Ca' del Bosco

L’inatteso Annamaria Clementi R.S. 1980: la nuova esperienza di Ca’ del Bosco

La maison in Franciacorta volta pagina e presenta il nuovo percorso enoturistico in cantina. Maurizio Zanella: «Il compimento di un percorso lungo 54 anni».

Si attraversa il Tunnel Vintage Collection, le cui bottiglie accatastate costituiscono una copertura integrale delle pareti, e allungando il passo, lasciando sulla sinistra la collezione storica dei vini e dei Franciacorta prodotti dal 1972 a oggi, si raggiunge la Cupola dei Sensi ovvero la scenografia curata dall’artista Andre Guidot che permette di giocare a scoprire il vino con vista, tatto, olfatto e udito. Al centro dello spazio circolare c’è il Ludoscopio (una spirale luminosa che si perde in un pozzo), ma la sorpresa vera arriva aprendo la porta che conduce alla Prestige Immersion: uno spazio carico di luce dorata costruito come una gigantesca bottiglia capovolta, realizzata con oltre 33mila bottiglie di Cuvée Prestigevuote e retroilluminate.

Ecco la sorpresa a lungo covata in Ca’ del Bosco. Un percorso immersivo dedicato all’enoturista che alla fine potrebbe trovare pure semplice la barricaia di affinamento, abbagliato dalla luce di una proposta di accoglienza che oggi – per dirla con le parole del patron Maurizio Zanella – porta a compimento un progetto lungo oltre cinquant’anni. «Oggi inizia una nuova fase nella vita di Ca’ del Bosco – dichiara il fondatore – e finalmente smettiamo di frequentare notai, architetti, ingegneri. Ora ci dedichiamo solo al vino, dal vigneto alla bottiglia».

Il volto definitivo

Un progetto importante nato dalla volontà dei soci di Ca’ del Bosco – le famiglie Marzotto e Zanella – da sempre convinte del potenziale del territorio, da valorizzare attraverso vini che puntano all’eccellenza e con l’accoglienza in cantina.
«Dopo 52 vendemmie, Ca’ del Bosco può finalmente mostrarsi con il suo volto definitivo, quello un tempo solo sognato e che negli anni ha preso forma», dicono da Erbusco. E questo significa una cantina allo stesso tempo funzionale e architettonicamente ambiziosa, ma anche 283 ettari di vigneti in gestione (143 di proprietà) condotti in biologico e mettendo in pratica «un continuo studio sui terreni alla ricerca delle più svariate sfumature in termini di tessitura, composizione organica e minerale».

Annamaria Clementi R.S. 1980

Per celebrare il momento in cui Ca’ del Bosco volta pagina e inizia a costruire il proprio futuro, la maison franciacortina ha voluto presentare una nuova etichetta che si appresta a scrivere la storia della Franciacorta e probabilmente della spumantistica. C’è la mano di André Dubois, chef de cave chiamato dalla Champagne a Ca’ del Bosco nel 1979 da Maurizio Zanella, tra le bolle del nuovissimo Annamaria Clementi R.S. annata 1980.
Un vino più unico che raro. Perché se già rappresenta un’occasione eccezionale la sboccatura di un Metodo Classico che ha trascorso più di quarant’anni sui lieviti, in Ca’ del Bosco hanno deciso di sorprendere tutti non limitandosi a una degustazione speciale, bensì portando sul mercato – pur sempre in limited edition – questo Annamaria Clementi R.S. 1980. A quel tempo il nome non era ancora Annamaria Clementi, bensì Ca’ del Bosco Franciacorta Millesimato. E Dubois aveva appena iniziato a metter le mani in cantina, gettando le fondamenta di quello che oggi a Erbusco chiamano “Metodo Ca’ del Bosco”: un modello di viticoltura biologica e di precisione, che ha visto un’accelerazione sul fronte della regenerative viticulture con l’arrivo di Lydia e Claude Bourguignon. Da dieci anni, infatti, i due microbiologi (che lavorano tra i più importanti vigneti del mondo) hanno portato in Franciacorta l’attenzione verso la qualità organica dei suoli, la conservazione della ricchezza di organismi che porta nei vini quello che chiamano “il sapore del suolo”.

Etichetta storica (con dedica)

Quel Millesimato, dal 1989 dedicato al nome della madre, è un vino fortemente voluto da Zanella e dai più stretti collaboratori: Antonio Gandossi in vigna e Dubois in cantina. «Mi ricordo come fosse oggi la gioiosa fatica della spremitura manuale – racconta Zanella – fatta con l’antico torchio marmonier in legno. E poi la grande novità all’epoca dell’utilizzo delle pièces da 205 litri, il rito dell’imbottigliamento e della tappatura con sughero fermato dalla graffa, il trepidante inizio della seconda fermentazione ed infine la lunga attesa. È con l’annata 1980 che è nata in noi la folle idea di dimenticarci “sur pointe” circa 6mila bottiglie, per poter studiare, esplorare e scoprire nel tempo il potenziale dei nostri Franciacorta e un giorno poterlo condividere».

Ecco, quel giorno è arrivato. Dopo aver assaggiato anno dopo anno questa straordinaria Riserva con Stefano Capelli, che nel 1990 raccolse il testimone da Dubois, si è chiuso il cerchio. «Riteniamo che sia giunto il momento di svelarne l’originalità – afferma l’enologo – un progetto iniziato nella vendemmia di 43 anni fa, un Franciacorta che oggi ha raggiunto il suo apice evolutivo ed esprime al meglio il nostro savoir-faire passato e presente, la migliore espressione di un Franciacorta Riserva in stile Ca’ del Bosco. Un vino di fatto “originale” che non è solo il frutto della vite, ma soprattutto frutto del tempo. Un Franciacorta sublime che dopo 42 anni si esprime in tutta la sua complessità».

Vino complesso e affilato

È appunto la complessità la cifra distintiva di un vino cesellato con rispetto – tanto che alla sboccatura, avvenuta nell’agosto 2023, si è scelto di non aggiungere alcuna liqueur d’expedition alla sboccatura e quindi di non dosare il vino – che porta nel calice finezza e profumi intensi, con un sorso lungo e seducente in cui i toni agrumati che si intrecciano a note erbacee (muschio e sottobosco derivano dalla lunga permanenza sui lieviti col tappo in sughero, spiega Capelli). La sensazione tattile è setosa, eppure il vino dopo un così lungo affinamento si presenta affilato e tonico.

«Per fare un grande vino – chiosa lo chef de cave – devi conoscere il valore del tempo e dimenticare la fretta. I vini li dovrai scordare in cantina per poi riprenderli, studiarli, analizzarli, degustarli e misurarli negli anni. Solo con il trascorrere del tempo potrai valutare la loro attitudine alla conservazione, a migliorarsi nel tempo, fintanto che avranno sviluppato la loro originalità ed unicità. Una paziente attesa, fino al raggiungimento della migliore espressività varietale, dei suoli e del tempo».

Le bottiglie numerate, impreziosite da un’etichetta metallica con collarino in tessuto e presentate in cofanetto, riportano in retroetichetta un Qr-code con materiali inediti per scoprire questo vino. Entra ufficialmente sul mercato in questi giorni con un prezzo Horeca decisamente ragionevole di 350 euro. Ora inizia la corsa per riuscire ad assaggiarlo.

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