Sono note agrumate e di bosco quelle che avvolgono gli ospiti che varcano la soglia di Locanda de Banchieri, resort sulle colline della Lunigiana che Giacomo Devoto ha totalmente ristrutturato, ridando splendore a un’antica dimora nobiliare del XIV secolo. Il profumo per ambienti è stato ricreato dalla mamma dello chef-patron, Maria Candida Gentile, naso affermato nel mondo della profumeria di nicchia che ha firmato pure tutta la linea cortesia da bagno delle quattro camere della locanda, luogo di alta ristorazione e ospitalità sartoriale che la Michelin ha recentemente premiato con una stella.
Entrambi, madre e figlio, hanno scoperto la propria vocazione, rispettivamente nella cosmesi e nella cucina, durante il periodo in Valle d’Aosta: negli stessi anni in cui Maria Candida frequentava la scuola di Grasse dove si è diplomata come prima donna italiana maître parfumeur, nel 2003 Giacomo aveva rilevato una baita trasformandola in una destinazione gastronomica esclusiva a 2.400 metri di altitudine: «Ho ospitato dal primo ministro della Danimarca a una parte della famiglia reale di Svezia. Di giorno si lavorava sulle quantità e preparavamo panini per circa 500 persone, la sera si poteva salire in cima solo con il gatto delle nevi da Champoluc, e si proponeva un solo menu molto più ricercato». Un’operazione che si è rivelata strategica nella formazione imprenditoriale di Devoto che ha faticato non poco per portare acqua, luce e gas fin quassù, oltre a seguire ben cinque ristrutturazioni conservative dell’edificio.
Il progetto di Locanda de Banchieri
Dopo aver venduto l’attività nell’estremo Nord-Ovest italiano, ha trovato la propria dimensione a Fosdinovo, in provincia di Massa e Carrara, a metà tra la Riviera Apuana e l’Appennino Tosco-Emiliano. «Consumiamo solo 15 kilowattora al giorno – dichiara Giacomo – l’esperienza valdostana mi ha insegnato a essere maggiormente consapevole. Così, ho condotto uno studio energetico prima dell’apertura, mettendo a punto una proposta di cucina complessa e di gusto senza impattare negativamente sull’ambiente in termini di emissione di anidride carbonica».
Un pensiero che fa eco anche nei quattro ettari di terreno che circondano questo casale, rimasto disabitato per 13 anni prima dell’ingresso dello chef: «Ci siamo presi cura anche di questo spazio verde, valorizzando la produzione di olio extravergine d’oliva con cultivar di leccino e razzola, e poi abbiamo un orto itinerante che cambia in base alle stagioni. Il contesto bucolico è completato da oche, polli e galline; il pollaio ora è in ripopolamento: quest’estate un tasso ha depredato l’area».
Il menu tra mare e collina
Per il suo menu, Giacomo ha osservato il territorio, ha viaggiato tanto in auto attraverso i valichi delle Apuane e ha studiato sui testi di Salvatore Marchese e Angelo Paracucchi (tra l’altro fece il suo primo stage proprio alla Locanda dell’Angelo, dopo aver lasciato gli studi superiori in ragioneria). «Il mio modo di costruire il piatto è semplice: cerco di usare la consapevolezza del luogo in cui mi trovo per trasferirla sulla creatività, in modo sempre comprensibile. La Lunigiana ha un’anima di montagna, dall’agnello di Zeri presìdio Slow Food ai funghi, ma mi consente di allargare tantissimo la mia veduta gastronomica arrivando fino al mare». Non a caso, uno dei piatti a cui è più legato è il Risotto all’estratto di zuppa di mare, concentrati di mare, erbe selvatiche e spontanee, «rispetto a un classico risotto di pesce è più elegante perché è tutto setacciato, il pesce non si vede ma si sente; poi ci sono tre salse di mare realizzate con lische, testa e carapaci, e ognuna dà una sensazione diversa. Intorno al piatto disponiamo cinque erbe che aiutano questo gioco di equilibrio gustativo: perlopiù ruotano ma menta selvatica ed erba cedrina non cambiano mai. Sono le ultime che consigliamo di assaggiare».
Naturalmente non manca il piccione ma con una personale interpretazione: «Farciamo tutta la coscetta e la ricomponiamo dritta con il quinto quarto, le ali invece vengono usate come insalata di rinforzo, giocando con prugne e olive. C’è poi un bocconcino di foie gras e il filetto viene insaporito con una base di colatura di alici. Il petto lo cuociamo in carcassa alla francese e riposa poi nel suo fondo a una temperatura di circa 48 gradi». Il suo legame con la Val d’Aosta esce con la voce “selvaggina a mano libera”, dove alterna quella da penna o ungulati. I dessert si dividono tra chi ama il gusto dolce e chi invece preferisce qualcosa di più fresco e vegetale, come per il Salviamisù caratterizzato da un “caffè” di salvia e ananas che bagna il savoiardo, una cake alla salvia e crema al mascarpone con foglie di salvia cristallizzate. «Il tocco segreto è una goccia di aceto balsamico di Modena che dà la parte acida». C’è poi un omaggio a Cantine Lunae (dista soli 12 minuti di auto ma si trova già in Liguria) di cui Giacomo ha scelto il liquore di Persichetto “Essentiae” per una ricetta che sa di mandorla e zabaione.
Intorno si è circondanti dalla bellezza, non solo quella della natura (chi pernotta può fare colazione à la carta e ammirare persino la Corsica se il cielo è limpido) ma anche d’autore. “Tavole ad arte” è il progetto a cura di Giada Gasparotti con cui ogni due mesi si cambiano opere e artisti. Per l’occasione organizziamo un vernissage e in quel giorno interpreto un quadro trasformandolo in piatto: tra i più interessanti che ho creato in questi anni c’è la Pappa in verde, ispirata dai giochi di luce di Michele De Luca. È una sorta di pappa al pomodoro che sa di clorofilla».
Tra conferme (la pizzeria) e novità (il catering)
Se il profumo resta il fil-rouge di questa esperienza (che si può anche acquistare in loco nella boutique dedicata per avere un ricordo della locanda) a colpirvi non sarà, però, quello del pane che in realtà non è fatto proprio “in casa”. Viene sfornato da Officine del cibo, rinomata pizzeria napoletana a Sarzana di cui Giacomo è socio insieme a Gianmarco Ferrandi, pizzaiolo e lievitista che prepara il pane anche per Locanda de Banchieri: «Il nostro è un pane cafone, la mia bisnonna tra l’altro era di Napoli, ed è ottenuto dall’impasto che avanza della pizza, cotto nel forno spento; poi, ce n’è uno gluten free con la farina di riso venere di Riso Buono, una focaccia briosciata e un lievitato speciale che cambia durante il corso: in questo momento è impastato con farina di ghiande di quercia». Alcune di queste referenze si possono trovare anche da Fuìn, la vicina bottega che nel 2025 diventerà una vetrina online e un brand specializzato in catering di qualità.