«Precisione, apertura al cambiamento, consapevolezza, efficienza, generosità, umiltà. L’esperienza al ristorante dovrebbe essere memorabile e accogliente». Così Antonio Begonja riassume quelli che reputa gli insegnamenti principali da trasmettere a chi voglia lavorare in sala. Navigato professionista della ristorazione, Begonja è socio dello chef Jonathan Benno nel progetto di Leonelli Pasticceria & Focacceria and Taberna (ristorante e bakery d’ispirazione italiana) e del Benno Restaurant (indirizzo di fine dining), entrambi all’interno dell’Evelyn Hotel a New York.
Il suo percorso però parte da lontano. Precisamente da Rijeka (Fiume), in Croazia, dove è nato qualche anno prima che i suoi genitori si trasferissero negli Stati Uniti nel 1970. Terminati gli studi alberghieri a Zadar, è cresciuto nel New Jersey e i primi passi li ha mossi, giovanissimo, nel ristorante di famiglia. «Mio padre e mio zio erano professionisti dell’ospitalità, mia madre è una grande cuoca e io cercavo sempre l’occasione per aiutare. In generale, il cibo per me è fonte di ricordi confortanti legati al calore delle cucine e ai profumi di arrosti, dolci e biscotti».
Dopo le prime esperienze in ristoranti semplici – «Ma volevo crescere e imparare, facevo sempre domande» – la svolta arriva con il lavoro al Felidia di Lidia Bastianich, di cui dice: «Ho sempre apprezzato l’impegno a eccellere e fare costantemente meglio». Nel 2005 arriva al Per Se di Thomas Keller, dove diventa prima Maître D’ e poi General Manager: «Era qualcosa di nuovo per me, all’inizio ho avuto qualche difficoltà a imparare le tecniche della cucina francese. Quello che mi piaceva di più era l’etica del lavoro e l’attitudine di sforzarsi a far meglio ogni giorno. È stata un’esperienza indimenticabile, un lavoro al tempo stesso bellissimo e molto impegnativo». Un percorso fatto anche di bassi: «Ci sono state volte in cui ho fallito, temendo una battuta d’arresto. Ogni volta ne sono uscito con ancora più fiducia in me stesso e determinazione. Ho capito che i fallimenti sono essenziali per il successo perché ti danno la capacità di rialzarti e andare avanti. Alla fine, a bloccarci sono proprio le nostre paure».
Dal 2017 ha affiancato Benno (con cui aveva lavorato da Keller) per creare i due locali aperti nel 2018. Lì coordina un team giovane e ansioso di imparare: «È l’aspetto più bello e stimolante di questo lavoro», spiega. «Per mia natura sono una persona umile e a volte mi trovo in difficoltà a parlare di me stesso. Ma mi sento in obbligo di condividere le mie esperienze con le nuove generazioni, in modo che possano crescere professionalmente». Antonio presiede con la moglie Lucy la Philip Begonja Memorial Foundation – organizzazione non-profit per studenti svantaggiati creata in memoria del figlio Philip – ed è docente proprio della scuola Intrecci-Alta Formazione di Sala. «È raro avere a disposizione le risorse necessarie per questa professione. Qui ho la possibilità di fare da mentore e condividere le mie esperienze. So che gli allievi lo apprezzano e un giorno capiranno quanto sia importante fare altrettanto. È l’unico modo in cui la nostra professione possa perdurare. Come è importante che i miei colleghi in entrambi i continenti capiscano che il nostro mestiere non è sostenibile senza scuole come questa. Negli Usa, ad esempio, il servizio di sala è solo uno dei corsi delle scuole di cucina».
A proposito delle differenze tra Europa e Usa, Begonja dice: «Gli Stati Uniti hanno sviluppato un approccio più flessibile all’esperienza del mangiar fuori, mentre mi sembra che gli Europei si aspettino un certo livello di formalità. Nessuna delle due cose è sbagliata, purché lo staff riesca a far sì che gli ospiti passino una serata piacevole. Il punto fondamentale sta nel superare le aspettative del cliente, non nel nostro ego».
In collaborazione con Intrecci – Alta Formazione di Sala
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