È limes e limen– rispettivamente, dal latino, limite e soglia – la nuova casa che ospita il ristorante Da Lucio a Rimini, a cavallo dei frangiflutti della darsena del Molo di Levante di Rimini. Un luogo evocativo e significativo, sospeso tra un fuori e un dentro, che separa e al tempo stesso mette in contatto due mondi, mare e terra, amalgamando culture, identità e prospettive. Una balena di acciaio, legno e vetro progettata per accogliere e mettere in scena la verità del cibo, le sue forme, l’essenza. Non pesce sfilettato, spinato ed elegantemente impiattato; non filetti o guancette di manzo imbustate, cotte a bassa temperatura e poi scottate in padella. Ma carcasse intere frollate, sezionate, marinate, grigliate, infornate e sporzionate in mezzo alla sala per generare uno scambio ininterrotto di azioni e reazioni tra cuoco e cliente, tra attori che diventano spettatori e viceversa. «Questo posto è sempre stato il mio sogno, un luogo unico, iconico, in mezzo al mare» – racconta Jacopo Ticchi, chef, patron e prestigiatore del pesce frollato nose to tail –. «A Rimini c’è un “prima della spiaggia”, la spiaggia e poi l’acqua. È raro trovare un posto che si tuffi nel mare. Questo era il trampolino giusto». Seppur malmesso e inutilmente vasto, Jacopo vi intravede la possibilità di concentrare in uno spazio unico cucina e servizio, azzerando le distanze, rendendo fluidi i percorsi. «Avevo pensato di fare con calma, di prendermi il giusto tempo per trovare ciò che cercavo, ma quando ho capito che qui c’erano i presupposti giusti per dare forma al mio ristorante ideale ho fatto in modo di averlo. E nel giro di una settimana è diventato mio». La forma e la coerenza gliel’hanno data i due architetti Marco Monticelli e Mattia Santucci che, dopo essersi confrontati con lui e “saggiato” la capacità e le potenzialità del luogo, lo hanno immaginato con il forno a legna, la griglia e i banchi di lavoro che diventano pass in posizione centrale, baricentrica rispetto ai tavoli. «Non tanto per farsi vedere quanto per vedere, incrociare lo sguardo dei commensali», specifica Ticchi. Lo spettacolo, qui, del resto, non è tanto la cucina quanto il mare. E così tutti – cuochi, camerieri e clienti – possono assistervi godendone all’unisono.
Cantina Puiatti
Trovarsi alla stessa latitudine del sud della Borgogna significa avere una predisposizione pedoclimatica estremamente favorevole alla coltivazione della vite: lo dimostrano i vini di Cantina Puiatti, ben rappresentativi del territorio friulano, in particolare della zona compresa tra Gradisca e Romans d’Isonzo. Parte del gruppo Angelini Wines & Estates, la cantina si distingue per una struttura moderna che si integra armoniosamente nel paesaggio, in linea con la filosofia di semplicità che caratterizza Puiatti. I 42 ettari di vigneto godono del microclima mediterraneo e della bora fredda e secca proveniente dai Balcani; questi fattori, uniti a una buona esposizione solare, regalano alle uve aromi intensi e croccantezza. L’azienda produce vini che fermentano e maturano esclusivamente in acciaio, puntando a un sorso verticale e pulito dove freschezza, sapidità (data dal suolo ghiaioso) e acidità sono i tratti distintivi. Nella linea dei Monovarietali si distinguono la Ribolla Gialla, proposta anche in versione spumantizzata con Metodo Classico, il Pinot grigio e il Friulano, varietà autoctona dall’equilibrio e dall’aromaticità inconfondibili.
puiatti.com