Ebru Baybara Basque Culinary World Prize

A Ebru Baybara il Basque Culinary World Prize 2023

Il prestigioso riconoscimento premia l’impegno per l’integrazione, lo sviluppo e la biodiversità in un'area difficile come quella vicina al confine siriano. E anche l’aiuto nelle zone colpite dal terremoto.

Il nome designato come vincitore dell’ottava edizione del Basque Culinary World Prize – il “Nobel della gastronomia” con cui dal 2016 il governo basco e il Basque Culinary Center di San Sebastián premiano il “potere trasformativo” del settore accendendo i riflettori su storie di chef che riescono a produrre un effettivo cambiamento oltre i confini della propria cucina – non sarà noto ai più ma merita di certo attenzione: annunciato nel corso del summit gastronomico Traditions in Motion, organizzato in collaborazione dal Basque Culinary Center e Yoshihiro Narisawa a Tokyo, è quello di Ebru Baybara Demir, chef del Cercis Murat Konağ a Mardin, città dell’Anatolia Sud Orientale al confine con la Siria. Ma la cuoca turca è anche un’appassionata sostenitrice di una “gastronomia sociale” capace di portare sviluppo – volto soprattutto alla popolazione femminile di quell’area del mondo dagli equilibri fragilissimi – attraverso l’integrazione multiculturale, la formazione professionale e la sostenibilità ambientale. Notevole soprattutto il suo lavoro per l’integrazione dei rifugiati siriani, soprattutto attraverso il progetto dell’UNHCR Harran Gastronomy School.

Per oltre due decenni, Baybara ha profuso i suoi sforzi in molti modi: collaborando con organizzazioni internazionali, enti pubblici e privati e cooperative locali, non ha lasciato nulla di intentato per raggiungere i suoi scopi. A Mardin, città in cui scarseggia l’offerta gastronomica, è riuscita ingegnosamente a fare un ottimo lavoro tanto dal punto di vista culinario quanto turistico e di sviluppo: incoraggiando le donne del luogo a mettersi al lavoro nelle proprie cucine per proporre ai visitatori stranieri di cenare nelle dimore storiche della città, non solo è riuscita a creare occupazione ma ha anche dato uno stimolo al turismo. E quando la zona è stata duramente devastata dal terribile terremoto del febbraio 2023, si è messa subito in gioco fornendo pasti caldi a migliaia di persone attraverso il network di volontariato Gönül Mutfağı (Soul Kitchen), grazie a cucine allestite in strutture di fortuna. Mentre il suo impegno più recente va nella direzione della sostenibilità, con il sostegno a From Soil to Plate, cooperativa di sviluppo agricolo che grazie a volontari locali e alla vendita online di prodotti come saponi e confetture mira ad aumentare la produzione e il consumo di grani autoctoni ancestrali come il sorgül. La chef è anche coinvolta in un sistema di gestione degli scarti biodegradabili per il mercato contadino Diyarbakır, che trasforma frutta e ortaggi in avanzo in fertilizzanti agricoli. A lei va il premio di centomila euro assegnato dal BCWP che servirà a finanziare ulteriori progetti sociali di suo interesse .

Oltre a Baybara la giuria – presieduta dallo chef catalano Joan Roca e composta da alcuni dei più influenti chef del mondo – ha designato anche altre due cuoche il cui lavoro è degno di nota: la britannica Nicole Pisani, impegnata nel rivoluzionare il sistema delle mense scolastiche con il programma Chefs in Schools, che pone attenzione sul nutrire tanto il corpo quanto la mente dei più giovani, oltre che le iniziative volte a contrastare la food poverty, dimensione alimentare dell’indigenza; e la norvegese Heidi Bjerkan, che ha affermato diversi modelli di ristorazione basati sull’economia circolare, mettendo in rete piccoli produttori, imprese sociali ed educatori.

Roca ha così commentato il premio a Ebru Baybara Demir: «È uno straordinario esempio di umanità, impegno e forza. In più, i suoi legami con le diverse realtà che compongono al gastronomia sottolinea l’importanza del suolo come uno degli ingredienti di cui ci nutriamo, come pure l’importanza della biodiversità come difesa contro l’avanzare del cambiamento climatico. Il suo lavoro mostra come il cibo possa essere utilizzato come mezzo per integrare rifugiati e sfollati, e la sua capacità di generare opportunità di sviluppo. I suoi sforzi dimostrano anche il ruolo del cibo nel creare spazio per il dialogo tra culture diverse, talvolta in conflitto. Nel corso degli ultimi vent’anni, il lavoro di Ebru è stato quello di trovare risposte a questo genere di questioni, dimostrando in maniera sistematica e persistente quanto connessione, collaborazione e sinergia siano importanti nel risolvere i problemi della collettività».

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