Durante il lockdown il food delivery ha preso piede in tutte le città, tra ricerca di evasione gastronomica e comfort food tradizionale. Se a Bologna a farla da padroni sono stati soprattutto pizza e burger, a Cagliari Marina Ravarotto dal suo Chiaroscuro manda a casa, anche con i kit componibili, tipicità come filindeu e pane frattau. A Firenze, il Four Seasons Hotel – che all’Atrium Bar propone cocktail, pizze, sushi e alcuni piatti signature dello chef Vito Mollica a Il Palagio, il ristorante stellato per il momento attivo con un solo, esclusivo tavolo – consegna a domicilio il brunch della domenica con un menù settimanale. Tra le (poche, naturalmente) novità positive generate dalla pandemia, c’è anche quella di vedere avverarsi un piccolo sogno gourmet: avere i piatti dei propri locali preferiti – anche lontani – a casa (a scapito, tuttavia, della sostenibilità per via dell’inevitabile carbon footprint). Soprattutto in città più piccole o in provincia, infatti, molti hanno optato per la formula box, da spedire in tutta Italia e con le preparazioni da ultimare ai fornelli domestici. Riuscitissimo l’ImbutoBox, con cinque portate a sorpresa – ma in perfetto stile con la proposta “audace e romantica” di Cristiano Tomei – che arrivano a casa con spedizione refrigerata e le indicazioni per portarle in tavola, con pochissimo lavoro da fare ma con godimento (e divertimento) assicurato, a cominciare dalla Bistecca Primitiva. Da Modena, la Franceschetta 58 ha spedito fino a Milano – in date prestabilite – i box con i piatti pensati da Massimo Bottura come l’Emilia Burger o la torta sabbiosa. I fratelli Alajmo hanno creato In.gredienti at home, con la consegna di prodotti, vini, piatti e preparazioni di gastronomia o la spedizione dei box “I consigli di Max” per i diversi momenti della giornata. Mentre dalle Marche arriva Made in Senigallia, la “box emozionale” che ricrea l’esperienza gourmet della cittadina mettendo insieme sughi e salse, conserve di mare, pane di segale, biscotti, torte e amari firmati da Moreno Cedroni, Paolo Brunelli, Pandefrà e l’Enoteca Galli. Anche la pizza valica i confini regionali: dal Kit Cilentina – per ricreare a casa la “pizza cilentana” di Valentino Tafuri, con basi focaccia e condimenti made in Cilento – da 3Voglie a Battipaglia, al progetto I Tigli a Casa che porta in tutta Italia (Sardegna esclusa) basi precotte, ingredienti per la farcitura e i consigli di Simone Padoan per ottenere il perfetto risultato di gusto ed estetica delle sue pizze.
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«Possiamo dire, senza voler peccare di presunzione, che nel weekend della scorsa Pasqua la maggior parte della carne sulle tavole dei milanesi era nostra». Luca Ballabio, 26 anni, è uno dei tre giovanissimi – gli altri due sono i trentunenni Filippo Sironi e Gianmarco Venuto – artefici del progetto Il Mannarino. Durante il lockdown, questa macelleria di quartiere con cucina ispirata ai tipici format pugliesi – due le sedi a Milano, aperte a giugno e dicembre 2019: Piazza De Angeli 1 e via Carlo Tenca 12 – ha ripensato in tempi da record il suo modello di business, puntando sul delivery e l’e-commerce nazionale e convertendo i propri cuochi in macellai. Risultato: raddoppio di fatturato con 600mila euro solo ad aprile e picchi di oltre 1.500 consegne in tutta Italia (di cui circa 1.200 a Milano) nei weekend. Le cifre si sono ora attestate su un range di 500 al giorno e le previsioni di chiusura del 2020 sono di 6 milioni di euro. Le ragioni del successo? «Una forte community – conferma Ballabio – che si fida del brand. In un momento in cui gli ordini online e i supermercati erano al collasso abbiamo approfittato di un buco nel mercato garantendo un servizio efficiente. E resteremo competitivi perché offriamo un ottimo rapporto qualità-prezzo, poco al di sopra della gdo, in linea con le macellerie di quartiere». La filiera è super controllata, per ogni taglio sono stati scelti i migliori allevatori e distributori: il grosso viene dalla Puglia, ma il filetto dall’Irlanda, il controfiletto dall’Argentina, la lombata dalla Germania. I bestseller si confermano le bombette pugliesi e gli hamburger: «Che sono fatti interamente con 100% di pancia di scottona italiana 18 mesi. Lavoriamo quasi tutto all’interno dei nostri laboratori, facciamo moltissima ricerca e numerosi test prima di inserire una nuova referenza. Abbiamo unicità come la zampina di Sammichele e a breve inseriremo più carne bianca». A settembre Il Mannarino (nome mutuato dal coltello usato per tagliare la carne) inaugurerà un nuovo hub per implementare le lavorazioni e l’attività di delivery, in attesa di una terza sede nel Nord Italia e dello sviluppo del brand all’estero, con un occhio a Stati Uniti, Svizzera o Germania: «Il nostro obiettivo è di riuscire ad aprire 20 store entro il 2023».
foto Alajmo.it, Il Mannarino
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