Moma

Al Moma va in scena un teatro del gusto dai sapori nitidi e riconoscibili

Il ristorante stellato è un contenitore di opere d’arte dove la cucina di Andrea Pasqualucci è protagonista con piatti centrati e profumati, grazie alle erbe aromatiche scelte direttamente dallo chef tra le coltivazioni di un agriturismo nella vicina campagna romana.

Spesso la miglior abilità di un ristorante e di uno chef è quella di stupire gli ospiti con pochi ma essenziali ingredienti, saporiti e riconoscibili, uniti a profumi, spezie o erbe che ne esaltano le caratteristiche, facendoli (ri)scoprire al commensale come fosse la prima volta. Se poi queste qualità vengono veicolate in un’atmosfera elegante e contemporanea, è difficile uscire insoddisfatti. Un esempio di chi di questo approccio ne ha fatto un manifesto è Moma a Roma, l’insegna aperta dai fratelli Gastone e Franco Pierini nel 2002 che, nel 2018, è riuscita a ottenere l’ambita stella Michelin, dopo un lavoro costante e meritevole nel tempo. Il nome è ispirato all’omonimo museo di arte moderna di New York perché per i due imprenditori – conosciuti nel mondo della gastronomia romana per altri progetti come Proloco Pinciano e il bistrot La Buvette – il contenitore dove va in scena l’arte della cucina è un aspetto fondamentale.

«Nella mia testa avevo in mente uno spazio semplice, lineare, luminoso ispirato ai grandi architetti del secolo scorso, su tutti Oscar Niemeyer, il creatore di Brasilia che perseguiva lo spettacolo dell’architettura – commenta Gastone Pierini –. E pensando che anche il cibo dovesse essere uno spettacolo abbiamo realizzato una scenografia che gli fosse congeniale: materiali di grande pregio, come il travertino e il legno naturale, avrebbero dato la giusta importanza ad opere di arte gastronomica. La parola d’ordine di Moma è contemporaneità, che doveva essere ben visibile nelle sculture, nei quadri, nelle fotografie e nel piatto».

Da queste parole possiamo cogliere il concept del ristorante che, alla proposta fine dining al piano superiore, abbina l’anima del bistrot e caffetteria al piano inferiore, con un menu semplice e smart, pensato sempre da Andrea Pasqualucci, lo chef romano classe 1989. I fratelli Pierini hanno dato al cuoco il compito di interpretare la loro visione, convinti delle sue potenzialità e da una gavetta costruita tra le cucine di Aroma con Giuseppe di Iorio, da Oliver Glowig all’Hotel Aldrovandi e infine con Moreno Cedroni alla Madonnina del Pescatore, un’esperienza essenziale per affinare le sue conoscenze sulle lavorazioni del pescato. «Aver incontrato Gastone – racconta Pasqualucci – ha cambiato la mia vita. Ero un giovane cuoco deciso a mettersi in gioco in cucine importanti, come quella di Glowig e Moreno Cedroni, e trovare un imprenditore che avesse così chiara la visione della ristorazione futura è stata per me una folgorazione».

Nelle sue ricette lo chef è attento a lavorare la materia prima in ogni sua parte, scegliendo una filiera corta ed etica che premia le piccole produzioni, come Erba di Regina, piccola realtà locale ai Castelli Romani che nel suo agriturismo coltiva più di 150 tipologie di erbe aromatiche. Le interessanti varietà della Country House alle porte della Capitale hanno avvicinato Pasqualucci a questo mondo: «La mia passione per le erbe è nata dopo aver incontrato Regina, la proprietaria dell’agriturismo, che mi ha fatto conoscere tipologie selvatiche come misticanza, pimpinella, origano. Oggi per me l’aromaticità delle erbe è fondamentale nel piatto, ne cambia il profilo gustativo».

Il menu invernale di Moma non può prescindere da quello che in breve tempo (solo sei mesi) è già un signature, ovvero Ostriche, composta di scalogno e salsa allo Champagne: «Lo chiedono spesso e faccio fatica a togliere questo piatto dal menu». L’ostrica viene cotta a bassa temperatura e terminata con un topping di caviale, insieme al cavolo cappuccio fermentato, rape bianche e una magistrale salsa allo Champagne emulsionata con burro, olio al prezzemolo ed erbe a crudo. L’accompagnamento ideale? Naturalmente bollicine francesi, nello specifico quello di Jean Gimonnet La Guette Premier Cru 2008, un Blanc de Blancs, dalla beva avvolgente grazie ai dieci anni di permanenza sui lieviti, consigliato dal sempre sorridente e puntuale maître e sommelier Federico Silvi. Tra gli antipasti è interessante lo Sgombro marinato, gamberessa e salsa verde, con rapa rossa cipolla rossa in carpione e olio al prezzemolo che permette ai commensali di scoprire le peculiarità della gamberessa, piccolo gamberetto del Mar Tirreno proposto nella sua versione cruda e fritta.

Nel percorso degustazione, incentrato sulla riscoperta di grandi classici e dettato da influenze francesi, gli Gnocchetti integrali, burro nocciola, bottarga di tonno affumicata al caramello e limone candito sono ben calibrati e l’acidità e la sapidità della bottarga viene smorzata dal caramello, presente il giusto ma non invadente, mentre il Brasato di vitella, con crema di rapa rossa, composta di scalogno, misticanza e liquirizia – accompagnato da un eccezionale Barbaresco Riserva Cascina Baricchi 2008, elegantissimo e in forma nonostante i sedici anni d’invecchiamento –  porta con sé un gioco per il commensale: tagliare la carne senza l’utilizzo del coltello, una sfida che lo chef vince senza difficoltà. La forza della cucina del Moma è nei suoi piatti, confortevoli ed eleganti al tempo stesso, e nei sapori sempre ben nitidi che permettono di gustare ogni portata cogliendo le sfumature essenziali.

Maggiori informazioni

Ristorante Moma
Via di San Basilio, 42, 00187 Roma
ristorantemoma.it

 

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