Quando lo scorso aprile sono salita a bordo della nuova ed elegante nave Evrima del Ritz-Carlton, mi sono subito convinta di due cose: che questa maestosa nave non era The Love Boat (ci sarà un motivo se l’abbiamo salutata negli anni 80) e che il mio private concierge poteva benissimo sembrare un investigatore, forse eccessivamente entusiasta. «Congratulazioni a lei e a suo marito per il nuovo ristorante», mi ha detto sorridendo mentre mi conduceva lungo un corridoio verso la mia suite in stile loft a due piani, chiacchierando in modo disinvolto sulla mia recente attività secondaria. A quanto pare Sammie aveva studiato, come d’altronde sono soliti fare i bravi padroni di casa, tra cui molti dei membri del team della nave che ho incontrato nei giorni a seguire durante la navigazione da Antigua a Porto Rico. Come ad esempio il maître, che ha sfoggiato un tedesco fluente, ben conscio del fatto che gli avrei potuto rispondere a mia volta.
Ho assistito alle stesse attenzioni anche nei confronti di altri ospiti che, puntualmente, mi sono sembrate sincere e apprezzabili. Ma non dovrebbe destare stupore per un gruppo alberghiero di lusso come quello del Ritz-Carlton, il cui programma di formazione si impernia sul concetto secondo il quale conoscere bene il proprio ospite è una grande dimostrazione di professionalità e, dunque, di ospitalità. Questa preziosa lezione sarebbe tornata utile anche a me – è importante conoscere anche chi ti sta ospitando. Quel giorno, durante il transfer dall’aeroporto alla nave ancorata al porto di Falmouth Harbour ad Antigua, avevo scambiato il simpatico uomo con il gilet ricamato con il logo Ritz-Carlton fuori dal terminal per il nostro autista.
Si trattava, invece, dell’allora amministratore delegato e fondatore della società, Douglas Prothero. Ricordo che sono diventata rossa per l’imbarazzo, abbiamo riso moltissimo e lui è stato così gentile da invitarmi comunque a cena. Provo ancora un profondo senso di vergogna per l’inconveniente che si era verificato, dato il tipo di educazione che mi avevano impartito i miei genitori tedeschi, rigidi ed esemplari. Mamma, papà, vogliate perdonarmi. È grazie al progetto di Prothero e all’inconfondibile stile di ospitalità a bordo di Evrima che Ritz-Carlton si sta facendo notare al suo tanto atteso debutto nel mondo delle crociere. In effetti, parte dell’esperienza – e, per molti, del fascino – è quella sensazione di non sentirsi affatto in crociera. Più che una nave, la Evrima mi è sembrata una lussuosa villa galleggiante. Non ci sono ristoranti a buffet, né annunci a bordo, né piscina centrale, né night club o bingo. Al contrario, regnano privacy (la nave può ospitare al massimo 298 passeggeri) e attenzione ai dettagli. In tutte le suite sono presenti macchinette Nespresso, bollitori per il tè a marchio Fellow e borracce in metallo da riempire a piacere di acqua. I tavoli dei ristoranti sono impreziositi da raffinate porcellane e ceramiche artigianali, mentre la piscina principale è in un angolo tranquillo sul retro e non in posizione centrale come accade di solito. Le dimensioni ridotte della nave consentono inoltre di attraccare in porti più piccoli rispetto alle grandi compagnie di crociera, offrendo agli ospiti esperienze a terra più varie e intime. Si tratta per l’appunto di una scelta oculata per avvicinare alla navigazione una nuova tipologia di viaggiatori. Molti degli ospiti che si sono uniti a questa crociera erano alla loro prima esperienza, compresi alcuni membri dell’equipaggio della nave, come il general manager e il responsabile food and beverge (entrambi provenienti dal gruppo alberghiero Ritz-Carlton).
Anche una delle principali proposte culinarie a bordo fa il suo debutto sull’oceano: il S.E.A., appropriatamente chiamato così, è guidato dallo chef Sven Elverfeld del ristorante Aqua, tre stelle Michelin, dell’hotel Ritz-Carlton di Wolfsburg, in Germania. Il cibo a bordo è molto buono, dalla gustosa shakshuka con merguez (salsiccia magrebina) di agnello, ceci piccanti, peperoni, feta e uova che ho mangiato a colazione nella Evrima Room fino al piccante curry verde tailandese con gamberi, bok choy e fagiolini che ho gustato a cena al Talaat Nam. Al S.E.A. sono rimasta estasiata dal vitello tonnato “rovesciato”, una preziosa fetta di tonno ricoperta da una vibrante salsa di carne e capperi. E non pensate che sia l’unica a pensarla così: la prima sera che mi sono seduta al bancone del sushi del Talaat Nam, un commensale ha esclamato: «Il cibo è eccellente!», rivolgendosi al personale di sala. Il giorno dopo, mentre eravamo ormeggiati a Tortola, nelle Isole Vergini Britanniche, ho incontrato Sammie mentre stava per lasciare la nave per qualche ora per festeggiare il compleanno di un collega. «Se vuole unirsi a noi, è la benvenuta», mi ha detto senza alcuna esitazione, da perfetto padrone di casa.