Molti dei nostri lettori avranno una lista di locali che sognano di provare almeno una volta nella vita: quel particolare sushi a Tokyo, il bistrot parigino con la sua scorta infinita di baguette, quell’osteria conosciuta grazie al passaparola. Questo non è però il racconto di alcuni ristoranti, ma di singoli piatti, in particolare di ricette milanesi che hanno accompagnato l’evoluzione della cucina contemporanea; Signature dish sempre in carta, entrati nel codice culinario dei meneghini e che hanno insegnato a riflettere sul rapporto tra creatività e materia prima. Non solo, quindi, risotto giallo, attenzione. Specialità come i gyoza, i noodles o wagyu hanno contribuito a fare di Milano la città dal gusto cosmopolita che conosciamo oggi; una nuova identità variegata e vivace che, da Expo 2015 – “Nutrire il pianeta, energia per la vita” –, ha trovato il terreno fertile anche ai fornelli.
Il Risotto alla vecchia Milano di Ratanà
Zafferano, brodo di vitello, Carnaroli mantecato al burro di malga e Lodigiano Riserva: sono questi gli ingredienti del Risotto giallo di cui non si potrà più fare a meno dopo averlo assaggiato. Porta la firma di Cesare Battisti questo piatto in cui passato e presente si fondono: alla versione classica, simbolo dell’identità milanese, vengono aggiunti midollo in osso, gremolata, sugo d’arrosto e un pizzico di acciuga come si faceva una volta.
Il Raviolo Wagyu di Gong
Quella di Gong è una cucina raffinata, nella quale la ricerca del nuovo non mette in discussione l’autenticità dei sapori e l’impressione è compiere davvero un viaggio in Oriente. Impossibile dimenticare il Raviolo Wagyu: un dimsum ripieno di ragù di manzo nobile giapponese, cotto al vapore e poi piastrato, servito su un letto di foie gras e completato da lamelle di tartufo fresco. Il gusto umami e grasso fa chiudere gli occhi nel momento del morso.
Gli Yakisoba alla pescatora di Bentoteca
L’insegna è un punto fermo per gli amanti della cucina giapponese in città. E non esageriamo nel dire che valga la pena venire a Milano anche solo per assaggiare gli Yakisoba alla pescatora di Yoji Tokuyoshi – classe 1977, fu il secondo di Bottura per quasi un decennio – saltati con i frutti di mare e serviti con katsuobushi e uovo cotto a bassa temperatura. I noodles sono fatti a mano e vengono mantecati con olio di gamberi e salsa yakisoba. L’altro piatto da non perdere è Midollo e Shiokara: midollo cotto alla brace, calamari fermentati e shokupan.
L’Astice blu e zabaione di Seta
Seta, due stelle Michelin, è il palcoscenico della cucina di Antonio Guida nonché uno dei ristoranti più rinomati della metropoli. L’Astice arrosto con zabaione era in carta già nel 2015, all’interno del menu degustazione che allora si chiamava Dedica a Milano; la presentazione è rimasta quasi invariata, così come gli ingredienti e le preparazioni alla base del piatto: astice blu, zabaione al passito, uvetta, patate al miso e, infine, polvere di tè matcha e porro (o asparago) per guarnire. La materia prima ittica di primissima scelta, il respiro esotico e il savoir-faire francese nella preparazione delle diverse salse hanno contribuito a rendere questa preparazione un’opera maestra.
Il Wagyu sumibiyaki di Iyo
È il primo ristorante di cucina giapponese a essere stato premiato con una stella Michelin in Italia. E non è un caso. Ci sono piatti, uno in particolare, che non smettono di tornare alla mente: uno su tutti è il Wagyu sumibiyaki. Il controfiletto di manzo nobile giapponese, categoria A5 dalla prefettura di Kagoshima, viene scottato sulla carbonella della griglia e servito in purezza. Sorprendono la consistenza della carne, tenerissima, e la densità del gusto.
Le Tagliatelle burro e Parmigiano di Trippa
Giri di forchetta, quelli da Trippa, che hanno attirato, e tuttora richiamano, buongustai da ogni dove. Le Tagliatelle all’uovo fatte in casa, mantecate con abbondante burro e Parmigiano Reggiano, sono uniche per cremosità e sapore. Il segreto? L’utilizzo del brodo di pollo in cottura, che esalta il gusto del formaggio conferendo a questo primo un umami irresistibile.
La “Pizza in un raviolo” di Sine
Un piccolo capolavoro nato dall’idea di Roberto di Pinto – executive chef del ristorante – di creare una pasta ripiena che, al gusto, al tatto e nei profumi, ricordasse la pizza. Il risultato è un raviolo già iconico, da mangiare con le mani e in un sol boccone. La pasta fresca viene cotta al vapore come un dimsum, poi tostata e scottata in padella con un cannello per ricreare le sembianze del cornicione; al suo interno troviamo del pomodoro lievemente cotto, basilico fresco e olio d’oliva.
I Gyoza alla milanese di Zibo
Ravioli ripieni di ossobuco di vitello brasato, prima cotti al vapore e poi piastrati, serviti con una salsa di midollo e zafferano strepitosa. La tostatura del gyoza ricorda quella del riso al salto tipico milanese (preparato, secondo la tradizione, con gli avanzi del risotto). Ogni boccone è il risultato di una ponderata combinazione degli elementi. Attenzione: può creare dipendenza.
Le Chitarre stracciatella e gamberi rossi di Pastamadre
L’eco mediatico della Pasta con stracciatella e gamberi ha fatto il giro del mondo. L’abbiamo assaggiata, cucinata e contemplata tutti almeno una volta. Ma che cos’è un classico prima di diventare tale? Un’idea che funziona. Pastamadre ha aperto nel 2011 ed è da allora che Francesco Costanzo, proprietario e chef, ha cominciato a portare in città le migliori materie prime del Sud, combinandole in piatti strepitosi come, appunto, le famose Chitarre: queste vengono mantecate al pomodoro datterino giallo, poi impiattate con stracciatella fresca e tartare di gambero rosso di Mazara.
Il Cinnamon roll di Loste
Questa volta, non si tratta di un piatto salato ma di una pasta dolce svedese, per la prima colazione e non solo. Stefano Ferraro, patron di Loste Café, insieme all’amico Lorenzo Cioli, è stato capo pasticcere del ristorante Noma di Copenaghen e a Milano è diventato protagonista delle merende in stile scandinavo con il suo Cinnamon roll: è quanto di più buono si possa stringere tra le mani a prima mattina. A lievitazione naturale, glassato con burro e zucchero Demerara e al profumo di cannella e scorza d’arancia, questa sfoglia si accompagna bene con un caffè filtro a base di chicchi di April Coffee, torrefazione artigianale della capitale danese. Da assaggiare anche il Bun al cardamomo e, qualora foste abbastanza fortunati, potreste trovare il croissant “cotto e ricotto” ancora in vetrina.