Al Cambio

Al Cambio, il fascino discreto della tradizione

Nemmeno la calura estrema può intaccare l’esperienza di un pranzo al ristorante bolognese guidato da Piero Pompili in sala e Matteo Poggi in cucina. Dove ogni giorno si può mangiare come in un dì di festa, anche in piena estate.

Bologna, una mattinata di fine luglio di una delle estati più calde del secolo. Per strada si boccheggia anche all’ombra e io, dopo aver assaggiato tutti i gusti nelle carapine di Sablè – potrete leggerne di più nel servizio di copertina dedicato al gelato del nuovo numero del magazine, in arrivo tra non molto nelle edicole – continuerei a nutrirmi per tutto il giorno di quei cucchiaini freschi e deliziosi, senza un milligrammo di zucchero o di grasso in eccesso. Il pensiero di mangiare qualcosa di più robusto, e men che meno di caldo, mi spaventa.

Ma a pochi chilometri di distanza un tavolo mi aspetta, così come mi attende Piero Pompili, il restaurant manager del Ristorante Al Cambio, da alcuni anni alla guida dell’indirizzo che mantiene viva e attuale l’autentica cucina della tradizione bolognese. Assieme a lui, un’affiatata brigata di sala e cucina, quest’ultima capeggiata dallo scorso marzo dal giovane figlio d’arte Matteo Poggi, classe 1994, che ha lavorato in insegne di fine dining – a cominciare dalla Francescana – prima di lasciarsi convincere a tornare alla cucina della tradizione, che lui interpreta con entusiasmo e con occhi e mani contemporanei.

Apprezzare tortellini e bollito con questo caldo si profila un’impresa ardua. Eppure, quando varco la soglia del locale in via Stalingrado mi sembra di entrare in una dimensione parallela senza tempo né afa: gli arredi classici ma curati, con tovaglie e mise en place di stampo raffinatamente moderno, e l’accoglienza impeccabile ma informale, mettono a proprio agio una clientela variegata composta da pranzi di lavoro, famiglie di turisti e habitué. Al tavolo accanto al mio, due giovani uomini appassionati ed evidentemente affamati affrontano con invidiabile spensieratezza quello che Pompili definisce scherzosamente “il giro della morte”: salumi, lasagne, tagliatelle al ragù, le monumentali cotolette alla bolognese con l’osso e perfino tre dessert da dividere in due. In effetti, inizio ad avvertire anch’io un certo appetito, stuzzicato dalle profumate fette di mortadella che arrivano in tavola come benvenuto assieme al pane. E allora, che pranzo petroniano d’estate sia.

I miei propositi di leggerezza si sfaldano davanti alla Lasagna alla bolognese, che da qualche tempo a questa parte sta scalzando le blasonatissime – e buonissime – tagliatelle con il ragù (in parte battuto al coltello) come signature del ristorante: sette strati di goduriosa ma equilibratissima felicità composti di sfoglia verde giustamente callosa ma non invadente e cotta alla perfezione alternati a besciamella, ragù e Parmigiano. Decisamente appagante ma non eccessiva, la lasagna del Cambio è stata recentemente inserita dal New York Times tra i 25 primi piatti da assaggiare irrinunciabilmente se si viene in Italia: «Questa ricetta è diventata il nostro vanto», racconta Piero Pompili riferendosi alla menzione sulla prestigiosa testata americana, «rendendoci molto orgogliosi di essere l’unico ristorante di Bologna citato e di esser riusciti a portare così in alto la bandiera della cucina bolognese nel mondo. Tanto che dopo quell’articolo, siamo diventati meta di turismo gastronomico non più solo italiano ma internazionale». Lo dimostrano i diversi idiomi che giungono al mio orecchio da alcuni tavoli.

A conferma che la tradizione non è mai immobile, poi, soprattutto se affidata e menti e mani ricche di talento, accanto a grandi classici nel menu del Cambio non mancano le novità. Ne approfitto e assaggio La parte più buona del bollito: lingua di vitellone accompagnata da maionese di peperoni rossi e salsa verde. È ancora Piero Pompili a raccontarmi come nasce il piatto: «L’Emilia è sempre stata patria dei bolliti, che in passato venivano serviti e sporzionati al carrello davanti ai clienti: un piatto e un’usanza che con gli anni sono andati man mano a sparire, un po’ per la difficoltà di trovare gli spazi necessari ad avere un carrello dei bolliti in sala e un po’ perché la modernità della cucina ha cambiato le abitudini delle persone», spiega da attento osservatore di tutto ciò che accade nella ristorazione da quasi tre decenni a questa parte. «Noi abbiamo voluto riproporre la lingua, che consideriamo la parte più buona del bollito. Partendo dalla cottura tradizionale, abbiamo pensato di renderla ancora più interessante ripassandola in padella: si crea così un “effetto crosticina” sulla superficie che le conferisce una leggera patina croccante che ben si sposa con la morbidezza interna. Devo dire che è uno di quei piatti che è entrato fin da subito nel cuore dei bolognesi».

L’ultima sorpresa me la riserva il dessert: scorro la carta indecisa se cedere a un rinnovato assaggio di Latte in piedi – il dolce della tradizione domestica felsinea, detto anche “fiordilatte”, che nella versione di Max Poggi vede il latte ridotto e caramellizzato e la forma a parallelepipedo da intaccare a cucchiaiate, e che Pompili ha contribuito a riportare in auge – e mi ritrovo a leggere Mezza porzione di tortellini alla panna. Sarà uno sbaglio? Sarebbe strano. In ogni caso, da amante più del sale che dello zucchero, mi renderebbe molto contenta. Invece è proprio così, e mi ritrovo a godermi la più geniale interpretazione del “dolce non dolce” che ci possa essere, avendo la conferma di essere in buona compagnia. «Nasce in realtà dalle richieste di tante persone che non amano concludere il pasto con un sapore dolce. Così, pensando a cosa poter offrire oltre a un piatto di formaggi, è nata l’idea di mettere all’inizio della lista dei dolci i tortellini alla panna, giocando sul fatto che il temine “panna” potesse rievocare qualcosa di dolce», spiega il restaurant manager, raccontando pure come fossero ignari che così facendo avrebbero mandato in tilt diverse persone. «In molti hanno iniziato a chiedersi, e a chiederci, se fossero in effetti dolci; e noi invece lì divertiti a chiarire la nostra intenzione». Compresa, sottolinea Pompili, quella di voler far concludere anche a chi non ama i dolci il pasto con qualcosa che rappresentasse Bologna fino all’ultimo boccone.

Maggiori informazioni

Ristorante Al Cambio
via Stalingrado 150, 40128 Bologna
ristorantealcambio.it

 

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