Non più solo easy listening, o radio come medium caldo (per dirlo alla McLuhan) e scarsamente partecipativo, da ascoltare distrattamente in sottofondo: nell’overdose di immagini e dirette del momento attuale, l’audio – e quindi il podcast – si afferma sempre più come uno strumento di comunicazione comodo, versatile, poco impegnativo nella fruizione (è perfetto da ascoltare in macchina, o anche sotto l’ombrellone) ma ideale per l’approfondimento. Anche enogastronomico.
Ecco allora due podcast dedicati a cibo e vino, divertenti e istruttivi. Tutti da ascoltare.
Economista, Dj e scrittore appassionato di cucina popolare – quella delle case e delle nonne, in carne e ossa e non create ad arte dallo storytelling gastronomico – Daniele De Michele (aka Donpasta) negli anni è diventato performer, regista ma soprattutto sempre più “attivista” del cibo, pronto a mettersi in viaggio per raccogliere, raccontare e tramandare (e in qualche modo preservare) ricette, tradizioni e storie che rischiano di andare perdute insieme ai loro artefici: i nonni.
Complice il periodo di isolamento casalingo, affiancato dal team editoriale di Audible – società Amazon leader nell’audio entertainment di qualità (audiolibri e podcast) – ora ha riunito il suo archivio di saperi, consigli, tradizioni e sapori frutto di 10 anni di lavoro in formato podcast: dal 6 luglio è disponibile in esclusiva su Audible.it La Repubblica del soffritto. Ventidue episodi da 45 minuti con due protagonisti ciascuno, accomunati da piatti, luoghi o aspetti personali, in cui la sua voce narrante – inconfondibile, mai distaccata – si affianca a quella delle “nonnine” (ma c’è anche qualche uomo).
Così, di episodio in episodio, si svelano ricette, ingredienti, tradizioni culinarie iper-locali e familiari ma anche luoghi, storie personali ed esperienza di vita intensa come la Resistenza, la guerra, la scelta di un’agricoltura etica. «Negli ultimi dieci anni se non di più – racconta Daniele – ho intrapreso questo viaggio che è stata un’esperienza di conoscenza intima, antropologica, alla riscoperta delle tradizioni del nostro Paese. È un progetto che nasce da lontano, dai ricordi di nonna Chiarina che mi ha cresciuto a parmigiana e focaccia; ma durante il lockdown ho sentito l’esigenza umana di rendere disponibile questo grande archivio multimediale approfittandone per “metterlo in ordine” e ricordare le emozioni più forti che avevo vissuto nei miei incontri».
Ogni intervista è stata remixata con approccio “da Dj”, con un’intro musicale – il “sound del soffritto”, elemento gastro-culturale che nelle sue mille varianti unisce le cucine di tutta Italia – e il racconto delle ricette rigorosamente a occhio, mescolando i ritmi lenti della cucina casalinga a un linguaggio moderno: «Per far questo l’unico strumento possibile era il podcast che permette di raccontare tutto, di mostrare l’alchimia degli incontri, la magia dei silenzi, permette di pensarci un po’ su, grazie ai tempi dilatati, che sembrano quelli del cucinare per bene».
E infatti, la presentazione virtuale del progetto – un giovedì – è stata scandita dai tempi della preparazione live degli gnocchi da parte di tre “nonnine” da differenti località, tre ricette simili ma diverse poi mangiate in compagnia di figli e nipoti, che nel viaggio di Donpasta hanno fatto da raccordo generazionale e spunto gastronomico (giacché si cucina per chi si ama): Ornella, ex fornaia di Montemiletto (Avellino), impasta farina, patate locali, un uovo della gallina, li incava a mano e li condisce con il ragù alla napoletana con le tracchiolelle, cotto nella pentola di creta che dà un altro sapore. Marinetta, 92enne di Reggio Emilia specializzata nella raccolta e conservazione di erbe aromatiche – le sue “droghe” – usa il burro per il soffritto e nel ragù emiliano mette salsiccia, carne tritata e un po’ di vino bianco, ma niente latte (come si fa invece a Bologna). Giuliana, da Firenze, li riga con la forchetta per farli “più leggeri” ma mette un po’ di burro nel “sugo fiorentino” – con soffritto, pomodoro fresco e basilico – per condirli. Quasi una bonus track che ha fatto da intro a un ascolto divertente, istruttivo, a tratti commovente.
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Poco più di cinquant’anni fa Mario Soldati si mise in viaggio per l’Italia meno nota per raccontarla attraverso vini e sapori, inizialmente sul settimanale Grazia, dando di fatto il via al giornalismo enogastronomico nel nostro paese. Pubblicato nel 1969 da Mondadori il suo “Vino al vino. Alla ricerca dei vini genuini” (riedito da Bompiani nel 2017 in versione integrale anche con gli articoli scritti successivamente per altre testate) è ancora oggi in qualche modo un modello e un riferimento – insieme ai testi di Veronelli – per chi si occupa di questi argomenti, per quanto inevitabilmente datato sotto alcuni aspetti. Antonio Boco e Paolo De Cristofaro, giornalisti e degustatori di vino che insieme curano l’eno-blog Tipicamente.it, hanno deciso di ripercorrerne le tracce in formato audio con i 10 episodi (per ora) del podcast gratuito pubblicato su Spreaker, YouTube e altre piattaforme. Dopo il numero zero dedicato all’introduzione del libro (intitolata “Il momento del Vino”), ogni puntata è dedicata a un territorio e a un capitolo del libro – non necessariamente in ordine cronologico – raccontato attraverso l’esperienza di prima mano dei due autori, i vini locali e le parole di colleghi o altri personaggi del luogo.
«Il libro di Soldati, che ogni appassionato di vino non può non leggere anche oggi, è un anti-manuale: il suo è stato un viaggio soprattutto antropologico, in cui l’autore si prende il gusto di raccontare, e anche criticare, un mondo del vino lontano dalle grandi aziende, puntando soprattutto alla scoperta di territori e persone. Quasi un manifesto del “vino artigiano” in cui talvolta è fin troppo tranchant, molto poco tecnico, ma regala riflessioni sul vino che spesso si rivelano incredibilmente attuali e indovinate; per esempio quando scrive – all’epoca – che sarebbe arrivato un momento in cui l’industria avrebbe prodotto dei vini volutamente considerati difettati per essere apprezzati da chi ama il “vino contadino”, anticipando di fatto il fenomeno dei “vini naturali” ma anche della birra crafty e in generale l’avvicinamento del mondo industriale a quello artigianale», racconta Antonio Boco. «Noi abbiamo cercato di rileggerlo senza agiografia, senza metterlo su un piedistallo ma prendendolo come pretesto per raccontare a modo nostro territori e persone con lo stesso approccio “malinowskiano”, da osservatori partecipanti; e, quando possibile, per fare una riflessione su come e quanto siano cambiate le cose. Ci permettiamo anche, talvolta, di giocare un po’ con Soldati o sconfessarlo, come ad esempio quando aveva previsto che i vini dolci sarebbero stati il futuro dell’enologia italiana: non è andata proprio così».
Il risultato è un ascolto divertente e stimolante che dall’Etna al Golfo di Napoli, passando da Toscana, Piemonte e altre regioni, dà un’immagine fresca e senza troppi filtri del vino italiano, coinvolgendo anche personaggi come il produttore Francesco Ricasoli – che racconta la “formula segreta” del Chianti secondo l’antenato Bettino Ricasoli, il Barone di ferro che fu anche Presidente del Consiglio –, Emo Lullo – pasticcere abruzzese nipote e omonimo del fondatore della pasticceria di Guardiagrele dove Soldati si fermò ad assaggiare le dolci “sise delle monache” – o Filippo Marchi, che produce tappi, racconta vini ma soprattutto è un modenese intriso di cultura e territorio. A margine di ogni episodio, anche una playlist di “cose belle” selezionate dagli autori e dai loro ospiti: letture, video, musiche, consigli di viaggio e di sosta, cantine da visitare, bottiglie da bere e tanto altro.
Blog: tipicamente.it
Spreaker: spreaker.com/show/vino-al-vino-50-anni-dopo
YouTube: Tipicamente Channel
foto di apertura Shutterstock
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