Piemonte

Roero: un’escursione di piacere tra vino e natura

Rocche, castelli, vigne: benvenuti in questo meraviglioso angolo di Piemonte, dove piccole colline dai fianchi scoscesi e ripidi risultano idonee soltanto al piede dell’agricoltore. Una terra sciolta, sabbiosa che, non a caso, ricade su una viticoltura sorprendentemente remota.

Negli ultimi decenni si è scoperto che la Langa ha un compagno altrettanto coinvolgente, che sta dalla riva opposta del fiume (Tanaro) e ostenta ambienti così tanto carichi di passione, da non avere nulla da invidiare ai dirimpettai, ogni tanto ancora più aspri, selvaggi e spensierati. Già, il Roero, una superficie affascinante che ormai ha dismesso i panni del fratello minore e che, specialmente con i suoi vini, continua a circolare sulle tavole del mondo, con un appeal sempre più preciso e identitario nel gusto dei suoi estimatori. Borghi pittoreschi, castelli carichi di storia, imponenti pievi e santuari colpiscono per il loro “disegno su di una tappezzeria di boscaglia, vigneti, e frutteti (su tutti la fragola di Sommariva Perno e la celebre pera Madernassa).

Per ammirare una delle parti maggiormente autentiche, occorre dirigersi tra Pocapaglia e Montà, fino a Cisterna d’Asti, ove si estende il tipico paesaggio nominato “Rocche del Roero”, cioè una lunga frattura del terreno contraddistinta da pareti a picco e pinnacoli di sabbia in lenta erosione, che assumono una singolare bellezza in virtù delle tonalità con cui le pareti si colorano nelle giornate di sole. I fondivalle sono poi ricoperti da una vegetazione incontaminata e variopinta, la quale cresce spontanea e rigogliosa. Il tutto costituisce un habitat ideale, perché nello strato inferiore delle Rocche si sviluppino e crescano i celeberrimi tartufi bianchi d’Alba.

Il Roero, terra geologicamente più giovane rispetto alle Langhe, in quanto coperto dai mari per un tempo maggiore, giustifica così l’effettiva e consistente presenza di fossili marini. Anche qui non tutto è uniforme, ma nel voler delineare la sua struttura, si potrebbe riassumerla in tal maniera: sabbia che si abbina a calcare; arenarie e argille che costituiscono il tratto essenziale di suoli ricchi in potassio, calcio e fosforo. In più, la tessitura sabbiosa morbida dei suoi appezzamenti rende il territorio ideale per i vitigni a bacca bianca – arneis e favorita –, così come l’altitudine minore dei colli con ottime esposizioni non particolarmente ventose, fanno sì che sia altrettanto attraente per la maturazione di varie uve a bacca rossa – nebbiolo in primis, ma anche barbera e dolcetto.

Roero Docg e Roero Arneis Docg sono le due denominazioni che insistono su questa zona ed è arduo stabilire con certezza se lo scettro di vino portabandiera spetti al primo o al secondo dei due nettari. Il nuovo disciplinare, in vigore dal 2017 e frutto di un lavoro durato 8 anni, comprende 134 MGA che identificano in etichetta le vigne più vocate del territorio e valorizzano i vini prodotti da uve provenienti da queste aree, elevandoli a veri e propri cru. L’aspetto più straordinario del Roero Arneis, che tra l’altro accompagna egregiamente i piatti di pesce godendosi un meritato successo, è la rapidità con cui si è imposto sul mercato: una sorta di marketing al tempo stesso “inventivo e genuino”, proprio per l’orientamento piemontese verso i vini bianchi, all’epoca non previsto. Non ci si imbatte più quindi in Arneis ossidati e senza particolari pretese, ma ora si può godere delle sue tonalità paglierine chiare, del suo profumo fresco e delicato talvolta fruttato, talvolta di fiori selvatici e dal suo gusto salino e asciutto. Lo accompagna spesso una personalità spiccata ed un’elegante struttura, con persistenza gradevolmente amarognola di mandorla e qualche ricordo erbaceo.

Nella quasi totalità dei casi il Roero Docg è un Nebbiolo in purezza, dove i terreni sabbiosi di argilla silicea gli conferiscono più leggerezza di corpo e di colore rispetto ai possenti e imperiosi Nebbioli di Langa. Meno austero, ma sicuramente più morbido, più fruttato e sicuramente più vivace. Il rubino non troppo intenso, con aromi che ricordano la viola, il lampone, la pesca (frutto sacro da quelle parti) e il suo sapore secco e nervoso, garantiscono freschezza e bevibilità, anche se non mancano versioni piuttosto dense e concentrate. Ed è stimolante ancora ricordare, che entrambe le denominazioni provengono da un gruppo di produttori perlopiù giovani, entusiasti e correttamente ambiziosi.

Il prossimo 3 giugno, infine, oltre 60 produttori di Roero Docg si daranno appuntamento per presentare le loro migliori espressioni, optando questa volta per Milano come sede di Roero Days: una tappa significativa che coincide con i 10 anni dalla nascita del Consorzio Tutela Roero, nonché dal riconoscimento del medesimo territorio come Patrimonio Unesco e con i 20 anni dal conseguimento della certificazione Docg.

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