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Riforma guide turistiche: l’enogastronomia sarà materia d’esame

Piena soddisfazione dell’Associazione nazionale delle Città del Vino. Il presidente: «In Italia in 10 milioni si muovono per turismo food & wine».

Dai paesaggi scoscesi e inebrianti delle Langhe alle peculiarità della Valtellina, dalla Food Valley emiliana alla maestosità di Montalcino e della zona del Chianti Classico, senza dimenticare le prelibatezze della Campania e di tutto il Sud Italia, con la Sicilia che si erge a terra delle biodiversità e patria dei dolci. Se si tracciasse un ideale itinerario gastronomico da fare in Italia, sarebbe difficile trovare la giusta rotta, perché le deviazioni che valgono il viaggio – citando il linguaggio in codice della Guida Michelin – sarebbero molteplici. Spesso i turisti che visitano il nostro Paese, lo fanno con lo scopo di scoprire e ammirare i monumenti, i siti archeologici e le bellezze culturali che ci contraddistinguono, senza però rinunciare ad assaggiare buona parte delle ricette e dei piatti della nostra tradizione, anch’essa parte integrante della storia italiana (nonché candidata patrimonio Unesco dell’umanità).

Per queste ragioni, l’ultima novità riguarda l’approvazione in via definitiva, da parte della Camera dei Deputati, della legge di riforma dedita alla professione di guida turistica, che vedrà tra le materie in oggetto per l’esame di abilitazione, proprio l’enogastronomia. Una cambiamento tanto atteso da parte dell’Associazione Nazionale Città del Vino ente istituito a Siena nel 1987 che raccoglie comuni e territori a vocazione vitivinicola e con almeno un prodotto Dop o Igp, con l’obiettivo di tutelare e valorizzare le produzioni enologiche e i vitigni autoctoni –, che da tempo sosteneva la crescente importanza delle esperienze culinarie per i viaggiatori.

«Un ringraziamento particolare va a Roberta Garibaldi, la presidentessa dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico – sottolinea il presidente di Città del Vino Angelo Radica –, per il lavoro svolto. Era infatti auspicabile, vista la rilevanza dell’enogastronomia per i turisti italiani e stranieri, di inserire questa disciplina tra le materie in oggetto dell’esame di abilitazione, in aggiunta a quelle già indicate: storia dell’arte, geografia, storia, archeologia, diritto del turismo, accessibilità, inclusività dell’offerta turistica, lingue straniere».

A sostengo di questa riforma non mancano i dati, che evidenziano come almeno il 58% di coloro che compiono un viaggio in Italia lo fanno per motivi legati alla buona tavola: un valore importante, aumentato di 37 punti percentuali rispetto al 2016. «Ma la ricerca di esperienze a tema cibo, vino e birra non è una peculiarità dei turisti enogastronomici – commenta Radica –. Nel 2023 la totalità dei turisti italiani dichiara di aver svolto almeno un’esperienza enogastronomica nel corso di viaggi risalenti ai tre anni precedenti».

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