L’etimologia non è sicura, ma una delle ipotesi accreditate è che il nome Alsazia derivi dall’antica radice germanica che indica un dominio straniero. Comunque sia, in questa interpretazione si nasconde la lettura di un destino che da sempre ha visto questa regione – oggi parte della Francia – passare di mano in mano tra signorie e imperi. In questa piccola striscia di territorio, tra la catena dei Vosgi e il corso del Reno, il vino ha scritto la storia delle comunità e disegnato il paesaggio, con i vigneti a occupare i Grand Cru sui versanti delle colline e a fare da tessuto connettivo tra i borghi pittoreschi che ogni anno attraggono milioni di turisti. La città di Colmar è un gioiello medievale con le sue case à colombages (con innesti di legno che le rendevano antisismiche), i vicoli pittoreschi e i canali che le hanno valso l’appellativo di “piccola Venezia” di Francia. Lungo la Route des Vins d’Alsace ogni villaggio nasconde bellezza, dalla vicina Turckheim a Ostheim, da Rouffach con la sua cattedrale gotica a Guémar con la sua porta-torre, fino alle architetture più vicine allo stile germanico di Sélestat o Mohlsheim. Per godere appieno della fusione tra natura e cultura la Strada dei Vini suggerisce una visita in primavera o a fine estate, magari incrociando la vendemmia. All’inizio della stagione calda il Civa (ovvero il consorzio dei vini d’Alsazia) ha lanciato invece l’iniziativa Tournée des Terroirs, con banchi di degustazione e momenti di festa tra le vigne alla scoperta di aree ogni anno differenti.
Suoli antichi e vocati
Il vigneto alsaziano, uno dei più settentrionali di Francia e d’Europa, è incastonato in un crogiolo di biodiversità che si allunga da sud a nord tra i Vosgi e il Reno: sono 120 i chilometri dall’area di Thann a Marlenheim, all’altezza di Strasburgo, vale a dire i due estremi della Route. La barriera naturale dei monti ripara le vigne e limita le influenze oceaniche, da un lato garantendo un clima continentale con estati calde e inverni freddi, dall’altro facendo di questo territorio uno dei meno umidi in Francia, grazie ai venti che rallentano le precipitazioni e asciugano i filari. In generale, gli alsaziani rimarcano come Colmar – la cittadina di riferimento al centro della Route – sia in una posizione molto più favorevole per la vigna rispetto a Digione oppure a Reims. Anche per questo la coltivazione della vite, diffusa in mezza Europa grazie alla colonizzazione romana, ha assunto presto un ruolo essenziale nell’economia dell’Alsazia.
E una storia geologica movimentata ha permesso la nascita di un mosaico di terroir variegati e sovrapposti. Infatti, 150 milioni di anni fa il mare sedimentava il gres, il calcare e la marna sullo zoccolo granitico che dominavano l’attuale Valle del Reno, mentre 50 milioni di anni fa una gigantesca faglia fratturava l’Europa rimescolando le carte e portando alla nascita della catena montuosa dei Vosgi (oggi in Francia) e della Foresta Nera (in Germania). Ecco che, tra vallate più morbide e versanti scoscesi con pendenze fino all’80%, dove la viticoltura si fa eroica, si snodano vigneti che colgono l’essenza del terroir, affondando le radici ora sul granito e ora sulle marne della pianura alluvionale, con parcelle che cambiano tipologia di suolo in poche decine di metri. Per non parlare dei Grand Cru polimorfi, come l’emblematico Kaefferkopf che vanta 14 differenti tipologie di sostrato e dunque porta nel calice vini profondamente differenti a seconda della provenienza delle uve.
Vini e sapori di territorio
È proprio la straordinaria diversità dei terroir a rendere peculiare l’identità dei vini d’Alsazia, denominazione d’origine definita già dal 1945 e poi riconosciuta con decreto nel 1962. Sulla base della suddivisione in differenti denominazioni (di cui 51 sono Aoc Alsace Grand Cru) la tradizione vinicola alsaziana si fonda su sette vitigni principali. Sylvaner e Pinot blanc sono sicuramente i meno noti – e spesso sono utilizzati nei blend Edelzwicker o Gentil – mentre il Riesling e il Pinot grigio d’Alsazia rappresentano dal Dopoguerra un calice pregiato che i consumatori apprezzano in abbinamento alla voluttuosa cucina di territorio. Risultano poi intriganti le espressioni locali derivate da vitigni aromatici: se il Muscat si rivela immediatamente nei profumi, ma vinificato secco non risulta mai eccessivo, il Gewurztraminer è il più celebre dei vini d’Alsazia, presentandosi esuberante eppure (quasi) mai sdolcinato grazie all’acidità, che porta freschezza e rende il sorso lungo e profondo con l’invecchiamento.
L’unico rosso di tradizione è il Pinot noir, al quale recentemente sono stati assegnati due Grand Cru: Kirchberg de Barr e Hengst. Non può mancare la bolla nobile dei Crémant d’Alsace, oggi sempre più richiesti all’estero, che per finezza e complessità riescono spesso a far concorrenza ai cugini della Champagne. Ça va sans dire, a una tradizione enoica di lungo corso non può che corrispondere una tradizione del gusto. L’Alsazia vanta un’alta concentrazione di ristoranti stellati in proporzione ai suoi abitanti e le più importanti scuole di formazione per chef, maître e sommelier – come la famosa Illkirch-Graffenstadrn, alle porte di Strasburgo – ma anche livelli record di colesterolo, ironizzano i locali. Sì, perché le esperienze gourmand sono alla portata di tutti, dato che la cucina di eccellenza e quella popolare sono ugualmente capaci di regalare piacere ai buongustai.
Sui pedali tra vigneti e domaine
Si annuncia dunque un percorso gaudente quello lungo la Route des Vins d’Alsace, la più antica strada del vino in Francia. Ma si può compensare il senso di colpa da libagioni con la scelta di muoversi di cantina in cantina percorrendo la Véloroute du Vignoble d’Alsace. L’enoturismo a due ruote è infatti un’opzione plausibile grazie alla presenza di una ciclopista che permette ai meno sedentari di scoprire scorci incantevoli tra castelli, borghi medievali e vigneti lungo «un itinerario bucolico dove è bello godersi il tempo della scoperta e assaporare l’arte di vivere alsaziana», come recita la presentazione su alsaceavelo.fr. Il punto di partenza è il borgo fluviale di Thann, dal quale si pedala verso nord attraversando il parco des Ballons des Vosges, scoprendo un paesaggio naturale fatto di laghi, torrenti e boschi, intervallati di tanto in tanto da villaggi pittoreschi e antiche dimore, come il castello di Hartmannswiller. Raggiungendo Bergholtz si passa tra i vigneti del Domaine Eugène Meyer, erede dell’antico lavoro vitivinicolo della celebre Abbazia di Murbach. Di generazione in generazione, il passaggio di testimone è anche una questione di empatia con la terra e attenzione alla natura, tanto più per la scelta avviata oltre mezzo secolo fa da Eugène di spingere le vigne verso una conduzione biodinamica.
Rimanendo allineati alle tradizioni plurisecolari, nel vicino Château d’Orschwihr si respira la storia d’Europa e del vino. Il primo documento in cui viene menzionato il maniero risale al 1049 e si dice che papa Leone IX di Egusiheim fosse ospite quando venne consacrata la chiesa del vicino villaggio di Bergholtz-Zell, mentre Rudolphe Habsuburg, che acquistò il castello alla fine del XIII secolo, divenne poi imperatore e fondò la dinastia degli Asburgo. La produzione vinicola risale al Seicento, ma è dal secondo Dopoguerra che la famiglia Hartmann fa del domaine un centro riconosciuto. In quel di Voegtlinshoffen, la Maison Joseph Cattin incarna una storia di famiglia che si allunga fino al XVII secolo, valorizzando il Grand Cru Hatschbourg e l’esperienza enoturistica tra visite in cantina, percorsi in vigna su Segway e aperitivi con vista sui vigneti al bar Le Belvédère. Il Gewurztraminer si sposa benissimo con il foie gras (quello alsaziano, specificano da queste parti) e il Riesling si accompagna a crauti e salsicce nella choucroute. Tornando a pedalare e lasciandosi alle spalle i borghi di Rouffach e Pfaffenheim, circondati da vigneti, l’approdo della prima giornata è nel cuore del fiabesco paesello medievale di Eguisheim (votato tra Les Plus Beaux Villages de France).
Prima di perdersi tra vicoli e canali, merita una visita il domaine Joseph Freudenreich & Fils che la famiglia tiene dalla prima metà del Settecento: dopo una passeggiata con degustazione tra i filari nei Grand Cru Eichberg e Pfersigberg e un assaggio delle loro etichette, la cantina offre anche l’opportunità di pernottare nelle Chambres du Domaine. Sono ricavate da un’antica dimora a graticcio nel cuore di Eguisheim anche le chambres d’hôtes de charme del domaine Pierre-Henri Ginglinger, dove Stéphanie e Mathieu sono eredi della passione vitivinicola di 12 generazioni lunga oltre quattro secoli. La seconda giornata ruota intorno alla città di Colmar, icona di storia e punto di approdo per chi arriva in treno dalla Svizzera o dalla Germania. Deviando verso la vicina Turckheim – che dentro le mura nasconde un altro centro storico gioiello – si possono visitare alcuni domaine che coltivano i vigneti intorno alle aree urbane e nei Grand Cru Kaefferkopf e Florimont. Si incontra così l’istrionico Etienne Dreyer, che con la moglie racconta e fa degustare i vini Sick- Dreyer (ovvero la tenuta che la sua famiglia conduce da quasi cinque secoli in Ammerschwihr), oltre a offrire un delizioso kouglof (o kughelupf, panettoncino in forma di ciambella). E i fratelli Sébastien e Jean Léon Schoech, che coltivano l’eredità del Domaine Maurice Schoech riallacciandosi direttamente alle radici nel 1650, svelando un Pinot grigio che regge benissimo l’invecchiamento e pure l’abbinamento con il munster fermier, formaggio che in terra d’Alsazia è un’istituzione. C’è poi la famiglia Schoenheitz, che da vent’anni lavora con l’enoturismo proponendo degustazioni, aperitivi gourmet, passeggiate tra i vigneti con assaggi en plein air. Interessante anche il passaggio, a Ingersheim, al piccolo Museo del Vino della Cave Jean Geiler, un gruppo cooperativo che accoglie gli ospiti in sala degustazione o tra i vigneti dei conferitori nei Grand Cru più vicini.
Di nuovo in sella, nella vicina Katzenthal merita una sosta il Domaine Paul Spannagel, con le sue degustazioni multisensoriali. Mentre al Domaine Paul Blanck si può vivere un’esperienza particolare: il vignaiolo Philippe Blanck, erede di una lunga tradizione familiare nella valorizzazione dei vini d’Alsazia, accoglie gli ospiti in mezzo ai vigneti con una sessione di Qi Gong, antica pratica orientale che lavora sulle energie vitali e introduce in maniera originale al wine tasting. Tornando sulla Véloroute verso nord, si attraversano vigneti e boschi rivolgendo lo sguardo su borghi pittoreschi fino ad arrivare a Itterswiller: qui si può trovare ristoro al Domaine Sohler et Fils con degustazioni tra le vigne e pernotto in tenuta. In alternativa, il percorso può allungarsi fino a Barr: il Domaine Bachert regala un’esperienza immersiva tra visita alla cantina, degustazione, passeggiate tra i filari; è possibile pernottare alla tenuta, scegliendo di rilassarsi nelle camere, in campeggio oppure nella suggestiva capanna sull’albero, sospesa tra le piante di vite. Dopo il relax, due pedalate fino a Gertwiller portano alla Maison Zeyssolff, per una degustazione che va ben oltre il calice con un salon de thé e un bar à manger dove l’incontro con la gastronomia alsaziana – tra cacciagione e carni di maiale – è valorizzato dal vino e dal contesto. La Véloroute prosegue poi verso nord per arrivare a Kirchheim e da lì alla tappa finale, nella cittadina di Marlenheim.
Il sorriso delle diVINes
Sono vigneronne, imprenditrici, enologhe o sommelier, impegnate in vigna o in cantina, nella produzione o nella vendita e promozione. E hanno un unico obiettivo comune: raccontare l’anima dei vini d’Alsazia con piglio femminile. Sono le diVINes d’Alsace, un gruppo di donne dinamiche e sorridenti nato nel 2011 nel segno della condivisione e della valorizzazione. Aperta a tutte le pratiche culturali e a tutte le correnti di pensiero sulla vitivinicoltura, l’associazione riunisce più di 60 donne del vino alsaziano e da anni organizza eventi per fare esperienza diretta del territorio. Promuove infatti laboratori tematici di degustazione, basati su un approccio fresco e divertente, ma anche programmi enoturistici e culturali. Così, ogni due anni le alsaziane portano a Strasburgo i vini e i sapori della tradizione regionale in un evento poco convenzionale – diVINes & Sens – ma hanno anche organizzato Les Dîners Insolites du Patrimoine: esperienze “effimere ed eccezionali”, legate a luoghi normalmente inaccessibili al pubblico che aprono le porte per aperitivi e cene speciali, oltre a momenti di incontro tra vino e musica o teatro. L’ultimo progetto è il volumetto Les diVINes cuisinent, in uscita il prossimo autunno, con abbinamenti intriganti tra vini alsaziani e piatti delle vigneronne stesse.
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