Classe 1990, Angelo Rumolo ha fatto conoscere a molti amanti della pizza il nome di Caggiano, piccolo borgo arroccato attorno a un castello medievale nel Cilento più interno – siamo sull’Appennino lucano, quasi al confine con la Basilicata. Lui ha raccolto il testimone del padre Vittorio e dello zio Nicola, emigranti di ritorno che, dopo un’adolescenza divisa tra la scuola, i campi e le greggi di famiglia, sono rientrati al paese d’origine affiancando la ristorazione ai rispettivi lavori da muratore (e abile scultore) e da idraulico. Così, a poco più di vent’anni si è messo al forno del piccolo locale di famiglia: Grotto Pizzeria Castello, aperto nel 1983 in un ambiente laterale del maniero e oggi convertito in pizzeria al taglio, portando nel paese cilentano la specialità romana secondo la “scuola Bonci”, frutto dell’amicizia profonda e sulla condivisione di un’etica contadina con Gabriele Bonci.
Una scelta lavorativa dettata anche dalla necessità – in famiglia tutti sono da sempre abituati a collaborare e a fare la propria parte, dedicandosi ai campi e alla pastorizia oltre che ai propri lavori – che però il pizzaiolo cilentano ha fatto sua in maniera originale, spinto da curiosità e passione e da un’insaziabile “fame” che lo portava fin da giovanissimo a girare in compagnia della fidanzata Martina (oggi sua moglie e mamma della piccola Ginevra) i migliori ristoranti della zona e d’Italia per affinare il palato e cercare nuovi stimoli.
Sempre disponibile e sorridente, lontano dalle smanie di protagonismo di alcuni suoi coetanei, ad Angelo va così il merito non solo di sfornare pizze strepitose – dall’impasto soffice e ben lievitato e il cornicione abbastanza sviluppato, secondo uno stile contemporaneo che si differenzia notevolmente dai dischi croccanti e “rustici” della tradizione cilentana – ma anche di essere riuscito a innovare e a definire un suo preciso stile e una sua identità forte, legata in maniera particolare al territorio e alle sue tradizioni, senza tradire le origini ma anzi marcando una forte continuità con esse, e con consuetudini e insegnamenti antichi. A cominciare da quelli del nonno di cui porta il nome, scomparso qualche anno fa ma sempre presente nei suoi ricordi: con lui, Angelo ha perlustrato fin da piccolo i boschi e le montagne della zona, imparando a riconoscere piante ed erbe aromatiche, a raccogliere funghi e tartufi tra i noccioleti di famiglia, a far merenda con sapori semplici e antichi che talvolta tornano sulle sue pizze.
Così, la sua attitudine di pizzaiolo forager – marcata dalle uscite all’alba con i cani e dalle passeggiate sull’Appennino – non segue le mode ma nasce da lontano. Come nascono da usanze antiche pizze quali la saporitissima Zammedda, che prende il nome dal tipico sugo di pomodoro maturo cotto per lunghe ore con aglio, olio, basilico e origano. Oggi, poi, quasi tutti i prodotti utilizzati arrivano dall’orto di famiglia, olio extravergine incluso, o dalla cantina in cui stagionano salumi e formaggi spesso fatti in proprio o da piccoli fornitori con cui il rapporto è tanto stretto da essere entrati ormai a far parte della famiglia. Non mancano nemmeno gli omaggi alla storia personale della mamma, che ha lavorato a lungo in Piemonte, come nella pizza A Martina, dedicata alla moglie, in cui verdure e ostaggi di stagione sono accompagnati dalla tipica salsa della bagna cauda.
Riflette un approccio moderno anche la decisione di semplificare il menu, che segue le stagioni e la disponibilità dei prodotti, affiancando le voci classiche con alcune un po’ più particolari – come quella con zucca, salvia, brie di bufala e nocciole tostate, quella con funghi misti, fiordilatte, noci maturate, formaggio Gold altamurano di Dicecca stagionato in grotta e tartufo nero o quella con salsiccia a punta di coltello, cime di rapa, fonduta di formaggio con liquirizia in polvere e confettura di mandarino, nata dall’assaggio della frutta dopo la “merenda” a base di salsicce e broccoli durante la raccolta delle olive – proposte anche la domenica a pranzo nel percorso degustazione denominato Winter foraging.
Certo, il passaggio di consegne non è stato privo di qualche piccolo conflitto: «All’inizio le mie scelte – dall’uso di farine più deboli e la lunga lievitazione degli impasti agli ingredienti, scelti con maggiore attenzione, fino all’olio aggiunto a crudo a fine cottura – non venivano capite del tutto. Si trattava di stravolgere il prodotto che avevamo sempre fatto ma io, anche grazie al confronto con alcuni chef e al mio studio, avevo le idee ben chiare su quello che volevo ottenere. Non basta, ad esempio, mettere sulla pizza delle ricette tradizionali tal quali come la minestra maritata: bisogna alleggerirla, calibrare bene gli ingredienti, le verdure usate e i grassi per far sì che poi di quella pizza non se ne mangi solo uno spicchio ma si finisca con piacere». A vedere oggi questa famiglia numerosa e affiatata, sempre pronta ad accogliere gli ospiti con un sorriso genuino che nemmeno la fatica riesce a velare e tutti impegnati alla realizzazione de Le Grotticelle – la curata struttura di ospitalità aperta nel 2018, con camere e cucina contadina oltre alla pizza, costruita interamente dallo zio e dal padre incluse le sculture in pietra che ne adornano gli ambienti – viene difficile pensare che possano esserci stati dissidi (comunque circoscritti all’ambito lavorativo, e presto dissipati).
È invece all’insegna della piena sintonia la gestione condivisa dalle “nuove generazioni”, che permette di godersi in parte il meritato riposo a Vittorio e Nicola, oggi con un ruolo da supervisori. Ad affiancare Angelo nel reparto pizzeria ci sono il giovanissimo fratello Anthony e Martina – che è anche insegnate di Pilates – al pass; in cucina lavorano il fratello Gherard, 22 anni, e i cugini Angelo e Antonio (rispettivamente 34 anni e 33 anni); mentre in sala ci sono la sorella Angelica (29 anni) e la cugina Veronica, che con i suoi 40 anni è la decana del gruppo: «Siamo cugini fra noi ma è come se fossimo tutti fratelli – dice Angelo – e mentre ognuno ha un proprio ruolo, collaboriamo tutti anche per quel che riguarda gli aspetti amministrativi e le “carte” cui bisogna star dietro. Inoltre, ci confrontiamo spesso e prendiamo insieme tutte le decisioni. Tra noi c’è una forte sinergia e ci si dà una mano l’uno con l’altro: il trucco per andare avanti è questo».