La voce di Lorenza Sebasti è concitata, senza tuttavia perdere il suo consueto garbo. È un fine settembre frenetico, a Castello di Ama: «Abbiamo concluso la vendemmia del merlot e iniziamo ora a raccogliere il sangiovese. Siamo nel pieno dei lavori della nuova cantina, un caveau da 80mila bottiglie che ospiterà le annate storiche e che sarà pronto a ottobre 2020. E proprio in questi giorni inauguriamo anche la nuova installazione d’arte». Quella del polacco Mirosław Bałka è la sedicesima opera della straordinaria collezione site specific – oggi curata da Philip Larratt-Smith – dell’azienda di Gaiole in Chianti.
Il titolo è “red nerve”: un filo rosso attraversa in altezza (oltre 20 metri) la cantina-cattedrale per la vinificazione in acciaio e unisce metaforicamente cielo e terra, il regno visibile delle cose tangibili e quello invisibile dello spirito.
Entrata nel 1988 in questo chateau toscano – un sogno realizzato dal padre negli anni 70 – e divenuta Amministratore Delegato nel 1993, da quasi vent’anni Lorenza conduce e tiene vivo un dialogo esaltante tra vino e arte: «Sono sempre stata attratta dal bello, sono cresciuta visitando musei in giro per il mondo e portare qui l’arte è stata in qualche modo una necessità». Il primo personaggio coinvolto fu Michelangelo Pistoletto, nel 2000, a cui poi si sono aggiunti, tra gli altri, Daniel Buren, Kendell Geers, Anish Kapoor, Chen Zhen e Louise Bourgeois: «Per capire il mondo di Ama – prosegue – serve cuore e anima, il mio compito è anche quello di accompagnare gli artisti in questo percorso, farli innamorare e far sì che si lascino ispirare dal genius loci».
La passione per l’arte è condivisa da sempre con l’enologo e direttore generale Marco Pallanti, così come la scelta di non mettere mai in discussione la centralità del vino. Sarebbe scellerato il contrario: da 75 ettari vitati, tra le colline più vocate del Chianti, nascono l’Apparita, capace di tenere testa ai più grandi merlot al mondo, e i Chianti Gran Selezione – tra cui il celebratissimo San Lorenzo – che esprimono con eleganza e profondità il carattere del luogo. «Io e Marco abbiamo sempre creduto in questo territorio, con coerenza, cercando di valorizzare l’appellazione senza piegarsi alle mode o al mercato. Oggi questi vini sono riconosciuti per il loro stile e noi siamo orgogliosi di essere portabandiera del Chianti Classico».
I vini dei due produttori e mecenati sono “fatti apposta per il trascorrere del tempo” anche secondo Lee Ufan, coreano autore dell’opera Topos (Excavated) del 2006. È suo il complimento più bello, scritto su di un biglietto che Lorenza custodisce in un cassetto: «Spero che il mio lavoro possa vivere nel tempo come il vostro grande vino».
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