Risale a pochi giorni fa la conferma che tutti aspettavamo: la Via Appia è Patrimonio Mondiale Unesco. Un riconoscimento che ha fatto salire a 60 il numero totale dei siti nazionali di interesse universale, contribuendo a valorizzare il sistema di questo cammino lungo l’antico tracciato romano che, nel 2015, fu percorso anche dallo scrittore e giornalista Paolo Rumiz: impiegò circa un milione di passi per completarlo e arrivare fino a Brindisi.
L’antica provincia brindisina è coinvolta adesso in un’altra candidatura, quella di Biosfera Unesco per Torre Guaceto, dove si trova già l’area marina protetta e riserva naturale che ospita uno dei primissimi lidi italiani attrezzati per la disabilità, obiettivo condiviso con altri comuni come Carovigno, Mesagne e San Vito dei Normanni. E mentre c’è chi sta impiegando le proprie energie nel creare posti naturalmente belli e senza barriere, altri questa bellezza la cercano nelle persone. Proprio nell’ultima cittadina salentina menzionata, dove i cosiddetti “uomini del nord” edificarono la torre quadrata intorno all’anno Mille, esattamente dieci anni fa si iniziava a parlare di inclusione sociale anche a tavola con l’apertura del primo ristorante che in Puglia ha dato lavoro a persone con disabilità fisico-motorie e mentali e a vittime di violenza.
L’insegna in questione si chiama XFood ed è stata fortemente voluta da Vito Valente, presidente della cooperativa Includi che, per questo progetto gastronomico attualmente coordinato in cucina dal trentenne Giovanni Ingletti, nel 2014 ha recuperato gli spazi di un ex capannone in cui un tempo si produceva vino. XFood è anche la casa di associazioni che qui organizzano laboratori, tra cui pizzica, scuola musica e falegnameria, e proprio in occasione di tali incontri sono stati restaurati i mobili con cui è arredato, selezionati in mercatini di seconda mano e negozi di antiquariato dalla designer riminese Sara Mondaini. Parlando di location, una volta entrati nell’unica sala del ristorante, a colpire sono soprattutto le tipiche luminarie pugliesi, per la prima volta appese in un ambiente al chiuso, realizzate e donate da Faniuolo Illuminazione di Putignano. Così, mentre si piantava l’orto sinergico di fronte, che ancora oggi serve il ristorante con le erbe aromatiche, si continuava a rendere questo posto accogliente, alla ricerca della normalità. Simbolo di XFood è anche il lungo tavolo sociale di 13 metri recuperato da vecchie prolunghe di legno, studiato per accogliere anche ospiti in sedia a rotelle. La sensibilità di Mondaini non è passata inosservata e nel 2015 XFood è stato anche candidato per il Premio Compasso d’Oro, tra i più autorevoli sul design italiano. E sempre nello stesso anno, con Officine Tamborrino di Ostuni che produce mobili in metallo, la professionista ha portato tutti in trasferta a Milano per allestire un temporary restaurant in zona Lambrate nel segno del design sostenibile, tra incontri e show cooking.
In una grande città forse non farebbe notizia ma trovare nello stesso comune che conta meno di 20mila abitanti un altro progetto solidale parimenti ambizioso è davvero una coincidenza straordinaria. Per raggiungere Virgola da XFood ci vogliono circa 10 minuti a piedi: un consiglio saggio se non ci si vuole fermare a uno solo dei lievitati o delle monoporzioni che si trovano nella dolce vetrina dell’indirizzo. Sì, perché questa attività è un’ottima pasticceria d’ispirazione moderna prima ancora di essere riconosciuta come terapeutica, in cui lavorano persone fragili e con disturbi dello spettro autistico. Ideatore del format è Nicola Di Lena, pastry chef che per anni è stato al fianco dello stellato Antonio Guida (anche lui di origine pugliese), seguendo il suo percorso lavorativo fino al Mandarin Oriental a Milano prima di trasferirsi nella sua terra d’origine insieme alla moglie Alessia Semeraro. «I nostri ragazzi sono fantastici: nel momento in cui gli viene assegnato un lavoro chiedono già cosa faranno dopo», racconta Di Lena. Lo scorso febbraio ha ricevuto una chiamata speciale: era il Quirinale che lo invitava nella Capitale per ritirare la medaglia di Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica Italiana (l’abbiamo raccontato qui).
Progetti illuminati: nasce Identità Inclusive
Qualcuno del personale di XFood e Virgola ha sfruttato la propria esperienza rispettivamente al ristorante e in pasticceria per altri lavori, mentre qualcuno ha fatto carriera all’interno di altre aziende. Ma l’obiettivo più ampio di Valente e Di Lena rimane quello di promuovere l’inclusività sociale e coltivare un senso di connessione che si estenda oltre queste mura. E grazie alle due microimprese sembra che qualcosa si sia mosso proprio a inizio giugno, quando San Vito dei Normanni è diventato il palcoscenico di Identità Inclusive, la due giorni che ha unito solidarietà e qualità gastronomica radunando chef stellati, maestri pizzaioli, imprenditori e professionisti del terzo settore. Momento clou dell’appuntamento è stata la cena di beneficenza di lunedì 10 giugno, preceduta da una serie di talk in cui diversi protagonisti si sono messi a nudo raccontando come ogni giorno in cucina cercano di migliorare la vita degli altri, ma non vogliono essere chiamati eroi.
Franco Pepe non ha solo portato uno spicchio di pizza fritta quella sera ma ha raccontato una parte di sé che forse non tutti conoscono. A prendere la parola non è stato semplicemente uno dei migliori pizzaioli d’Italia ma un uomo che per molti anni ha aiutato gli ultimi a Scampia. «Sono un ex insegnante di sostegno e quando ho avviato il progetto di Pepe In Grani ho chiamato sette ragazzi degli istituti alberghieri in cui ho lavorato. Tra quelli oggi in squadra con me c’è Marco, che invece di fare percorrere ai genitori 20 chilometri al giorno affinché lui arrivasse in orario in pizzeria, ha convinto la madre e il madre ad acquistare una casa a Caiazzo».
Molti dei prodotti con cui vengono realizzati i piatti del Seta a Milano, uno dei migliori ristoranti due stelle in circolazione in Italia, vengono da Pappaluga, un’impresa agricola sociale in provincia di Varese che impiega ragazzi disabili cognitivi: «Non si tratta di un progetto filantropico fine a se stesso: noi dall’hotel acquistiamo tutti i loro prodotti, ad esempio le fragole, perché sono veramente buoni». A sceglierli è stato Antonio Guida in persona che ha trasformato un dolore personale, come può essere la scoperta della disabilità della propria figlia, in amore verso gli altri. «Come? L’unica cosa che so fare è cucinare e quindi ho deciso di organizzare una volta al mese, a casa mia, un tavolo di 12 persone. Tutto il ricavato di questi pranzi viene devoluto alla Onlus L’Abilità. Bisogna dare continuità al lavoro delle associazioni perché i bambini crescono: meglio donare poco ma sempre».
Anche Massimo Bottura ha un figlio nato con disturbo dello spettro autistico, Charlie, e nel giorno del suo 23esimo compleanno per lui è stato aperto Tortellante, laboratorio riabilitativo specializzato nella produzione dei tortellini. Non sorprende quindi se Jessica Rosval, il braccio destro del super chef modenese di Osteria Francescana, sia tra le founder di Roots, ristorante che a Modena dà lavoro alle donne migranti di Association for the Integration of Women (AIW), presieduta dall’imprenditrice Caroline Caporossi. «Ci siamo rese conto di essere davanti a una grande opportunità: stiamo invitando Modena dentro il nostro ristorante per scoprire la bellezza delle diverse culture attraverso piatti che vengono da tutto il mondo. Siamo orgogliose di essere riconosciute non solo per l’impatto sociale ma anche di rientrare in circuiti gastronomici di prestigio». Tra l’altro, in quegli stessi giorni, Rosval era appena tornata da Las Vegas dove ha ritirato il premio Champions of Change durante gli ultimi 50 Best Restaurants che “riconosce e celebra gli eroi del settore dell’ospitalità che stanno guidando azioni positive nelle loro comunità e creando modelli per una società più inclusiva”.
Restando sempre in Puglia, è stato lo sport la forma di riscatto sociale per Floriano Pellegrino, frontman di Bros’ (1 stella Michelin a Lecce) insieme alla compagna e pastry chef Isabella Potì, nonché patron di Roots, trattoria di campagna con una proposta culinaria ben salda nella tradizione salentina. Con il loro modello di ristorazione pop e audace, la giovane coppia (entrambi hanno meno di 35 anni) ha contribuito a cambiare significativamente la scena gastronomica della provincia salentina, aprendo persino una scuola di rugby – ASD Bros’ Rugby – con una squadra di cuochi-giocatori. «Ci ha insegnato la disciplina, in campo come in cucina, al motto di “Play Bros’, play rubgy”. In brigata e nella squadra sportiva ci sono ragazzi argentini e di altre nazionalità. A loro offriamo l’opportunità di lavorare in un ristorante di alto livello, oltre a potersi allenare. Lo spirito è questo: tu mi dai un po’ del tuo rugby argentino, io ti do un po’ della mia cucina italiana. Sono orgoglioso di essere cittadino internazionale a casa mia».