Qual è il luogo, o il paesaggio, che assocereste in maniera più immediata alla pizza napoletana? Forse, sineddoticamente, il panorama del Golfo con la sagoma del Vesuvio? Oppure i vicoli del centro storico del capoluogo campano, dove ancora oggi la pizza “a libretto” è lo street food più diffuso? Certo, il disco di pasta è legato indissolubilmente alla città tutta – e viceversa – ma se dovessimo indicare un luogo simbolo dell’arte del pizzaiuolo napoletano, Patrimonio Immateriale Unesco, diremmo Capodimonte.
Il quartiere collinare che domina gran parte del centro è noto soprattutto per il grande parco urbano del Real Bosco di Capodimonte, che oggi ospita l’omonimo museo. A lungo trascurato, negli ultimi anni il parco – anche grazie alla gestione unificata della struttura museale e dello spazio verde, e all’attenzione di Sylvain Bellenger, per otto anni direttore generale del Museo e Real Bosco di Capodimonte recentemente sostituito da Eike Dieter Schmidt – è tornato a essere un luogo di ritrovo per i napoletani, che ne affollano viali e prati per fare sport, belle passeggiate o picnic oltre che naturalmente per visitare le sale del museo, molto amato anche dai turisti. La splendida reggia reale, però, non è l’unico edificio che si trova all’interno degli oltre 130 ettari del Bosco. Nato come riserva di caccia, il grande spazio verde fu poi immaginato dai regnanti – da Carlo di Borbone a Francesco I, grande appassionato di botanica e agricoltura – anche come una sorta di grande giardino sperimentale, dove venivano coltivati fiori ed erbe, pere autoctone, agrumi di ogni tipo ma anche specie esotiche come ananas e limoni Mano di Buddha, e come una sorta di azienda agricola, con orti e frutteti da cui arrivavano le materie prime utilizzate nelle cucine del palazzo. In particolare, a questi scopi era destinata una masseria ai margini nord-orientali del bosco, tra il vallone di Miano e Capodichino, che ospitava orti, agrumeti e serre per far crescere ananas e che fu anche la dimora dei due giardinieri di corte, i fratelli francesi Martin e Giovanni Biancour.
In un piccolo ambiente adiacente a uno dei due edifici della masseria, c’è anche un forno a legna: proprio qui, secondo la leggenda, nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito preparò la prima Margherita della storia, condendo una pizza chiesta dalla regina Margherita di Savoia, in visita a Napoli, con gli ingredienti che formavano il tricolore. In realtà, di pizze con pomodoro e formaggio esistono testimonianze più antiche, e se di certo qualcuna fu sfornata a Capodimonte è più probabile che la regina che chiese – incuriosita dallo spettacolo del popolo della città che mangiava per strada questo cibo a lei ignoto – di assaggiare una pizza orchestrando una veloce fuga alla masseria da un ballo alla reggia in compagnia di altre dame, fosse stata Maria Isabella d’Asburgo-Lorena, consorte di Francesco di Borbone che, dopo essere rimasta vedova, visse a lungo proprio qui.
Come che sia andata davvero, oggi quel forno è tornato ad ardere, così come il Casamento Torre è stato riportato al suo splendore: negli orti crescono ortaggi di stagione, i limoni a spalliera e le tante varietà di arance invadono l’aria con i loro profumi, gli ananas spuntano nelle ananassiere, le camelie fioriscono a poca distanza da uno degli alberi di canforo più grandi d’Italia e l’edificio più piccolo, sormontato da una torre per la raccolta dell’acqua piovana, ospita un bistrot aperto per colazioni, merende e pranzi. Il Giardino Torre – raggiungibile con una bella passeggiata lungo il viale principale del Bosco, entrando preferibilmente da Porta Miano o da quella più vicina di Santa Maria ai Monti, riaperta all’accesso pedonale di recente – è il secondo step del progetto Delizie Reali, società diretta da Nunzia Petrecca che nel 2018 ha vinto il bando indetto dall’allora Mibact per la gestione per 20 anni di due siti storici del Real Bosco, tra i 17 esistenti: il Giardino Torre, appunto, e la deliziosa Stufa dei Fiori che sta proprio di fronte al palazzo reale, e che nell’Ottocento fungeva da serra per le piante che nascevano nell’adiacente pepiniera, o vivaio.
Grazie agli attenti lavoro di restauro – architettonico e botanico – entrambi gli ambienti hanno riacquistato non solo l’antico fascino ma anche gli usi funzionali che non si distaccano troppo da quelli originari: la Stufa dei Fiori è da qualche anno una tisaneria e bistrot, ideali per belle pause vista reggia con dolci, biscotti e fette biscottate accompagnate dalle confetture preparate con la frutta del parco, tisane e drink che ne usano le erbe, e piatti semplici ma ben fatti che s’ispirano alla tradizione partenopea.
Dall’ottobre 2023 Giardino Torre ospita invece un grazioso bistrot – anch’esso aperto secondo gli orari del Bosco, dunque dal mattino fino al pomeriggio – che utilizza in gran parte quel che cresce nelle immediate vicinanze, e occupa gli spazi esterni e interni dell’antica casa dei giardinieri: la corte con divanetti in vimini e tavolini, l’ingresso con il bancone in maioliche e la vecchia cucina a legna con le piccole cementine originali il cui disegno geometrico è stato ripreso anche per quelle nuove, una saletta riscaldata dal camino e la terza sala con un tavolo in legno utilizzabile anche come “chef’s table” affacciato sul forno a legna.
Se il menu – studiato con la consulenza preziosa di Giovanni Serritelli, esperto di storia della gastronomia napoletana, che ha recuperato antiche ricette studiando usi e costumi del 700 e 800 partenopeo tra popolo e corte – prevede infatti un alternarsi quotidiano di pochi ma interessanti piatti come il tortino di alici e scarola, il prosciutto allo schidione (marinato nel vino e spezie prima di essere cotto), i diversi tipi di sartù di riso, i maccheroncini alla Ferdinando II (pasta al ragù imbottita e stufata, dedicata al re buongustaio agli inizi del Novecento dal ristorante Transatlantico al Borgo Marinari) e i dolci come il gateau al cioccolato con crema alla cannella (dalla ricetta riportata da Vincenzo Corrado nel libro I Pranzi Giornalieri), non poteva mancare proprio qui anche la pizza.
Per il pranzo del sabato e della domenica – almeno per ora, ma il servizio potrebbe ampliarsi soprattutto con l’estate, quando sarà difficile staccarsi da questo incanto e dalla vista sulla città che regala dalle terrazze – infatti, è attiva anche la pizzeria, affidata alle esperte mani di Salvatore De Rinaldi (titolare della non lontana Pizzeria De Rinaldi, al Rione Alto) affiancato da collaboratori da lui formati. Il menu delle pizze, sempre studiato con Serritelli, prevede una decina di proposte che guardano al passato di questo cibo popolare amato anche dai nobili: ci sono la Mastunicola, la pizza “antesignana” condita con strutto, pecorino, Parmigiano, pepe e basilico (anche in crema, concessione moderna), e la Marinara con diversi tipi di pomodori rossi e gialli; ci sono la Dop Verace (con pomodori del Piennolo, datterini e mozzarella di bufala) e la pizza del mese ispirata all’orto, come quella invernale con scarole, acciughe, noci, pinoli, olive, capperi, provola, scaglie di provolone del Monaco e scorza di agrumi. E, soprattutto, ci sono le “varianti” storiche di Margherita studiate da De Rinaldi e Serritelli, come la Margherita Giardino Torre (con l’Antico Pomodoro di Napoli coltivato da Vincenzo Egizio alle falde del Vesuvio e appena schiacciato, fiordilatte di Sorrento, Parmigiano Reggiano, basilico e olio extravergine) e l’Antica ricetta del Re, che vede invece i pomodori quasi disidratati, cotti in una intensa salsa ispirata al ricettario di Ippolito Cavalcanti, in cui la varietà riccia locale veniva cotta nello strutto con spezie ed erbe che accompagna la scamorza affumicata.
Naturalmente, le pizze vengono cotte in un moderno forno a legna, quello appunto nella terza sala. Ma ciò non vuol dire che l’antico forno di Capodimonte resti spento (anche perché, raccontano i due, funziona alla grande e cuoce ottime pizze). Utilizzato in occasione della presentazione ufficiale a dicembre 2023, tornerà ad esempio in funzione dal 17 al 19 gennaio, per tre giorni di festa dedicati alla pizza – con visite, racconti, musica popolare, masterclass e degustazioni, tra cui la pizza Sant’Antuono con pomodoro, mozzarella, salsicce tritate, fiocchi di ricotta e zabaione salato – in occasione del giorno di Sant’Antonio Abate, protettore di fornai e pizzaioli.
Festività un tempo molto sentita da questi ultimi, che il 17 gennaio venivano a raccogliere la legna per i fuochi devozionali proprio nel Bosco con le proprie famiglie, la data è stata scelta anche dall’Associazione Verace Pizza Napoletana – la cui bella sede si trova solo un paio di tornanti più giù – per il Vera Pizza Day, l’evento lanciato quatto anni fa che coinvolge tantissimi pizzaioli di tutto il mondo in una maratona digital, e che quest’anno si concluderà con la masterclass che vedrà insieme Antonio Grasso, Salvatore Salvo e Tommaso Luongo (Presidente AIS Campania) che parleranno di pizza verace e degli abbinamenti perfetti.
A celebrare la pizza in questa occasione – che è stata presto “adottata” da molti come Giornata Mondiale della Pizza tout court – saranno tanti altri appuntamenti in numerose pizzerie di tutta Italia e non solo; ma probabilmente non potrebbe esserci luogo più indicato del giardino delle delizie nel Real Bosco di Capodimonte.