Dal molo Sant’Antuono a quello di San Nicola è tutto un abbracciare e stringere forte il mare. Il porto, a Trani, democraticamente spartito tra la selva di yacht e barche a vela da una parte, e la flotta dei pescherecci dall’altra, è il nido accogliente, un po’ salotto e un po’ struscio, di una città che dal mare si è protetta nei secoli opponendogli la solida pietra e il geometrico candore di un nucleo urbano caratterizzato da landmark perentori come il Palazzo di Giustizia, il Castello Svevo e la Cattedrale e la severa imponenza di ricchi palazzi mercantili. Stupisce, in contrasto alla loro silenziosa e immota austerità, la proliferazione negli anni di attività ristorative, spesso chiassose, che hanno fatto del mare il loro tratto identitario. Dai grossi e ricchi centri urbani limitrofi e dalla vicine province si è “scesi” a Trani a mangiare pesce fresco, un’usanza che non ha riscontri nella cultura gastronomica regionale sino a quando, complici il boom economico del dopoguerra prima e gli strascichi dello yuppismo degli anni 80 dopo, non diventa esibizione di status. Se nel tempo questa consuetudine ha assunto caratteri più popolari grazie alla maggiore accessibilità e diversificazione dell’offerta, è indubbio che la crescita degli investimenti nella ristorazione di qualità dell’ultimo decennio abbia segnato un’inversione di tendenza tale da favorire l’ingresso della “Perla dell’Adriatico” nel palmares delle capitali italiane del gusto.
Volendo partire da una full immersion nel miglior pescato dell’Adriatico, due tra gli indirizzi più accreditati e longevi sono certamente l’Osteria La Banchina e il ristorante Corteinfiore. Se la prima ha già traguardato senza segni di cedimento il quarto di secolo, il secondo si avvia felicemente a farlo con l’immutato spirito innovativo di sempre. Se la prima ostenta la sua terrazza sull’ambita banchina del porto, il secondo se ne defila occupando la corte dello storico Palazzo Pignatelli Filangeri. Entrambi vantano un patron maestro di accoglienza, di entrambi è vivamente consigliata anche l’ospitalità di charme in camere e luxury suite di grande fascino e comfort. È qualche metro più avanti e di poco meno di due anni fa, invece, l’apertura di Ognissanti, un concept hotel su quattro livelli che, oltre a sette camere super accessoriate, comprende al suo interno il centro benessere Acqua, il ristorante gourmet Luce, il wine bar Ognissantino e il Rooftop, solo stagionale, con vista mozzafiato sul porto e sul tramonto: un’enclave dai tratti decisamente contemporanei che ambisce al vertice dell’ospitalità in città. Al ristorante Luce lo chef Vincenzo Dinatale, ex sous-chef di Sebastiano Lombardi al Pellicano di Porto Ercole e in varie trasferte europee, nel segno del motto “la tradizione nel cuore, l’innovazione nella testa” interpreta con azzardo la sua terra e le sue coste nel Ramen pugliese con troccoli, brodo di cozze e dashi o nel Risotto vegetariano marino cotto in acqua di mare. Nulla a che vedere con la proposta, più informale, dell’Ognissantino e del Rooftop: una drink list che mescola suggestioni ancestrali ed evergreen, una cantina internazionale, un’offerta gastronomica eclettica e una selezione musicale – sia live che da dj set – senza preclusioni di sorta. Nel firmamento di Ognissanti s’inserisce anche la recente apertura della gelateria Gusto 17 – in partnership con la nota casa madre milanese – dove quello al Moscato di Trani e crumble di taralli al finocchietto è già il gusto più richiesto.
Superata la Cattedrale e l’austero Castello Svevo, il primo approccio con le stelle Michelin tranesi è al ristorante Quintessenza dei fratelli Di Gennaro: due – Domenico e Saverio, rispettivamente maître e sommelier – in sala; due – Stefano, lo chef, e Alessandro, il più giovane – in cucina. Il segreto della loro fulminante ascesa è in un’elegante e armonica declinazione dei migliori ingredienti territoriali: piatti ormai loro classici come i Tortelli di ricotta con gamberi rossi e bisque al Moscato di Trani; i Torcinelli di agnello e gamberi rossi o la Colazione del contadino, rassicurano e appagano con il plus di avvolgenti attenzioni in sala. Sempre una famiglia – in questo caso i fratelli sono tre – è il background della seconda stella Michelin assegnata in città: Casa Sgarra, evoluzione dell’indimenticabile – e già stella Michelin nel 2013 – Umami di Andria. Se oggi la compagine societaria è di stretta consanguineità, a non essere cambiato, da allora, è l’approccio eclettico e disinibito dello chef Felice Sgarra. Piatti come i Tubettini, scampi, ceci neri della Murgia e patate o la Ricciola, doppia espressione di sedano rapa, acidità di lamponi e more, denunciano capacità tecnica, equilibrio di consistenze e talento gustativo.
Ai vertici della ristorazione gourmet tranese c’è anche il giovane e talentuoso Domenico Di Tondo, a lungo nelle cucine de Il Luogo di Aimo e Nadia sotto l’ala protettiva degli chef Fabio Pisani e Alessandro Negrini: in attesa della riapertura in autunno del suo Terradimare in piazza Quercia, lo si può trovare e provare la sua cucina al Salto dell’Acciuga, il ristorante che con il cocktail bar Versante Est e il rinato Trabucco Tormaresca – fino a qualche anno fa conosciuto solo come “di Colonna” – , il trabucco più a sud d’Italia, si contende le notti del food entertainment tranese.
Non c’è top senza pop: a garantire qualità a prezzi più contenuti ci pensa la pizza. A Trani “la tonda” si chiama Galileo, nasce nel 1989 ma passa nel 2020 nelle mani di Pasquale Di Lernia, figlio d’arte, e sua moglie Valentina, che ne rivoluzionano, in meglio e in breve, le sorti. Impasti a lunga maturazione, farine biomacinate a pietra e grani antichi o semintegrali sono premessa e promessa di bontà di pizze classiche, al padellino e in pala, che Pasquale sa rendere identitarie avvalendosi del contributo dei migliori prodotti locali.
Altro stile e altri obiettivi sottendono l’offerta di Luca Lacalamita, fuoriclasse della panificazione e pasticceria nazionale, tornato in patria nel 2019 per dare vita al progetto Lula, forno e pasticceria d’autore con le radici ben salde nel territorio. Pane, innanzitutto; focacce variamente farcite e la pasticceria: la millefoglie fondant in pole position, le crostatine di frolla con frutta e verdure e gli sfogliati per la prima colazione. Per affermare la sua personalissima idea di bakery di provincia, Luca ha puntato sul suo ricco bagaglio di esperienze e su artigianalità, qualità ed etica come valori imprescindibili. C’è riuscito, affiancato e sostenuto da Maria Teresa Scaringi – Mate per tutti – sua compagna di vita e lavoro, affidandosi a piccoli-grandi produttori di fiducia e scegliendo il meglio che, abilmente trasformato, diventa l’eccellenza per i suoi tanti ed entusiasti clienti. La qualità, checché se ne dica, paga ma, soprattutto, la capiscono tutti. Non è forse quello che, in fondo, sta succedendo – e portando fortuna – a Trani?
Da scoprire: pasta alla tranese
Chi – come tradizione comanda – la preferisce con i mezzani spezzati, chi con i rigatoni o addirittura le penne. Chi con le polpettine fritte, chi “uidue”, “vedova” in dialetto, cioè priva di carne, latticini (stracciatella in pole position) e salumi. Parliamo della pasta alla tranese, la pasta della tradizione che, avvalorando la tesi di un’introduzione recente del mare nella gastronomia locale, non contempla né pesce né frutti di mare, ma semplice pasta corta condita con una ricca salsa di pomodori e cipolla e tanto formaggio, rigorosamente pecorino. Se sul contenuto si è perso il conto delle varianti, sul topping non sono ammesse divagazioni: a coprirla, per bruciacchiarsi dolcemente in forno sino a creare un’irresistibile crosticina, deve essere uno strato di pomodori grossi tagliati a fette, pangrattato e (ancora) pecorino. Un tempo la cottura era rigorosamente in forno a legna, e chi non ce l’aveva in casa, usufruiva dei tanti forni del paese che prestavano, per poche migliaia di lire, questo servizio. Oggi, a causa di norme sanitarie prima e timori di contagi poi, quella gastronomia di vicinato è ormai un ricordo, ma c’è ancora un forno che resiste: è quello di Francesco Magnifico, Franchino per tutti, ultimo custode del fuoco vicino alla Chiesa di San Michele.