Giulio Gigli

Une, il ristorante stellato in un borgo umbro di 200 anime

La scommessa – vinta – di Giulio Gigli, giovane chef che, dopo diverse esperienze in alcune delle migliori cucine del mondo, ha deciso di tornare alle origini, mettendo la sua esperienza al servizio della valorizzazione degli ingredienti del territorio umbro.

Il curriculum di Giulio Gigli è di quelli importanti. Le pregresse esperienze, presso alcuni dei ristoranti più prestigiosi d’Europa, creano inevitabilmente aspettative in chi decide di provare la sua cucina. Per intenderci, nel suo girovagare tra Francia, Stati Uniti e Spagna, Gigli ha avuto il tempo di fermarsi per un lustro al Disfrutar di Barcellona, ristorante numero due della 50 Best Restaurants 2023. Qui ha rivestito, nientemeno, che il ruolo di responsabile del settore creatività. L’avanguardia dell’avanguardia, insomma. Ma cosa spinge un giovane chef a mollare la ribalta gourmet internazionale per ritornare nella sua Umbria, per di più in un borgo di meno di 200 abitanti? Al netto di motivazioni intime e personali, una cena da Une potrebbe dipanare ogni perplessità.

Un territorio straordinario

Capodacqua è una frazione di Foligno, in provincia di Perugia, dominata dall’imponente Rocca dei Trinci. Come intuibile dal toponimo, la zona è ricca di fonti che, nei secoli passati, muovevano i mulini e i frantoi. Proprio gli spazi di un vecchio frantoio ospitano il ristorante Une, il cui nome deriva da un termine trovato in antiche iscrizioni su tavole bronzee, rinvenute nei pressi della vicina Gubbio e che significa, appunto, acqua. A rendere straordinario il territorio circostante non è solo la ricchezza idrica, ma soprattutto la presenza di tanti produttori di materie prime di eccellenza, orgogliosamente menzionati nel menu e con cui Gigli intrattiene rapporti regolari. L’attenzione al mondo vegetale è confermata, ulteriormente, dall’orto di proprietà attiguo al ristorante.

La formula

Impossibile ordinare alla carta. La scelta obbligata è tra due menu degustazione, da 5 (Acquedotto) e 7 portate (Relazioni), rispettivamente a 75 e 95 euro. Giusto così, d’altronde un progetto gastronomico del genere non può essere compreso pienamente se non attraverso un percorso esaustivo, in cui tecnica e ricerca sono al servizio della valorizzazione e riscoperta di cibi della tradizione umbra.

La degustazione

La proposta cambia spesso, mantenendo però alcuni punti fermi, declinati in maniera diversa a seconda della stagione. Si parte con gli Aperitivi, una serie di finger food di pregevole fattura, con cui lo chef inizia a toccare i temi a lui più cari. La Tigella aerea è l’assaggio più iconico, sempre presente in menu, realizzata con le “tigelliere” ereditate dalla gestione precedente del locale. Durante la nostra cena ci è stata servita una versione fritta, con ripieno di cavolfiore tostato, glassa di cavolfiore e terminata con scaglie di tartufo nero pregiato. L’Antipasto all’Italiana simula la convivialità di una tavola imbandita. Alla carezza della Spuma di zucca, fanno da contraltare i sapori sferzanti del Millefoglie di barbabietola, con patate della vicina Colfiorito, chimichurri di rucola selvatica e crema all’aglione. Impeccabile la Lingua di bovino brasata e glassata, accompagnata da un Involtino di cavolo nero affumicato, salsa olandese alle nocciole e tartufo nero.

Il primo piatto del percorso Acquedotto è rassicurante: Cavatelli paglia e fieno con crema di lenticchie di Colfiorito alla bisque di gamberi di fiume. Nei frigoriferi di Une, infatti, non c’è posto per specie acquatiche che non siano locali, e dunque lacustri o fluviali. A conferma del fatto che quella dello chef sia (anche) una cucina di recupero, nella ricetta sono state inserite le orecchie di maiale. Si prosegue interfacciandosi tanto con le fermentazioni, quanto con il ricorso a ingredienti “selvaggi” e spontanei. La Bavetta di manzo è presentata su un fondo infuso alla corteccia di quercia, con pinoli tostati e muschio. Accompagnamento affidato a un kimchi di asparagi selvatici, kimchi di daikon e salsa al parmigiano. È un piatto che da solo “vale la fermata”. Si chiude con un goloso e caldo Soufflé al cioccolato bianco con fava tonka, da intervallare con del gelato di ricotta di pecora e ciliegie di produzione propria, conservate con la tecnica dell’umeboshi.

Il coraggio di Gigli è stato prontamente premiato dalle guide di settore. Il riconoscimento più prestigioso? La stella Michelin, arrivata qualche mese fa nell’edizione della Rossa 2024.

Maggiori informazioni

Ristorante Une
Via Fiorenzuola 37, 06034 Capodacqua (PG)
ristoranteune.com

 

 

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