In qualunque modo lo si pronunci, Brda in sloveno, Collio in italiano, Cuei in friulano, den Ecken in tedesco, si tratta di un territorio disegnato da amene colline che raggiungono al massimo i 270 metri slm, estendendosi nella zona pedemontana tra le Prealpi Giulie e il mar Adriatico: un fazzoletto di superficie protetto, che propone terreni posizionati su substrati alternati di flysch (meglio conosciuto come ponca, in sloveno opoka), cioè strati alternati di marne (argille calcare) ed arenarie (sabbie calcificate) con spessori variabili. Già, un paesaggio che descrive il risultato dell’incontro di genti provenienti dalla penisola balcanica, dall’Europa centrale, dal mare e che porta i segni dell’eleganza veneziana da associare al rigore degli asburgo e della Belle Époque. Dunque, la storia di questi luoghi ha forgiato lo spirito dei suoi abitanti, che continuamente hanno affrontato guerre e calamità naturali, restando uniti, definendo i tratti di un’identità locale oltremodo solida. Qui, inoltre, la biodiversità è ben visibile, in quanto gli svariati alberi da frutto si mescolano ai boschi, ai prati e ai vigneti.
Giovanni Bigot e Marjan Simčič, non a caso, si sono incontrati parecchi anni fa in questi luoghi, quasi come vicini di casa, ognuno portatore della propria esperienza e conoscenza. Marjan, che da generazioni produce vini nella sua omonima cantina, porta con sé trent’anni di esperienza nella produzione di grandi vini e la costante ricerca di perfezionamento. Giovanni, d’altra parte, ha creato l’Indice Bigot, con un background scientifico che gli consente di interpretare e sviluppare pratiche agronomiche specifiche per ogni terroir. Tra di loro è nata subito una bella amicizia e una forte connessione, basata su un linguaggio comune e sulla passione per creare nettari unici. Insieme hanno intrapreso un lavoro ossessionato, con il desiderio di raggiungere l’eccellenza in ogni vigneto, motivati dalle sfide continue che la natura e i cambiamenti climatici pongono ogni anno.
Nulla da eccepire, infatti, poiché la loro interpretazione di ogni singolo Cru (Medana Breg, Medana Jama, Ronc Zegla, Trobno, Jordano) frutto di anni di esperienza e maniacale osservazione, mostra quanto il lavoro nel vigneto sia fondamentale per creare nettari vivi che muovono i caratteri organolettici, che variano i loro profumi, che cambiano, si adattano, sorprendono e incantano. Il vignaiolo serio, come ci ricorda lo stesso Marjan, «ha come obiettivo quello di essere allo stesso tempo promotore e custode del vigneto», cercando di stimolare l’equilibrio e la forza della pianta, poiché lavorando in maniera sana e corretta le viti, non forzando la produzione e garantendo sempre la vitalità del terreno, non avrà bisogno di intervenire forzatamente in cantina.
Grazie quindi ai 9 parametri dell’indice Bigot (produzione, chioma, rapporto tra foglie e produzione, sanità delle uve, tipo di grappolo, stress idrico, vigore, biodiversità e microrganismi, età del vigneto) è interessante notare la possibilità di spiegare scientificamente la correlazione tra determinate caratteristiche del vigneto, frutto di specifiche pratiche agronomiche, e i tratti peculiari del vino nel calice. In altre parole, attraverso l’esperienza di assaggio, l’indice di Giovanni diviene un’importante chiave di lettura che punta a riconnettere nella maniera più autentica possibile l’organismo vigneto alla sua terra, dentro il proprio territorio di appartenenza, e in modo da esprimere compiutamente questa somma di valori attraverso il vino che, a sua volta, diventa il diretto narratore di uno specifico luogo, della sua storia, del lavoro consapevole del produttore e magari di una tradizione tramandata.