Nel mezzo della foresta della Svezia meridionale, ho faticato a tenere il passo della chef Rosio Sanchez. Mentre i rami degli alberi mi frustavano a ogni passo, lei proseguiva agilmente attraverso la densa vegetazione. Era questo un ritorno all’infanzia? «Io sono di Chicago», mi ha risposto Sanchez ridendo, «di campeggiare non se ne parlava». C’è stata, però, l’esperienza di cinque anni al Noma. Da chef pasticcera di René Redzepi, Sanchez ha certamente imparato a muoversi nel territorio nordico dal suo mentore, il più celebre e strenuo sostenitore del foraging: la pratica di raccogliere cibo selvatico nel suo ambiente naturale. Io e Sanchez ci trovavamo da Stedsans in the Woods: resort, ristorante e azienda agricola di permacultura immerso nella natura, fondato dalla coppia danese Mette Helbæk e Flemming Hansen. Stedsans sorge su un’area di 7 ettari di foresta nelle vicinanze del bucolico lago Halla, a due ore e mezzo di auto da Copenhagen, dove Sanchez vive e lavora. Io stavo seguendo la chef in una sorta di pellegrinaggio culinario – un’occasione di fuga, per lei, dalla frenesia del suo lavoro di ristoratrice e cuoca, un’opportunità di provare l’ultimo esempio della cultura gastronomica nordica basata su destinazioni immerse nella natura selvaggia, di cui sono stati pionieri il ristorante svedese Fäviken e KOKS, nelle isole Faroe. Siamo arrivate per un soggiorno di una notte in una giornata insolitamente calda e ci siamo sistemate in cottage di legno rustici ma confortevoli, provvisti di morbidi letti, biancheria ecologica e finestre dal pavimento al soffitto affacciate sulla foresta incontaminata. Questo viaggio rappresentava un raro momento di svago per la chef, che solo pochi mesi prima aveva inaugurato il suo primo vero ristorante a Copenhagen, Sanchez. Nel 2015, dopo aver lasciato il Noma, la giovane americana aveva aperto Hija de Sanchez, una taqueria nel mercato di Torvehallerne ispirata ai sapori della sua infanzia di figlia di immigrati messicani nel quartiere La Villita di Chicago. Poco dopo aveva inaugurato una seconda sede a Kødbyen, nel quartiere dei macelli di Copenhagen. Infine, lo scorso anno, Sanchez è tornata a lavorare con Redzepi per sviluppare Noma Mexico, un ristorante pop-up durato sette settimane nel mezzo della giungla di Quintana Roo. «Noma Mexico mi ha dato l’idea per creare Sanchez come lo vedete oggi», mi racconta lei. «Se non avessi fatto quell’esperienza, probabilmente avrei aperto un’altra taqueria». Il suo ristorante, infatti, sta già dando impulso a un ulteriore rinnovamento della scena gastronomica di Copenhagen. Lì si possono trovare l’uvaspina nel posole e i gamberetti di fiordo nei tacos; includere gli ingredienti locali è la lezione imparata da Redzepi, anche se Sanchez non tollera compromessi sulle tortillas, tanto da importare il mais Oaxacano per la masa. Nella foresta svedese, comunque, non c’erano tortillas. Il ristorante di Stedsans è rigorosamente nordico e serve pasti semplici e generosi basati su prodotti di stagione. La cucina all’aperto funziona solo con fuoco a legna, quindi ci siamo ritrovati a sorseggiare aperitivi a base di Crémant a fianco di griglie fatte in casa appese agli alberi, prima di raggiungere gli altri ospiti — 12 quella sera — per una cena in stile famigliare. Con l’eccezione di un piatto di maiale grigliato, la cena era basata su prodotti strettamente locali, la maggior parte dei quali coltivati direttamente sul posto o raccolti nei boschi circostanti: asparagi tardivi, cipolle verdi e patate schiacciate. Dopo una lunga e piacevole cena, abbiamo passeggiato fino al lago. Era quel momento magico dell’anno in cui il cielo notturno rimane sospeso in un lungo crepuscolo senza mai oscurarsi del tutto. Siamo saliti sulla sauna galleggiante del resort, una struttura triangolare di legno priva di ormeggi. Mentre andavamo dolcemente alla deriva sulle acque cristalline, lontani mille miglia dal frastuono della città, Sanchez ha versato un mestolo d’acqua del lago sulle braci e, finalmente, ha tirato un sospiro di sollievo. stedsans.org; cottage o tenda più cena al ristorante, €620 circa per due persone. – Ingrid K. Williams
«Ho una vera e propria mania per “Anna dai capelli rossi”, quindi non vedo l’ora di visitare il ristorante di Michael Smith all’Inn at Bay Fortune (sulla Prince Edward Island, dov’è ambientato il libro, ndr). Ogni giorno creano un nuovo menu e lo preparano in un forno a legna lungo 7 metri. Il ristorante non ammette mance. Anna sarebbe d’accordo». innatbayfortune.com
«Voglio assolutamente andare da Monteverde a Chicago. Ho conosciuto la chef Sarah Grueneberg a un evento e siamo diventate subito amiche. Ha un approccio agli ingredienti così diretto e creativo che imparo qualcosa di nuovo ogni volta che la incontro. L’idea di mangiare nel suo ristorante mi entusiasma!» monteverdechicago.com
«Mi piacerebbe moltissimo passare una giornata a mangiare e curiosare nella cucina del ristorante di Alex Atala D.O.M. a San Paolo. Amo il Brasile, eppure non ho mai assaggiato i piatti di uno dei suoi migliori chef». domrestaurante.com.br
«Due cari amici, originari della Malesia, mi hanno guidato in un viaggio alla scoperta del loro paese; prima d’allora, a parte il Rendang di manzo e un vago ricordo di alcuni piatti di noodles, non avevo un’idea chiara della cucina locale. Ciò che ho visto a Kuala Lumpur e a Penang ha cambiato la mia prospettiva sul cibo in generale. Dai piccanti acar sottaceto, oggi uno dei miei condimenti preferiti, agli otak-otak (polpette di pesce cotte al vapore in foglie di banano), al nasi lemak (il piatto nazionale – riso al cocco cotto con foglie di pandano e servito con numerosi condimenti), all’asam laksa (una zuppa di pesce al tamarindo ricca di squisite guarnizioni), al roti canai (quelle focaccine divinamente friabili), al tau foo fah (vellutato budino di latte di soia ricoperto di sciroppo allo zucchero). Amo la complessità di questa cucina temeraria, che deriva dall’affascinante combinazione delle culture malese, indiana e cinese»
«Sono ancora posseduto dai sapori delle province francesi dei Paesi Baschi, dove sono stato per un lavoro estivo quando avevo sedici anni. Sono in posizione strategica tra il mare e le montagne e gli chef utilizzano spezie spagnole per dare più personalità ai loro piatti. Il nostro primo menu Voyage al Café Boulud era ispirato ai Paesi Baschi, tanto da essere stato riproposto l’anno scorso, in occasione delle celebrazioni per i 20 anni del ristorante».
«Lisbona è la mia prossima destinazione di viaggio. Guiderò un viaggio insieme a un’agenzia chiamata Tour de Forks, e non sto nella pelle. In gioventù, ho visitato alcune ex colonie portoghesi in Asia e ricordo ancora i fantastici piatti che ho assaggiato. Da bambina ho passato molto tempo a Cape Cod, che ospita una nutrita comunità portoghese, quindi le mie aspettative sono molto alte! Si dice un gran bene del pesce di Lisbona; altrettanto dei ristoranti di alta cucina. Penso che Feitoria, di João Rodrigues, sarà uno dei primi che visiteremo».
«Sono stato in molti paesi dell’Asia, ma la Tailandia devo ancora vederla. Mi piace molto la combinazione di sapori forti e ingredienti semplici e puri. È una cultura da cui traggo grande ispirazione».
«La mia famiglia è originaria delle Fiji e non mi stanco di ripetere a chiunque non vi sia mai stato che è una delle destinazioni gastronomiche più affascinanti che ci siano. La cucina delle Fiji ha molte influenze indiane e cinesi, ma i piatti tradizionali figiani sono unici. A questo proposito, consiglio vivamente un ristorante chiamato Sweet Laisa’s Kitchen sull’isola principale, Viti Levu. I sapori mi ricordano la cucina di mia nonna, e il pesce è sempre fresco».
Cosa succede quando il premio Oscar Helen Mirren si avventura nel Sud degli Stati Uniti? «Non conoscevo la cucina del Sud finché non ho fatto un viaggio con mio marito da Nashville a Charleston», racconta Mirren. «Lui mi ha iniziata ai piaceri dei buffet all-you-can-eat. I locali che lo praticano si chiamano, di solito, Ruben’s o Mama’s e la cucina è eccezionale». Per un viaggio attraverso il Sud all’altezza della signora Mirren, abbiamo chiesto al coautore della serie di libri “Roadfood”, Michael Stern – un esperto in materia – di consigliarci le tappe fondamentali per gli amanti del buffet.
– Hermitage House Smorgasbord, Nashville Il motto della casa è “Non siamo gourmet, cuciniamo casalingo”; qui infatti vi troverete davanti una parata di piatti “sudisti” appena usciti dalla cucina come pollo fritto e cobbler di pesche caldo. hermitagehousesmorgasbord.com
– Miss Mary Bobo’s, Lynchburg TN Per 75 anni la signora Mary ha nutrito i clienti della sua ospitale casa in stile antebellum: dopo la sua scomparsa è stata acquistata dalla distilleria Jack Daniel’s. Qui potete godervi un vero e proprio banchetto, completo di polpettone e mele al whiskey cotte al forno. Solo su prenotazione. jackdaniels.com
– Fried Tomato Buffet, Kennesaw GA Questo ristorante per famiglie, situato in un centro commerciale, non è bello da vedere, ma il buffet è una delizia per gli occhi e per il palato: dal pollo fritto al cornbread, dai collard greens (una sorta di bietole stufate) al budino alla banana. ftbuffet.com
– Blue Willow Inn, Social Circle GA L’autrice di “Via col vento”, Margaret Mitchell, ha soggiornato più volte in questa casa in stile neoclassico. Oggi ospita uno dei più grandiosi buffet della regione. Riempitevi il piatto di costolette di maiale, dei leggendari biscuits (panini al latticello) e di pomodori verdi fritti. bluewillowinn.com
– Sweatman’s BBQ, Holly Hill SC Provate l’autentica esperienza del barbecue della Carolina del Sud in questa antica fattoria, aperta solo venerdì e sabato. Qui potrete trovare il maiale intero, cotto lentamente su braci di legno di quercia, noce americano e pecan. Non perdetevi la croccante cotenna affumicata. sweatmansbbq.com
– Bowens Island, Charleston SC Questo sgangherato ristorante serve ostriche locali al vapore. Dolci e leggermente salmastre, vengono coperte da un telo di iuta inumidito e cotte a fuoco vivo. Il ristorante più chic del mondo non può reggere il confronto con questa esperienza primordiale. bowensisland.com
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