Paestum

Paestum

Cuore della food valley campana affacciata sul golfo di Salerno, la località dominata dai templi della Magna Grecia si afferma sempre di più come destinazione gastronomica. Tra tavole tradizionali, scorpacciate di mozzarella e cucina d’autore che arriva anche in spiaggia.

Quando, nel 2021, il ristorante Tre Olivi del Savoy Beach Hotel ha conquistato le due stelle Michelin partendo da zero, grazie al sodalizio tra lo chef Giovanni Solofra e il titolare Salvatore Pagano, Paestum è diventata un piccolo “caso gastronomico”. Il Savoy è l’insegna di punta del network di ospitalità e gastronomia d’autore creato da Peppe Pagano e gestito dalla famiglia, che comprende anche l’Esplanade Boutique Hotel, la Holos Spa e l’azienda San Salvatore 1988 dove nascono vini, oli e prodotti di bufalo che si assaggiano alla Dispensa. Solofra è arrivato qui nel 2020, tornando nella sua regione d’origine dopo esperienze con Quique Dacosta, Ciccio Sultano e Heinz Beck: proprio alla Pergola conosce l’abruzzese Roberta Merolli, bravissima pasticcera (già collaboratrice di Bonci e Genovese) che lo affianca in cucina e nella vita, e insieme accettano dallo chef tedesco la proposta di guidare la cucina del St. George Restaurant di Taormina, che conquista in breve la stella.
A Paestum, Solofra ha trovato lo scenario ideale per mettere a punto la sua cucina, strettamente legata a questo prodigo territorio, ancestrale ma al tempo stesso avanguardistica, aperta a contaminazioni artistiche e culturali, come nel “velo” di pomodoro da squarciare come una tela di Fontana. Così la Dieta Mediterranea – nata poco lontano da qui, a Pioppi, e rappresentata dal legno d’olivo che caratterizza gli arredi del ristorante – viene traghettata in una dimensione contemporanea, in piatti stagionali come il pescato locale ai carboni di Calvanico, e nel percorso Subbicasutta (“sottosopra”) che spariglia le carte con decostruzioni e ricostruzioni gastronomiche come nella Tartetatouille. È firmata da Merolli la conclusione, con i dessert della carta battezzata In Cauda Venenum: dalla bellissima Presentosa, che riprende le forme sinuose di un gioiello abruzzese, al Lat(t)e Future, evoluzione del primo ricordo legato alla colazione. E Solofra è in procinto di aprire l’Olivella: osteria incentrata sui prodotti dell’orto del ristorante, in cui l’unica parte proteica sarà rappresentata dalle uova del pollaio (il nome è quello della gallina mascotte).

Con il duplice riconoscimento al Tre Olivi la località campana è così entrata nel ristretto novero delle cittadine relativamente piccole – il comune di Capaccio Paestum, che ospita nella frazione a ridosso del mare il celebre sito archeologico Patrimonio Unesco, conta in totale circa 22mila abitanti – con alta concentrazione di stelle, considerando le due già presenti. Brilla dal 2015 quella dell’Osteria Arbustico, che Cristian Torsiello nel 2018 ha trasferito da Valva, paesino del Cilento interno, negli spazi dell’hotel Royal. Completamente rinnovato dopo lo stop della pandemia, con un ingresso indipendente, interni dal mood contemporaneo ma con tanti dettagli identitari e un dehors dedicato agli assaggi iniziali (ma forse presto anche a qualche tavolo per la cena), Arbustico è un avamposto dell’entroterra salernitano sulla costa. I due menu degustazione prendono il nome dei due principali fiumi locali: Sele, che annovera anche pesce di mare in sette piatti che ripercorrono i 70 chilometri del corso d’acqua che sfocia nel Tirreno. E Tanagro, che in dieci portate racconta un tragitto di 100 chilometri e dieci zone, con piatti a base di pesce d’acqua dolce come trota e anguilla, conserve ittiche, selvaggina ed erbe spontanee: dalla Trota, cavolfiore e arancia a Patate, porro e tartufo. Ma c’è pure la carta, con proposte allettanti – dalla rivisitazione fine dining del classico comfort food a base di pasta, tonno e cipolla all’agnello con melanzana e ricotta di pecora infornata, una “mattonella” ricomposta con i diversi tagli dell’animale cotti alla brace – ma accessibili: «Per me essere contemporanei vuol dire fare attenzione alle esigenze di chi siede alla nostra tavola: dal punto di vista dei tempi, ad esempio, ma anche del costo», nota Torsiello.

La stella de Le Trabe, ottenuta nel 2012 con lo chef Peppe Stanzione, è confermata dal 2018 da Marco Rispo, campano a lungo al fianco di Marco Sacco al Piccolo Lago di Verbania ma che ha subito ripreso confidenza con questa terra, come dimostrano piatti come Bufala Bufala Bufala: spaghetti cotti nel siero di mozzarella di bufala e poi mantecati con burro, ricotta di bufala e ricotta affumicata. E nel 2022 si è aggiunto pure il macaron verde grazie soprattutto all’orto biodinamico da cui arrivano gli ortaggi usati in cucina e alla centrale idroelettrica ripristinata nella bella struttura che ospita il ristorante: Tenuta Capodifiume, sorta tra le sorgenti dove anticamente c’erano dei mulini, e trasformata in location per eventi tra incanto bucolico e design contemporaneo.

Ma la località che segna per molti l’inizio della regione campana del Cilento (tecnicamente appena più giù), è già da tempo a tutti gli effetti una destinazione gastronomica, anche se meno alla ribalta di altre. Per anni sede di una manifestazione gastronomica come LSDM – acronimo evolutosi da Le Strade della Mozzarella a Le Strade del Mediterranneo – che ha portato chef, ristoratori e stampa da tutto il mondo, è soprattutto uno dei centri più rinomati per la produzione di Mozzarella di Bufala Campana Dop: qui ci si ferma immancabilmente a far scorte nei tanti caseifici della zona dove si possono anche mangiare mozzarelle, ricotte e gelati, ma pure qualche piatto cucinato – come per esempio dal celebre Vannulo o al caseificio della famiglia Barlotti, che nella Degusteria affacciata sul verde propone anche formaggi stagionati, selezioni di salumi, piatti di verdura e qualche preparazione tipica locale – oltre che per ammirare i maestosi templi dell’Antica Grecia. E se negli ultimi anni è in netta crescita la ristorazione gourmet, non mancano indirizzi inossidabili della tradizione come Nonna Sceppa, dove dal 1969 la famiglia Chiumento propone una schietta ma accorta cucina cilentana di grande soddisfazione. Negli ultimi tempi, poi, la zona accanto ai templi e in particolare via Tavernelle brulica di locali e ristoranti molto frequentati da capaccesi e turisti. Proprio qui si trova la Tenuta Duca di Marigliano: boutique hotel nato dal recupero di una residenza di caccia dell’Ottocento, ospita il ristorante Casa Coloni dove lo chef Luigi Coppola propone un menu che parte dalle tradizioni cilentane. Incluso il percorso Le Foglie della Terra incentrato sul mondo vegetale, come nel Pan brioche con carciofo bianco di Paestum e salsa di yogurt realizzata con gli scarti del carciofo macerati nel latte e frullati.
In estate poi ci sono due indirizzi distaccati on the beach per godersi al meglio il mare. Il Beach Club 93 porta in spiaggia lo charme del Savoy con gli ombrelloni, le suite delle Pool Villas, le proposte di cucina mediterranea nel ristorante – tra plateau di frutti di mare e crostacei, primi piatti della tradizione e mozzarella, a base dei prodotti delle aziende della famiglia Pagano – e le pizze sfornate da Simone Cerruti. Mentre Rosmarino è la propaggine balneare (e attenta alla sostenibilità) dell’hotel Royal, che ai lettini del Lido Laura affianca le proposte di cucina quotidiana di Torsiello – insalate, panini e piatti freddi a pranzo, cucina di pesce la sera – e i drink del cocktail bar, ispirati alla Bauhaus, per l’aperitivo in spiaggia.

Da scoprire: fico bianco del cilento

Questa pregiata cultivar locale della famiglia “dottato” presente nel Vallo di Diano almeno dal sesto secolo a.C.– pressappoco la stessa epoca a cui risale il tempio di Hera, il più antico dei grandi templi di Paestum – dà anche il nome alla Dop riferita alla versione essiccata di questo delizioso frutto. Oggi come un tempo, i fichi già leggermente appassiti sulla pianta (i cosiddetti moscioni) vengono fatti seccare al sole per alcuni giorni, poi farciti con mandorle, noci, nocciole, semi di finocchietto e bucce di agrumi (tutti ingredienti locali) o ricoperti di cioccolato per farne delizie da festività. Ancora oggi i fichi sono spesso “steccati”, vale a dire infilati in due stecche di legno parallele formando i mustaccioli.
A Prignano Cilento, poco lontano da Capaccio, l’azienda Santomiele è specializzata nella produzione di dolciumi a base di fichi dottati, tradizionali o più innovativi come il “Capicollo”: impasto di fichi, granella di pistacchi e mandorle, profumato dal rum.

Maggiori informazioni

In apertura: Una tavola imbandita alla Degusteria del Caseificio Barlotti

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