Crocevia di fondamentale importanza che permette al Piemonte di comunicare con le nazioni d’Oltralpe, il Canavese possiede indole e carattere alpino proprio per la sua collocazione geografica all’interno dell’anfiteatro morenico di Ivrea, un rilievo di origine glaciale tra le province di Torino, Biella e Vercelli, il cui nome fa riferimento alla sua caratteristica forma circolare con gli oltre 500 km di superficie. Una tra le unità geomorfologiche di questo tipo meglio conservate al mondo.
Caratterizzato da paesi con un nucleo schietto ancora vivo e significativi monumenti architettonici, da campagne con diverse cascine dai loggiati di legno, dal luccicare dei laghi (Viverone e Candia ma anche quelli piccoli di Ivrea), da chiese romaniche e barocche, il Canavese ospita, tra l’altro, ben quattro siti riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità: la stessa Ivrea, città industriale del XX secolo del compianto Adriano Olivetti, il Castello di Aglié, il Sacro Monte di Belmonte e il Sito Palafitticolo Preistorico di Azeglio.
I vigneti, la cui coltivazione a ridosso delle Alpi richiedono cure attentissime, testimoniano un amore e una passione per la terra che hanno radici molto antiche, anche se, a onor del vero, uno dei tratti della viticoltura nord piemontese rimane tuttora la “rarità” che si manifesta quasi in una sorta di timidezza: qui la vite non si dona in modo perentorio e quasi sfacciato, come per esempio nel Monferrato o in Langa. È più la natura con la sua vegetazione e i suoi fitti boschi a colpire la vista del viaggiatore. Frutto di lavorazioni accurate, i vitigni Erbaluce e Nebbiolo sin dal 1967 sono alla base rispettivamente delle Denominazioni Erbaluce di Caluso (Docg dal 2010) e Carema, mentre dal 1996 anche la Barbera, la Freisa, il Neretto di San Giorgio e altre uve locali concorrono alla Doc Canavese. Le viti poggiano su suoli estremamente poveri, terreni acidi tipici delle colline moreniche, caratterizzati dalla presenza di grossi massi, sabbie, limo e una minima quantità di argilla, originatisi per l’attività erosiva del grande ghiacciaio Balteo che ha scaricato, per l’appunto, il materiale di risulta nell’antistate piana canavesana.
Sulla antica nobiltà dell’Erbaluce non ci sono stati mai dubbi, anche basterebbe il nome che deriva con buona probabilità dal latino Alba lux, a dimostrazione che era già conosciuto in epoca romana: dotato di buona vigoria, coltivato principalmente con il sistema della pergola, ma anche con sistemi a controspalliera con potature a guyot è uno dei pochissimi vitigni coltivati nel nostro Paese che non ha nulla da invidiare alle varietà più blasonate, in particolare per la sua versatilità: basta infatti non rovinare ciò che la natura produce nella vigna, e dalle sue uve si può ricavare sia un delizioso bianco da bere giovane – come per esempio i vini di Orsolani, Cantina della Serra o Palera – , sia un raffinato passito – CellaGrande, Tenuta Roletto, Massoglia Chiara – , sia uno spumante fresco e cremoso – La Masera, Cantine Crosio, Cieck –, un vino dolce da vendemmi tardiva e persino un secco tranquillo di lungo corso – Fontecuore, Giacometto Bruno e Tappero Merlo –, capace cioè di sfidare le ingiurie del tempo, talvolta migliorando con l’invecchiamento o comunque evolvendosi in maniera sorprendente.
Il Carema è, invece, un gran Nebbiolo di montagna (da quelle parti chiamato Picutener) i cui vigneti possono raggiungere i 700 metri di altitudine, per via dell’ambiente in cui nasce, lungo la valle della Dora Baltea. Il terreno glaciale siliceo su cui sono impiantate le viti imprime al vino una personalità che si differenzia nettamente da quella dei vini delle Langhe, che scaturiscono invece da argille e marne. Il paesaggio viticolo poi che le sue vigne disegnano sui ripidi pendii che sovrastano i piccoli abitati è unico al mondo: su terrazzamenti realizzati nel corso dei secoli ammassando pietre che hanno anche il compito di riflettere il calore del sole, conservandolo durante la notte, le uve sono coltivate a pergola bassa per reggere alle folate di vento che talvolta spazzano la vallata. Gli splendidi tralicci (detti in gergo topie), ancora, sono sorretti da colonnine cilindriche erette in pietra a secco, che caratterizzano in modo assolutamente originale la conca che le ospita. Il Carema della Cantina Produttori, Monte Maletto e Sorpasso, così come altri ottimi Canavesi Doc (Figliej, Le Masche, Adriano Giovanetto e Marco Rossa) non ha molto da invidiare ai Nebbiolo delle Langhe in quanto a longevità: sono più leggeri ma più approcciabili alla beva, non nascondendo mai finezza ed eleganza. Di color rubino tendente al granata, colpiscono per più per complessità che per potenza: ha profumi di lampone, rosa, salvia, liquirizia, cacao e tabacco, e in bocca è di austera consistenza, con tannini dolci e setosi che lo rendono armonico e rotondo.