A pranzo o cena fuori, nei ristoranti di un certo livello, certamente ci si di va per godersi il buon cibo e l’atmosfera, e per un’esperienza all’insegna della piacevolezza. A volte, tuttavia, un pasto – e una chiacchierata con lo chef o il patron – può essere anche l’occasione per imparare qualcosa di nuovo. Così è successo sedendoci, dopo qualche tempo di assenza, al tavolo di Chinappi, il ristorante romano guidato da Stefano Chinappi e la moglie Elena che incentra la propria proposta sul pesce freschissimo in arrivo da Mar Tirreno e dall’asta di Formia, e sulla grande competenza del patron su tutto ciò che riguarda il mare (e di certo non guasta anche la bella selezione di Champagne, altra passione di Stefano, che include bottiglie talvolta meno conosciute ma davvero interessanti e dall’ottimo rapporto qualità/prezzo).
In cucina, a mettere in pratica i suoi insegnamenti e interpretare le ricette ormai classiche dell’insegna – pronta a riaprire anche la storica sede formiana dopo una pausa – ma non senza qualche proposta originale e indovinata, c’è una brigata di giovani guidata dal calabrese Matteo Giordano, 21enne che dopo essersi diplomato ad Alma ha fatto esperienze tra Livorno e Varese prima di arrivare in via Valenziani, dove la collaborazione con Stefano Chinappi equivale a un vero e proprio “master” sul pesce e la materia ittica.
Ma come dicevamo, se si ha un pizzico di curiosità e ci si sofferma sui piatti andando oltre il fatto che sono squisiti, anche restando seduti a tavola si può imparare qualcosa. Ad esempio, quando dopo il tonno rosso con ravanelli pickled e timo, gli strepitosi e profumati scampi crudi con scorza di limone e i gamberi gobbetti dolci come caramelle, arriva nel piatto il carpaccio di salpa in “salsa chevice”. Pesce molto comune nei nostri mari (ed economico) ma assai poco considerato dal punto di vista gastronomico, la salpa è di solito usata per la frittura, eppure dà un ottimo risultato anche in una versione cruda ispirata alla tipica preparazione peruviana: in questo caso però non è marinata ma semplicemente insaporita con una salsa a base di agrumi (lime e limoni) ed erbette spontanee dal sapore fresco e non troppo forte, come borragine e qualche fogliolina di mentuccia, perfetto da accompagnare con uno Champagne giovane e vivace come il Blanc de Blancs Oger Grand Cru di Demière-Ansiot.
«La salpa è un pesce bianco, a mio parere molto interessante, ma non la usa quasi nessuno. Non raggiunge mai grandi dimensioni, anche in questo periodo che è la stagione ideale, ma la sua carne è eccezionale, molto soda e gustosa. Per me è anche meglio del dentice o della spigola!», spiega Chinappi che racconta come l’idea di servirla come crudité sia venuta assaggiandola così lui stesso, anche se gli era stato dato come pesce “povero” da utilizzare per salse o altre preparazioni per il pasto del personale. «L’unica accortezza sta nel pulirla molto bene, eliminando la pancia e tutte le viscere, perché mangiando alcune alghe e coralli quella parte prende un sapore amarognolo e sgradevole».
Più diffuso e apprezzato il fragolino, o pagello, che abbonda nel Mediterraneo soprattutto tra la primavera e l’estate. Povero di grassi e digeribile, solitamente viene cucinato al forno ed è spesso considerato un “pesce da bambini”. Non da Stefano Chinappi, però: «Mi è venuta voglia di inserire in menu qualcosa di fritto e ho provato con il fragolino: va sfilettato delicatamente eliminando con pazienza tutte le spine, una a una. Poi basta passarlo nella farina, sgrullarlo per bene e farlo cuocere velocemente nell’olio a 180 gradi. Bastano 50 secondi, non di più altrimenti perde la sua morbidezza». Matteo Giordano lo serve con una salsa ponzu “mediterranea” e una delicata orangette, servite in due ciotoline in cui intingere i filetti fritti a piacere per bilanciare l’untuosità – contenuta – della frittura con freschezza e sapidità (cosa che fa alla grande anche il millesimo 2015 di Michel Gonnet, Grand Cru Mensil sur Oger).
A proposito di stagionalità del pesce (cui il ristorante romano dedica da anni un calendario di cene a tema, mese dopo mese), questo è il periodo migliore anche per il polpo (e per totani, seppioline & co). Quello di Chinappi è quasi leggendario, e con la sua consistenza perfetta – morbida ma croccante il giusto – ricompensa dei tanti tentacoli stoppacciosi, piastrati fino quasi alla carbonizzazione, che ricorrono in tanti menu sotto la voce “polpo rosticciato”. In questo periodo, si trovano i polpetti della misura ideale (intorno ai 100 grammi) che cuociono velocemente e sono perfetti come “monoporzione”, accompagnati dalle patate al forno quasi fondenti, semplici ma deliziose, e da un filo di grande extravergine.
In questo caso, spiega Stefano, il segreto è nella qualità della materia prima ma anche nella lavorazione, che vale pure per gli esemplari più grandi per cui i tempi di cottura si allungano un po’: «Il polpo va calato un una pentola con acqua fredda, e fatto cuocere per circa 45-50 minuti, o 20 per quelli più piccoli, controllando con uno stuzzicadenti. Una volta cotto, va prelevato dalla pentola e steso per bene su una teglia, allargando completamente le ranfe, o tentacoli: così sistemato, va fatto freddare completamente in modo che riprenda l’elasticità dei nervi e non diventi molle, per ottenere un risultato finale croccante. Una volta freddo si conserva in frigo fino al momento di servirlo, passandolo molto velocemente su una piastra bella bollente: bastano 30 secondi per lato». Da Chinappi è condito con olio, limone e prezzemolo ma si possono aggiungere anche pomodorini, olive e capperi, o del broccolo siciliano per dare anche colore. E nel calice, ci sta alla grande un buon verdicchio, che dà equilibrio e pulisce il palato anche se non si tratta di un piatto particolarmente untuoso.
Per chi non rinuncia al primo piatto, poi, Stefano Chinappi ha condiviso con noi anche la ricetta completa dei suoi strepitosi spaghettoni alle telline.