Se tutti conosciamo il Taleggio come un tipo di formaggio da tavola grasso, fermentato e a pasta molle che prende in nome dall’omonima valle lombarda, meno famoso è lo Strachítunt, altra Dop tutelata da un Consorzio creato all’inizio degli anni Duemila con sede presso il municipio di Vedeseta, in provincia di Bergamo. Ne fanno parte 11 realtà dell’intera filiera (tra aziende agricole conferenti latte, aziende stagionatrici, produttori e caseifici) , tutte con sede all’interno del territorio previsto dal disciplinare. La particolarità di questo cosiddetto “stracchino rotondo”? L’uso di due diverse cagliate che vengono stratificate prima che venga erborinato.
Definito come l’antenato del Gorgonzola, lo Strachítunt inizialmente era prodotto da pochi contadini affiancati poi dalla Cooperativa Agricola Sant’Antonio di Reggetto e dal suo caseificio, che ne ha affinato la produzione. Bisogna tornare indietro ai primi anni 80 per risalire alla nascita dell’associazione con sede a Vedeseta, luogo che tra pochi giorni ospiterà una mostra: si tratta di “Ri-Conoscenti”, un viaggio alla scoperta di 22 storie di vita contadina che celebrano il territorio e il paesaggio di Blello, Taleggio, Val Brembilla e Vedeseta. L’evento verrà inaugurato nel pomeriggio di giovedì 18 luglio alla presenza dei sindaci della Valle, del presidente dell’Ecomuseo e altre autorità locali.
«L’obiettivo di questo progetto è far riscoprire la Valle Taleggio attraverso le persone che in passato erano molto attive sul territorio e riconoscere la loro storia è un modo per entrare in connessione anche con il paesaggio della Valle, che non è stato solo sfondo, ma parte integrante della vita contadina di queste persone», spiega Alvaro Ravasio, presidente del Consorzio per la Tutela dello Strachítunt. Anche Flaminio Locatelli, presidente della Cooperativa Agricola S. Antonio spiega l’obiettivo di questa iniziativa dai tratti nostalgici: «Un passato recente perché alcune di queste personalità sono scomparse da poco e per questo desideriamo tramandare lo scambio che c’è stato con loro, come se fossero ancora qui. È una questione di rispetto, memoria e riconoscenza affinché le loro storie possano rimanere ed essere d’ispirazione per i giovani allevatori e allevatrici del presente e del futuro».
Tutto è partito dal lavoro svolto nel 2004 dal Centro Studi Valle Imagna, quando è stato pubblicato il volume “Bergamini: ventun racconti di vita contadina dalla Valle Taleggio”, a cura di Antonio Carminati e Costantino Locatelli per raccontare la storia dei bergamì, gli abitanti della montagna che hanno trovato sostentamento grazie al piccolo allevamento, su misura del proprio fabbisogno familiare.
Ad accesso gratuito, l’esposizione permanente sarà allestita con pannelli espositivi, fotografie ed estratti delle interviste originali dei contadini della Valle, mentre la mostra itinerante è attiva fino al 20 ottobre e coinvolgerà 22 diverse località all’aperto, tra punti panoramici o di interesse legati al percorso segnalati da QR code che daranno un nome e un volto ai casari del posto. Da Battista Chiaveri, uno dei protagonisti di questa storia, che denuncia come “i bergamì stanno scomparendo, ma senza di essi anche i pascoli su questi monti si impoveriscono”, a Luigia Angela Fantini che è certa del suo percorso: “Se dovessi nascere un’altra volta, ritornerei ancora a fare la contadina”.