Ruinart è rinomata per il suo lavoro con lo Chardonnay, quindi non sorprende che anche la ventottesima annata del millesimo Blanc de Blancs sia un capolavoro. Un omaggio alla visione di Dom Thierry Ruinart, il monaco illuminato che dal XVIII secolo continua a ispirare la sua famiglia e i suoi discendenti. Sebbene non sia stato lui il fondatore fisico (la Maison fu fondata nel 1729 dal nipote Nicolas Ruinart), ha comunque sperimentato l’effervescenza, beneficiando di un periodo favorevole per le innovazioni, in un’epoca di Illuminismo in cui un’aristocrazia curiosa beveva “vini con le bollicine”.
Iniziato nel 2010, il nuovo corso della prima cantina in Champagne dedicato al vino effervescente per eccellenza si esprime oggi con la seconda release, Dom Ruinart 2013 (la prima è stata Dom Ruinart 2010), che ha radici più lontane e che lo chef de cave Frédéric Panaïotis ha ereditato dalle prime sperimentazioni eseguite dai suoi predecessori alla fine degli anni 90, secondo un affinamento che prevedeva la scelta tra due strade percorribili: l’uso del tradizionale tappo a corona o il bouchon liège, ovvero il tappo di sughero. È vero: l’utilizzo del sughero per la maturazione sui lieviti è completamente anti intuitivo (in teoria, dopo il dégorgement inizia il momento dell’evoluzione del vino). Panaïotis si convinse, però, del contrario già quando arrivò in Maison nel 2007. Due anni dopo, infatti, era quasi pronto a partire con il primo lancio di Dom Ruinart con tappo in sughero ma ha voluto impiegare più tempo per avere il consenso anche del suo team. Così, ha analizzato le bottiglie e si è reso conto che questo materiale proveniente dalle cortecce degli alberi è un oggetto che per il 95% è composto di aria e che può essere definito come una spugna solida facendo entrare, nel primo periodo del vino, più ossigeno. Dopo sei anni di studio, la permeabilità del sughero rimaneva molto più stabile donando al vino un carattere riduttivo per mantenere una delle qualità più ricercato nello Champagne: la freschezza.
Proprio questa caratteristica viene sublimata dal Risotto ai limoni di Amalfi, vongole veraci, cannolicchi e yogurt di bufala, uno dei signature di Domenico Stile, lo chef di origine campana alla guida di Enoteca La Torre – Villa Laetitia a Roma, il due stelle Michelin che fa parte del prestigioso circuito (italianissimo, in questo caso) Ruinart Assemblage 1729. Per tutto il mese di novembre, questo e altri piatti sono presenti nel menu degustazione dedicato a Dom Ruinart 2013 messo a punto da Stile e Rudy Travagli, restaurant manager e sommelier del ristorante romano, nonché presidente dell’associazione Noi di sala e, dal 2013, nella famiglia di Enoteca La Torre (di cui oggi è anche socio), indirizzo scelto dalla Maison come simbolo del progetto Cellar to table, nato per mettere in luce il dialogo tra chef e sommelier dei migliori ristoranti del mondo.