Anteprima Brunello

Brunello di Montalcino, condannato a vincere

L’assaggio dell’annata 2018 (e della Riserva 2017), sul mercato da gennaio 2023, evidenzia una qualità che altre denominazioni nel mondo invidierebbero. Eppure a Montalcino l’eccellenza sembra il requisito minimo, non sempre riconosciuto

Succede alle grandi squadre di calcio o di hockey, ai grandi tennisti, agli scacchisti che hanno fatto la storia con il proprio genio. E succede anche nel vino. Ci sono vini “condannati” a vincere e ci sono denominazioni per le quali l’eccellenza sembra il requisito minimo, perché sotto i riflettori i nervi sono sempre più tesi. Succede così a Montalcino, dove l’asticella si alza costantemente e i ranghi di nobiltà si legano a un incremento costante della domanda. Eppure questi vini preziosi, frutto di un territorio unico e di una bella (e crescente) consapevolezza dei produttori, sembrano costantemente sotto esame. E come accade per i primi della classe, qualche volta ci si compiace di criticarne i momenti meno brillanti.

Brunello 2018, annata intrigante

Ecco una chiave di lettura che forse permette di comprendere la grande attesa per l’assaggio del millesimo appena entrato in commercio. Dopo le due annate d’oro 2015 e 2016, all’anteprima del Brunello 2017 tutti i riflettori dei critici e della stampa enoica erano puntati su un’annata destinata a essere figlia di un dio minore – una valutazione tutt’altro che condivisibile – e tutto sommato anche il Brunello di Montalcino 2018 si è trovato a fronteggiare le stesse (basse) attese. Risultato? Le degustazioni in anteprima a Benvenuto Brunello non hanno portato nel calice lo stesso livello di qualità media del 2016, è fuori di dubbio, ma in realtà – come è accaduto nel 2017 – confermano la capacità dei produttori di interpretare anche annate non strepitose. L’interpretazione stessa dell’annata risulta dunque controversa per la critica enoica e lascia trasparire una visione non omogenea rispetto all’evoluzione che vive il vino bandiera della Toscana (uno dei brand enoici più riconoscibili su scala globale). Eppure le anteprime servono a mostrare un orizzonte e ora, assaggiando i vini nel momento dell’immissione sul mercato, si può comprendere con chiarezza come tanta rigidità critica non sia giustificata. Perché se è vero che il 2018 non era una partita facile da giocare per i vignaioli di Montalcino, è altrettanto evidente che oggi (dopo qualche mese in più di affinamento in bottiglia) il risultato li premia. Non sono calici di Brunello 2016? Ebbene sì, sono Brunello 2018. Non serve aggiungere altro. E questo vino è grande perché incarna l’annata, con tutti gli alti e bassi, non perché si omologa agli standard critici.

Brunello 2018, calici da ri-assaggiare

Vini più sottili rispetto ad altre annate, a tratti scarichi. Tannini a tratti ruvidi, ma capaci di trasmettere emozioni. Naso austero, sorso non troppo slanciato. Ecco quel che si può trovare nei calici di molti dei produttori di Montalcino ora sullo scaffale. Certo, non vale per tutte le etichette, perché talvolta il legno prevarica il frutto (accade, purtroppo) oppure i vini sono stressati da qualche eccesso o infine hanno una personalità piuttosto fragile. Tra i Brunello annata da ri-assaggiare si segnalano sicuramente l’elegante Casanova di Neri e il solido Ciacci Piccolomini d’Aragona, l’irrequieto Castello Tricerchi, ma anche Mastrojanni, Poggio di Sotto, Sanlorenzo e Tenuta di Sesta per la precisione del sorso. Meritano un approfondimento l’intenso Albatreti, il Camigliano e il Col di Lamo dolcemente eleganti, il Canalicchio di Sopra e il Pietroso tesi e nitidi, così come la sobrietà di Argiano, Castiglion del Bosco, Le Chiuse, Padelletti (con una gustosa nota vegetale), Ridolfi, San Polino, Tenuta La Fuga e il Piaggione di Salicutti. Tra i single vineyards ci sono solide conferme e qualche sorpresa. Da non perdere il Pianrosso di Ciacci Piccolomini d’Aragona, il Vigna del Fiore dei Barbi e il Poggio al Granchio di Valdi Suga; meritano attenzione il Pomona di Villa Poggio Salvi, Le Pope di Verbena, la Casaccia di Canalicchio di Sopra, il Paesaggio Inatteso di Camigliano. Da riassaggiare più avanti nel tempo (per capire l’evoluzione delle morbidezze) il Vigna Marrucheto di Banfi, il Colombaio di Cava d’Onice, Ofelio di Patrizia Cencioni.

Riserva 2017 da scoprire

Il Brunello di Montalcino Riserva 2016 (molto attesa) aveva vissuto all’ombra del Brunello annata, salvo poi esser riscoperto (con tanto di podio Wine Spectator per lo splendido Riserva di Fattoria dei Barbi). La Riserva 2017, presentandosi senza sindromi da performance, entra sul mercato con serenità. Sarà forse questo approccio più “rilassato” o sarà la natura stessa del millesimo, ma senza dubbio vale la pena di accaparrarsi qualche bottiglia perché questo vino sembra avere la stoffa del campione. Eleganza e tannini nitidi, corpo nervoso, un sostrato di tabacco e grafite, queste Riserve hanno carattere da vendere. Se si escludono dunque quei pochi produttori che si son fatti prender la mano col legno, sono molte le etichette capaci di farsi apprezzare. I più convincenti sono i vini usciti da Celestino Pecci, Verbena e San Polino per eleganza e tensione, il Duelecci Ovest di Tenuta di Sesta e l’etichetta rossa di Fattoria dei Barbi. Meritano un approfondimento anche la densità di La Lecciaia, la levità di Mocali, la pulizia di Pian delle Querci e Santa Giulia, il Teatro di Salicutti, Anemone al Sole di Corte Pavone e il Vigna Soccorso di Tiezzi (scomposto eppure curioso). Fuori annata, convince la levità composta della Riserva 2016 di Biondi Santi ed è assolutamente fuoriserie il sempre splendido Diecianni 2013 de Le Chiuse.

Rosso di Montalcino 2020 e 2021, bello e possibile

L’uscita è troppo anticipata rispetto alle potenzialità dei vini, ma il Rosso di Montalcino si conferma sempre più un gran bel Sangiovese da godersi nel calice. Va riconosciuto che sono sempre di più le aziende che evitano di abbozzare dei Brunello in tono minore (perché più giovani) e puntano invece sulla piacevole eleganza che il vitigno regala anche senza il lungo affinamento del vino principe. Ecco allora gli ottimi Giovanni Neri 2021 (Casanova di Neri), Rossofonte 2020 (Ciacci Piccolomini d’Aragona) e il cru Palazzetto di Mastrojanni. Convincenti anche i Rosso 2020 di Altesino, Canalicchio di Sopra, Col d’Orcia, Padelletti, Pietroso, Ridolfi e Tenuta di Sesta; tra i Rosso 2021 Musico, La Poderina, Castello Tricerchi e Casisano.

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