Giovani, caparbi e curiosi, con un linguaggio gastronomico definito e riconoscibile nella sua italianità, anche quando “contaminato”. Ecco il team azzurro della nuova ristorazione. Chiamarlo capitolo – atto, episodio – è riduttivo: non è un momento di snodo, una stagione di transito, quella che sta vivendo la cucina italiana contemporanea. È un’altra storia, un altro libro, scritto a più mani da cuochi caparbi e intelligenti, interpreti dalla precisa personalità, con una “voce” gastronomica definita (o in veloce via di definizione) e un linguaggio riconoscibile. Un movimento che sembra interessare tutta la ristorazione, da quella alta a quella “di mezzo” fino all’estremo popolare (il “fast casual”) – classificazioni anche discutibili – certamente indebitato al lavoro dei grandi cuochi della nostra tradizione, ma più strettamente legato all’esempio di nuovi mentire in qualche modo anche già emancipato. Molti di questi interpreti sono giovani, alcuni millennials, a loro agio su Instagram come ai fornelli. Quasi tutti hanno viaggiato e tutti fanno – se la fanno – della contaminazione un volano intelligente per un discorso gastronomico che resta al 100% italiano, e anche in questo risiede la loro forza.
Noi abbiamo scelto di raccontarvi chi ha al massimo 35 anni (consapevoli che della nuova cucina italiana fanno parte innanzitutto Niko Romito, Antonia Klugmann, Piergiorgio Parini, Riccardo Camanini, Paolo Lopriore, per esempio) perché il futuro-futuro, il dopodomani, è in mano a loro. Per selezionarli abbiamo arruolato un manipolo di valorosi colleghi di penna, di chilometri e di calorie. Palati intelligenti, ciascuno con la sua lista di scoperte. Le abbiamo incrociate e passate al filtro delle agende degli chef – ci sarebbe piaciuto avere qualche donna in più: è vero che le donne impiegate nel settore sono purtroppo una quota minoritaria (in più abbiamo dovuto registrare due defezioni last minute). In 21 sono arrivati alle Cavallerizze del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano: molti già amici, curiosi l’uno dell’altro, spontanei, emozionati. Lo eravamo anche noi, impossibile non farsi contagiare dalla loro voglia di scherzare, ridere, dalla felicità (l’hanno ripetuto a più riprese) «di trovarsi tutti insieme, una cosa che non capita mai».
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