini. Tra le altre etichette in carta, incuriosiscono due referenze nostrane: il River Mentana e il Villa Ascenti. Il primo è un omaggio alla Serenissima, distillato in monobotanico e caratterizzato dal mentana, un grano antico autoctono, mentre il secondo è di origine piemontese, con un finale morbido contraddistinto dalla presenza dell’uva moscato. Per celebrare i cento più uno anni del Grand Hotel Principe di Piemonte a Viareggio, la new entry Simone Corsini firma il signature 101, proprio a base di gin, naturalmente toscano: si tratta del Ginarte, da provare anche in uno dei loro Gin Tonic che si tinge di rosso con la nuova edizione al melograno.
Scendendo a Roma, sull’iconica terrazza dell’Hotel Hassler l’head barman Stefano Santucci consiglia il Purple Gin con Portofino, succo di limone, basilico, sciroppo di zucchero e soda viola. Un buon motivo per berlo? Il ricavato di ogni ordinazione viene devoluto alla Onlus Cabss (centro assistenza per bambini sordi e sordo ciechi), fondata nel 2004 da Roberto Wirth e presieduta oggi dalla figlia Veruschka. Sul rooftop romano di Rhinoceros Le Restau e Roofbar (ve ne abbiamo parlato qui), il bar manager Christian Comparone utilizza una base dal gusto mediterraneo nel Rinoceronte Bianco: si tratta del siciliano Gin Satra che prende il nome dal timo che cresce sull’isola, al quale viene aggiunto succo di carota viola e arachidi (frullati insieme) e un blend di vini ossidati ma arricchiti da pistilli di zafferano. Creatività e “sicilianità” in un unico sorso.
È iperlaziale la carta d’identità di Ginissimo dell’agriturismo Seguire le Botti all’interno di cantina di Sant’Andrea: per questo drink si usano sono prodotti di prossimità come il Gin e la gassosa Neri.
Gin “fatti in casa”
La straordinaria biodiversità del nostro paesaggio, sommata alla passione dilagante per il gin, ha dato il via alla creazione di bottiglie personalizzate. Pensiamo al Cortina Gin Mountain, ideato dall’Hotel de la Poste (lo abbiamo citato nel nostro articolo su Cortina) che racchiude l’essenza del territorio ampezzano e dei suoi boschi. Lo Stilla Bar all’interno del Four Seasons di Milano ha tra le sue bottiglie un prodotto esclusivo: lo Stilla Gin, frutto della collaborazione con l’antica distilleria valdostana del St. Roch Levi Ottoz. Sempre nel capoluogo lombardo, l’Hotel Principe di Savoia da febbraio ha introdotto un gin luxury su misura: il Principe Italian. Le sue caratteristiche? Sentori di miele di tiglio, rosmarino e menta. Rimanendo sulla rotta dei grandi alberghi, a picco sulle scogliere dell’Argentario in Toscana, l’Hotel Il Pellicano ha da poco introdotto il Pellicano Tuscany Gin, nato dal mixologist Federico Morosi, volto storico del gruppo, insieme ad Attilio Cettario, master distiller di Cillario & Marazzi Spirits Co. Il risultato cattura le botaniche del loro giardino, come il rosmarino distillato con grano italiano kosher 100 % biologico. Il barman Emilio Rocchino ha introdotto la propria linea di prodotti sardi nei due Spirits Boutique che gestisce a Olbia e Cagliari: tra questi spicca il Gin Macchia Selvaggio, espressione di sole bacche di ginepro isolano. Nato per gioco e diventato già un cult sul litorale laziale è il Gastrofichetti, il gin identitario di Fregene. La mente di questo progetto è Benny Gili, proprietario del ristorante La Baia, che insieme a un suo gruppo storico di amici, “gastrofichetti”, appunto, ha avviato una produzione di nicchia che rappresentasse il territorio attraverso uno dei suoi ingredienti più tipici: il pinolo, un marchio De.C.O. (denominazione Comunale d’Origine) che evoca i sentori della vicina pineta e della macchia mediterranea. Poteva un cocktail bar con oltre 150 gin non avere la propria etichetta? È stata questa la riflessione di Daniele Fadda quando, circa un anno fa, ha lanciato il gin di Santo a Trastevere, locale di riferimento della movida capitolina. Il nome? Tutto un programma: Spirito Santo. A produrlo con soli ingredienti naturali è lo storico liquorificio umbro Italiani Liquori. Siamo convinti che gli amanti della mentuccia romana apprezzeranno.