Due ragazzi, dopo aver lavorato in giro per il mondo, superano le difficoltà del periodo pandemico e si ritrovano colleghi in un prestigioso ristorante toscano, diventano una coppia e infine aprono un posto tutto loro. Sarebbe la classica storia a lieto fine, se non fosse che non si tratta della sceneggiatura di un film romantico e che l’apertura di Avus è solo l’inizio di un nuovo capitolo. Quello che Sara Moretti e Alex Saros hanno deciso di scrivere a Marino (Roma), paese famoso per il suo vino e per la sagra dell’uva. E qui c’è già il primo colpo di scena, perché in un territorio fortemente legato alle sue tradizioni, decidono di proporre un tipo di cucina che rispecchia le sensibilità di entrambi e il bagaglio culturale e di esperienze di Alex.
La filosofia green di Avus
Se per Sara, che si occupa della sala, si tratta infatti di un ritorno a casa, lo chef, cresciuto in Toscana ma di origini romene, ai Castelli Romani si sta ancora ambientando. Il menu, si diceva, è fortemente focalizzato sulla valorizzazione dei vegetali, con rare incursioni nel mondo animale. Dalla vetrata che si affaccia sulla cucina è possibile sbirciare il lavoro dello chef che, con piglio serafico, sembra danzare tra il pass e i fornelli, mentre prepara piatti che sottendono preparazioni complesse e una certa cura dei dettagli nella presentazione. Si può ordinare alla carta, ma i menu degustazione sono vantaggiosi (da 3 o 5 portate, rispettivamente a 35 e 55 euro) e allora tanto vale intraprendere uno dei percorsi e godersi l’esperienza.
I tre amuse-bouche mettono subito le cose in chiaro: qui non si butta via nulla, nemmeno le bucce del topinambur che diventano una sorta di cialda per contenere un ripieno, sempre di quello che è anche noto come “carciofo di Gerusalemme”. La lingua nella chips di riso è l’unica concessione carnivora del pasto. Vi è poi un omaggio alle origini di Alex con il leggerissimo Langos (una sorta di pane fritto) condito con un cremoso pecorino romeno. La prima portata è un Assoluto di zucca cotta con olio di sesamo e timo; i semi fritti regalano croccantezza e note tostate, mentre alla base c’è una crema fondente di zucca, scalogno e vermouth; a completare il tutto dei petali (sempre di zucca) tenuti sotto aceto di riso e farciti con una composta di prugna fermentata. Si prosegue con una confortevole Crema di pane (fatta dallo chef) con funghi cardoncelli e limone fermentato. Ingannevoli nella forma, ma molto golose nella sostanza, sono poi le Tagliatelle di sedano rapa condite con bagna cauda, limone nero e olio al prezzemolo.
I trascorsi toscani dello chef sono racchiusi nella farcia di pappa al pomodoro dei Cappelletti, conditi con beurre blanc, acqua di pomodoro, olio al basilico e olio al pomodoro arrosto. Gli oli aromatizzati sono uno dei leitmotiv del menu; un altro è sicuramente il ricorso a elementi acidi come l’acqua di pomodoro, appunto, o il gel di sidro normanno che spezza il gusto umami del Cavolo cappuccio laccato al miso, ultima portata prima del dessert. Il vegetale è protagonista anche nel buonissimo dolce: una Quenelle di cavolfiore, con cioccolato bianco, salvia e arachidi sabbiate.
L’atmosfera
Il locale è nel centro del paese, ma ha un’estetica minimale moderna che proietta subito gli ospiti in una dimensione metropolitana. A dare calore all’ambiente ci pensa Sara, che si preoccupa anche della selezione di vini artigianali, quelli che, in qualche modo, le ricordano il vino genuino fatto dal suo papà. E a proposito di legami: Avus in latino vuol dire “nonno” e non è un caso. Le mura appartengono da generazioni alla famiglia di Sara, mentre gli splendidi piatti che vengono utilizzati regolarmente per il servizio, arrivano dalle credenze di nonni e zii. Come dire: estetica e gusti contemporanei che non prescindono da un viscerale rapporto con le radici.