Era il 1914 quando la frazione toscana di Forte dei Marmi, raccolta attorno al “fortino” cinquecentesco e al pontile di caricamento dei marmi, divenne un comune a sé, slegandosi così dalla vicina Pietrasanta e dando inizio allo sviluppo di una stazione marittima autonoma. Fu proprio la presenza dell’industria balneare a promuovere, già dalla fine degli anni 20, un’intensa opera di costruzione di alberghi, ville con giardino, pensioni e stabilimenti che oggi caratterizzano l’area. Un turismo vivace e in continua crescita, unito alle bellezze naturali come la pineta che si estende lungo la fascia costiera e la rigogliosa vegetazione autoctona, ha gettato le basi per attrarre una clientela d’élite, consolidando la reputazione della zona come simbolo del bon vivre. Lontano dalla mondanità di Viareggio, qui si predilige una villeggiatura più riservata e discreta, spesso organizzata nelle residenze private o nelle prime grandi strutture alberghiere.
È in questo contesto di esclusività che, quasi un secolo dopo, nel 2010, nasce il Principe Forte dei Marmi che tutti conosciamo: un hotel di lusso ubicato a pochi passi dall’arenile sabbioso e dal lungomare, rappresentativo dell’accoglienza versiliese e affiliato a brand di fama internazionale come The Leading Hotels of The World e Michelin. L’interazione tra natura, architettura e servizi è al centro di un progetto turistico e imprenditoriale che concilia modernità e valorizzazione del territorio così com’è sempre stato, rispettando l’identità del luogo senza compromettere gli obiettivi aziendali e differenziando la struttura nel mondo dell’ospitalità regionale.
«Il nostro impegno verso la sostenibilità non è solo un dovere etico, ma una strategia integrata che mira a garantire il benessere delle persone e dell’ambiente» ci spiega Cristina Vascellari, general manager dell’albergo. «Dal 2018 – continua – investiamo in iniziative concrete volte al rispetto dell’ecosistema e alla tutela del capitale umano. Abbiamo implementato sistemi gestionali di qualità per minimizzare l’impronta carbonica, siamo quasi interamente plastic-free e utilizziamo il più possibile energie rinnovabili per ridurre gli sprechi». Non solo responsabilità ambientale: la struttura supporta campagne sociali e solidali come quella di Ristoranti contro la fame.
La cucina di Lux Lucis
Sensibilità e cura caratterizzano anche la proposta gastronomica, di tutti e quattro i ristoranti dell’hotel e soprattutto della cucina stellata di Lux Lucis: qui lo chef Valentino Cassanelli coordina la realizzazione di piatti che seguono le stagioni, trovando un comune denominatore nell’utilizzo di ingredienti locali e a basso impatto ecologico. Coscienza e conoscenza sono alla base di una cucina che è libera espressione della tradizione italiana: «Non conosce sovrastrutture e schemi, ma si contamina con sapori che vengono da lontano; espressiva perché racconta la mia personalità attraverso la materia prima e, infine, italiana poiché la nostra penisola vanta prodotti spettacolari e ogni esperienza di degustazione dev’essere riconducibile all’area geografica in cui avviene», dichiara Valentino.
La visione culinaria dello chef trova la sua massima espressione in due ricette iconiche, sempre presenti in carta. La prima è il Risotto ai ricci di mare e tartufo nero, un piatto in cui i sapori del Tirreno e dei funghi delle colline si fondono con influenze orientali. Il riso, servito al dente, viene cotto in una zuppa thailandese tipica, la tom yam, a base di galanga, aglio nero, peperoncino e lime. L’acidità del brodo bilancia la ricchezza del burro, mentre le spezie donano note aromatiche esotiche. L’altro piatto distintivo è il Morone, o “ricciola di fondale”, un pesce nero del Mediterraneo marinato nel miso giapponese e servito con polline d’api, erbe bruciate e verdure stagionali sempre diverse. Alcuni di questi piatti, come il risotto, sono disponibili anche durante la stagione invernale al ristorante 67 Sky Lounge, aperto da novembre a marzo come alternativa di qualità – sempre coordinata da Cassanelli – alla chiusura stagionale del ristorante stellato.
“Lux Lucis”, ovvero, “luce della luce”. Non è una ripetizione, ma un’espressione in latino dal duplice significato: innanzitutto, la luce come qualcosa di corporeo, materiale e iscritto nella visione, che rende possibile la percezione di oggetti e ambienti illuminandone profondità e perimetro. Poi “lux” intesa come creatività, conoscenza ed esercizio intellettuale, in grado di svelare l’autenticità di una cucina che è allo stesso tempo materica e spirituale, del territorio ma senza confini. Così la brigata dei cuochi e il bancone a vista, il profilo delle Alpi Apuane e tutti gli altri elementi paesaggistici incorniciati dalle ampie vetrate della sala sono parte di un’unica esperienza di luce, che ci immerge nello spazio e nei sapori del luogo.