Nonostante le nuove tendenze, i cambiamenti e le rivoluzioni, c’è ancora una buona fetta di pubblico italiano che concepisce il ristorante come quel luogo in cui si va a mangiare “ciò che a casa non si mangia”. È la storia della nostra ristorazione, contrapposta a quella della cucina familiare, ovvero di un luogo un po’ esotico dove si possono trovare cibi speciali. E non stiamo parlando di caviale o di carne di struzzo ma più semplicemente di una bella bistecca, di una scorpacciata di funghi o di un carosello di antipasti di mare. Anzi, un bel menù di pesce, tutto intero. «Andiamo a farci una mangiata di pesce!», chi non lo ha sentito dire almeno una volta? E dunque il ristorante che serve pescato è un po’ il paradigma mitizzato, quello che piace un po’ a tutti. Forse anche per questo abbiamo perso di vista il fatto che il pesce spesso non sia affatto un prodotto di provenienza locale e che le materie prime servite siano stancamente standardizzate su una sequenza banale, che non valorizza la biodiversità marina: crudi di crostacei (gamberi rossi e scampi), un paio di carpacci, spaghetti o paccheri con i frutti di mare (vongole, cozze e qualche variazione sul tema), pesce bianco (orata e branzino su tutto) e un tragico sorbetto a chiudere. A pensarci bene tutto ruota intorno a questo modello, su un format che non può non prevedere un ambiente un po’ più curato, dove “curato” significa una bella tovaglia, il bicchiere in vetro azzurro e i souvenir del mare alle pareti: attrezzi per la pesca e qualche foto. Questo è il ristorante italiano di pesce, non si scappa. La massima variazione oggi è trovare in menù un paio di sarde a beccafico, ma solo perché la Sicilia è di gran moda.
Poi ci sono quelli che invece sanno che il mare può dare molto di più, che il pescato segue le stagioni e che è meglio mangiare una seppia in inverno e un’orata in estate. E che san bene che la lampuga è un pesce da non mancare e che le canocchie son più saporite degli scampi. Ecco, loro non è che abbiano tanti locali fra cui scegliere. Per fortuna però ce ne sono due di ristoranti in Italia, più o meno alla stessa latitudine, che affacciano su due opposti mari, e che sfuggono allo stereotipo. Il primo si chiama Vecchia Marina ed è una vera osteria marinara, di quelle senza orpelli, dove il pesce è oggetto di culto quando si pesca e quando si cuoce. Gennaro D’Ignazio e famiglia sono veri conoscitori di un Adriatico dai fondali bassi, che sa dare grandi crostacei e conchiglie, pesce di pezzature piccole ma saporito come pochi. Qui la materia prima arriva in tavola con una chiara nozione di come e da dove ci è arrivata, e se si deve maltrattare il mare per averla non arriva. L’unico rito a tavola è la convivialità e ci si ritrova intorno a una padella o un tegame, forchetta in mano, come si farebbe a casa. Sicuramente la migliore trattoria di pesce d’Italia. Il secondo indirizzo è un piccolo locale, l’Alicina a Porto Ercole, dove un cuoco campano, Ivan Silvestri, fa quello che in questa zona di mare bellissimo non si vedeva fare da tempo – cucinare con garbo quel che offre il pescatore, e solo quello – e mette a frutto la sua creatività per condirlo e presentarlo. I due locali hanno due cose in comune: la barca che esce per pescare direttamente per loro e il fatto di non avere nessuna vista sul mare. Non importa, perché con quei sapori il mare è forte e chiaro di suo.
VECCHIA MARINA
Lungomare Trento 37 Roseto degli Abruzzi (TE)
Tel.: 085 8931170
Prezzo medio: 45€ vini esclusi
ALICINA HOSTERIA
Via San Sebastiano 54, Porto Ercole (GR)
Tel.: 0564 832630
Prezzo medio: 45€ vini esclusi
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