«L’ho preso sotto braccio e gli ho detto: dai, prima di mandarti in pensione facciamo ancora una cavolata tutti insieme». «Eh, chiamala cavolata…». Con questo scambio di battute Teo Musso e suo figlio Isaac, titolari del birrificio Baladin, hanno annunciato in diretta streaming e a una platea di giornalisti frementi di curiosità uno dei progetti più rivoluzionari dell’attuale mondo brassicolo. Che Teo Musso fosse una fucina di idee innovative lo sapevamo già, ma stavolta, con la complicità del suo primogenito, in forze in azienda da due anni, l’ha fatta davvero grossa: insieme hanno lanciato un crowdfunding che ha l’obiettivo di raggiungere i 5 milioni di euro e aprire al mondo dei “baladiniani” le quote societarie. Perché questa idea? «Ogni rivoluzione nasce da un sogno – ha raccontato Teo Musso – il mio è iniziato nel 1986 quando ho aperto a Piozzo (Cn) un pub chiamato Le Baladin, “il Cantastorie”. Per realizzare i propri sogni ci vuole coraggio, così nel 1996 ho deciso di affiancare al pub uno stabilimento di produzione e vendita diretta di birra artigianale. Fin dall’inizio, la missione è stata creare birre uniche che potessero emozionare. Ma non c’è missione senza una vera ambizione: la nostra è far conoscere la birra artigianale. Come? Facendo diventare Baladin il più grande birrificio artigianale italiano». Un obiettivo ambizioso, ma affatto irrealistico, che Baladin intende mettere in atto nei tre step progettuali che saranno finanziati dai fondi raccolti col crowfounding Beer Revolution.
Marketing e mercato
Uno degli aspetti nodali di Beer Revolution sarà l’investimento non in beni materiali – lo stabilimento di Piozzo è ormai rodato e ben dimensionato, mentre quello nuovo di Monza Brianza, acquistato nel 2022, è già pronto a partire con una capacità produttiva di 100mila ettolitri – quanto nel capitale umano, in particolare andando a potenziare i settori marketing, comunicazione e distribuzione, così da favorire la crescita del mercato italiano e internazionale in particolare. «L’obiettivo è far crescere, conoscere e apprezzare la birra artigianale in Italia – ha spiegato Teo – a tal fine, l’idea di investire nella distribuzione non nasce da una nostra incapacità di arrivare sui mercati, quanto dalla volontà di allargare il nostro bacino di utenti, per far sì che chiunque abbia il desiderio di bere una birra artigianale possa farlo in un in un bar qualsiasi: un target che solo la rete strutturata dei grandi distributori può aiutarci a raggiungere». Sono oltre 2mila, infatti, i distributori di birra in Italia, «un potenziale altissimo per la birra artigianale, che, però, spesso, ha difficoltà a parlare lo stesso linguaggio della distribuzione. Con questo progetto vogliamo proprio cercare di andare ad allineare e connettere questi due mondi, dando uno stimolo importante».
Sostenibilità, indipendenza e artigianalità
Il secondo progetto prevede un intervento rilevante in termini di sostenibilità ambientale e aziendale. «Abbiamo recentemente scoperto di avere un bacino sotterraneo di acqua antica purissima proprio sotto lo stabilimento di Piozzo (quando si dice la fortuna! ndr), l’idea è quindi di andare a costruire un pozzo per potervi attingere» ha spiegato Isaac. Il pozzo, il cui progetto è sostenuto dal PNRR e dalla scuola di Sant’Anna di Pisa, rappresenterebbe anche un ulteriore passo in direzione dell’obiettivo indipendenza dell’azienda, che già produce il 95% di prodotti della filiera, definendosi per questo, dal 2012, birrificio agricolo. Sin dagli esordi, infatti, Baladin ha veicolato il messaggio “Perché la Birra è Terra!”, sottolineando quindi il legame diretto tra bevanda e agricoltura. «Aggiungere un elemento determinante come l’acqua nella produzione di birra ci renderebbe non solo indipendenti, – ha specificato Teo – ma ci permetterebbe di creare un ciclo dell’acqua sostenibile, andando a restituire alle falde superficiali, in seguito all’elaborazione attraverso un impianto di biodepurazione, tutta l’acqua utilizzata nelle procedure aziendali. E stiamo parlando di decine di milioni di litri, in un momento storico in cui l’acqua è un tema che genera riflessioni».
Il birrificio condiviso
Il terzo punto, quello più innovativo, si basa sulla filosofia che ha ispirato i locali di mescita Open Baladin (ambito che, come spiegato da Musso verrà separato da quello produttivo nei nuovi asset societari), intendendo creare nell’impianto recentemente acquisito a Bernareggio (MB), «il primo esempio di Open Hub, che coinvolgerà sei birrifici artigianali italiani con la finalità di realizzare una linea di sei birre, da vendere unicamente alla spina, ciascuna realizzata secondo lo stile del birrificio». Birrifici che Teo Musso ha già selezionato, individuando in Ritual lab (Lazio), Opperbacco (Abruzzo), Fabbrica Birra Perugia (Umbria), MC77 (Marche) e birrificio dell’Altavia (Liguria), i cinque partner ideali per lavorare a questo progetto al quale Baladin parteciperà con la sua birra Nazionale, la prima birra realizzata da materie prime esclusivamente di origine italiana. La scelta di limitare, almeno agli inizi, il progetto Open Hub alle sei spine è mirato a favorire non solo il lavoro dei distributori, creando un’offerta che sia gestibile sia per loro sia per locali di piccole dimensioni, ma anche «essere una base di partenza che ci permetta di avere pieno controllo della produzione – ha spiegato Teo – visto che l’Open hub non sarà una brew firm (ovvero quando un piccolo produttore affitta gli spazi di un altro per produrre la sua ricetta di birra) o una partnership di facciata: dovremo concretamente metterci noi birrai a tavolino per creare una linea di sei spine armonica e rappresentativa dello stile di ciascuno».
La comunità dei baladiniani
«Quello che possiamo senz’altro affermare è che siamo un’azienda che sta bene» hanno dichiarato i Musso. L’azienda, infatti, ha chiuso il 2022 con una produzione di quasi 26mila ettolitri, ricavi pari a 16 milioni di euro e un EBITDA del 20%, con un tasso di crescita superiore alla media del comparto. Inoltre, è presente in 47 paesi, con una rete B2B di circa 3.000 rivenditori e un e-commerce che ha servito, a oggi, 24mila clienti. «E davanti a noi vediamo un mondo che si apre sempre di più – hanno aggiunto – la cosa veramente incredibile, infatti, è che, in un momento storico di generale sfiducia, noi non ne siamo stati toccati. Insomma, in questo clima di positività ci siamo detti “è ora di fare la rivoluzione”. La rivoluzione però non si fa da soli. Così abbiamo pensato di appoggiarci al fatto che siamo un’azienda che dà da bere a più di due milioni di persone all’anno, persone che scelgono di bere non una birra qualunque, ma una birra artigianale. Il nostro valore più prezioso sono da sempre i “baladiniani”, una comunità che, nel tempo, si è andata identificando sempre più nei valori del nostro brand. Così abbiamo pensato di crescere offrendo a tutti la possibilità di entrare a far parte della società, attraverso un investimento minimo piuttosto contenuto». L’aumento di capitale societario verrà attuato attraverso una campagna di equity crowdfunding intitolata Beer Revolution e supportata dalla piattaforma Mamacrowd, che avrà come obiettivo massimo il raggiungimento di 5 milioni di euro, con una quota di ingresso minima di 250 euro. «L’idea è quella di raggiungere entro il 2028 la quota di 50 milioni di euro a fronte di una produzione di circa 100 ettolitri, ripartiti tra i due stabilimenti produttivi, mantenendo però come valori fondanti l’indipendenza e l’artigianalità, gli stessi che sin dagli esordi hanno guidato la nostra azienda». La raccolta partirà nelle prossime settimane, già dal 15 febbraio è però possibile effettuare una preiscrizione che garantirà una prelazione per l’acquisto delle quote. Per i primi arrivati e a seconda del capitale immesso saranno previsti una serie di vantaggi e regalie, mentre Teo Musso ha già le idee chiarissime su come si svolgerà la riunione di fine anno con tutti i soci: «pochi minuti di numeri e progetti e poi una grande festa a bere e a ballare nel nostro stabilimento di Piozzo!».