Italesse

In alto il calice

Ecco il nuovo T-Made 95 Oslavia di Italesse.

Progettare un orologio meccanico di alta precisone. Restaurare un affresco antico. Padroneggiare l’arte della ceramica. Alla base di queste attività ci sono abilità tecniche, esperienza, una particolare attenzione alla selezione dei materiali e una grande precisione esecutiva. Tutti elementi fondamentali per raggiungere risultati di eccellenza coinvolgendo pienamente i sensi. Degustare un vino non è da meno e per comprendere l’anima dei vini dell’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia ci sono voluti 12 mesi di lavoro tra fasi di studio e progettazione, caratterizzati nello specifico da 320 degustazioni con 14 differenti calici test e 5 differenti prototipi per individuare la forma definitiva e super performante di un nuovo calice. 

Stiamo parlando del nuovo calice T-Made 95 Oslavia, frutto di un approccio collaborativo attraverso il coinvolgimento di Massimo Barducci, ceo di Italesse, Paolo Lauria, Sommelier e Head of Marketing di Italesse, e dei produttori di APRO (Dario Princic, Fiegl, Gravner, Il Carpino, La Castellada, Primosic e Radikon). Già, un’eccellenza in fatto di cristalli, un calice meraviglioso soffiato a bocca e lavorato rigorosamente a mano – dalla forma elegante e dai contenuti tecnici avanguardisti – firmato dalla prestigiosa bottega triestina, che prosegue dunque il percorso intrapreso dalla stessa casa triestina con il Progetto Senses, volto a valorizzare l’unicità del territorio.

«Riuscire a valorizzare il lavoro compiuto da questi produttori con un calice è stata una sfida tecnica stimolante – sottolinea Massimo Barducci –. Farlo realizzando un calice anche esteticamente bello e straordinariamente leggero è stata un’importante soddisfazione che ci spinge a proseguire su questa strada».

Progettato appositamente per gli orange wine, in particolare per i vini macerati di Oslavia a base di Ribolla Gialla, il “leggerissimo” e altrettanto confortevole T-made 95 Oslavia riflette l’impegno nel promuovere la cultura del calice professionale, arricchendo non soltanto l’esperienza di degustazione, ma in particolare, mettendo in luce le peculiarità degli areali vinicoli.

«Oggi, grazie a questa collaborazione, in qualsiasi luogo del mondo si decida di degustare un buon vino Orange, sarà possibile farlo con un bicchiere che porta il nome di Oslavia, simbolo della nostra identità. Dopo il successo del percorso delle panchine arancioni, che attrae ogni giorno visitatori capaci di meravigliarsi degli scorci incredibili del nostro colle, questo bicchiere diventa un ulteriore sigillo che unisce la degustazione del vino alla memoria del nostro territorio». Sottolinea, con orgoglio Saša Radikon, presidente dell’Associazione, nonché grande interprete di questo nettare.

«Quella di T-made 95 è, a tutti gli effetti, una manifattura capace di stimolare i cinque sensi e fare emergere i pregi dei minimi dettagli con nitidezza», prosegue ancora Paolo Lauria. Ed ha ragione, perché il coinvolgimento sembra davvero essere totale, dato che inizia con il tatto che stringe tra due dita lo stelo del calice, incalzato a sua volta dall’orecchio intento ad ascoltare il suono della mescita, mentre l’occhio osserva i colori luminosi dalle mille sfumature della sensazionale Ribolla Gialla di Oslavia, preparando la scena all’olfatto per catalogare profumi e ricordi stipati nell’archivio della memoria. Il tutto si chiude con il gusto che sancisce la verità intima del degustatore, il quale, effettivamente, con questo specifico calice, non può fare a meno di notare così tanta bellezza e precisione.

Nello specifico, la forma della coppa, caratterizzata da ampie e avvolgenti pareti e da un proporzionato bevante, è stata studiata per esaltare l’eleganza del vino. Il fondo ampio e piatto è stato pensato per stemperare l’impatto alcolico ed esaltare morbidezza e complessità dell’alcolicità, grazie all’ampio rapporto tra superficie e ossigeno. Infine, il diametro dello stesso bevante è stato calcolato in modo da valorizzare la freschezza e l’equilibrio al palato.

Italesse continua così il percorso fondamentale che riguarda la concezione primaria del contenitore, dove il “rito” della degustazione (quella seria ed efficace) pare rinnovarsi a ogni sorso; e grazie, in questo caso, al duro lavoro dei vignaioli goriziani e alla qualità straordinaria del suo vetro cristallino, in grado di influenzare tangibilmente la percezione del contenuto. 

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