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California / Un futuro luminoso

Winemakers di nuova generazione lanciano start-up da sogno e si preparano a cambiare il vino della California, in meglio

California wine

Quando Ryan Stirm ha fondato la sua etichetta omonima, racconta lui, «non mi rendevo conto di quanto fosse bassa la richiesta di Riesling». Ma ha tenuto duro. Grande appassionato di vino di Santa Barbara, Stirm ha comprato, ristrutturato e rivenduto una casa e, con il profitto di questa operazione immobiliare, ha raccolto abbastanza da potersi trasferire a Santa Cruz per far crescere la sua azienda vinicola, Stirm Wine (stirmwine.com). Sei anni dopo, ha potuto festeggiare il suo Riesling. Fermentato naturalmente, non filtrato e non affinato, il suo vino, ottenuto da una vecchia vigna della Cienega Valley, ha un sentore inebriante di guava, una consistenza sontuosa e una fine acidità. «Mi diverte il fatto che la gente abbia spesso dei pregiudizi negativi sul Riesling», dice. «Trovo così facile far cambiare loro idea».

Stirm, 32 anni, ama le sfide. Per il Pinot Nero e il Cabernet Sauvignon pratica l’agricoltura a secco senza aratura, una rarità in California, così sistematicamente arata e irrigata. «È disordinato a vedersi perché ho lasciato crescere le erbacce», afferma Stirm. «Ma i risultati raccontano una storia diversa», acidità, concentrazione, sapore. «Sto cercando di essere un autentico minimalista, di partire dall’essenziale, migliorandolo dove necessario».

Questo è il mantra un po’ di tutti i nuovi produttori della California. Con pochi soldi e tanto ingegno, e con la consapevolezza del loro impatto sia sui clienti sia sul territorio, stanno rivoluzionando il vino della regione. Un Mourvèdre profumato di fragola, uno Chenin Blanc fermentato sulle bucce con sentori di miele e limone Meyer — Megan Bell, 29 anni, produce vini a basso impatto, un tempo impensabili sulla Central Coast. Bell ha lanciato Margins Wine (marginswine.com) su Kickstarter nel 2016 e oggi guida i coltivatori delle regioni emergenti, come la Santa Clara Valley, attraverso la conversione dei loro vigneti – lei per prima si procura da loro la maggior parte delle sue sconosciute varietà. «La mia missione è convincere il maggior numero possibile di piccoli agricoltori a coltivare biologicamente», racconta.

Evitare di ricorrere ai prodotti chimici, afferma Gina Giugni, 28 anni, «significa produrre esclusivamente vino puro come la tua terra». A sud di San Luis Obispo, Giugni coltiva biodinamicamente, per coerenza con il suo stile vecchia maniera, che prevede la pigiatura con i piedi e l’invecchiamento sui lieviti. Il suo Pinot Nero mostra un’austerità borgognona; il suo Sauvignon Blanc vanta un netto sentore di mango verde e una deliziosa sapidità. La prossima mossa di Giugni sarà una sala di degustazione progettata con suo marito Mikey, 32 anni, la stella nascente dietro il marchio Scar of the Sea. Lady of the Sunshine (ladyofthesunshinewines.com), il brand di Giugni, è «una piattaforma» volta a incoraggiare la produzione di vino che parli di origine – nel suo caso, il terreno vulcanico della Edna Valley.

Miguel Lepe, 33 anni, è altrettanto dedito alla sua denominazione. Primo produttore di vino messicano-americano, ha fondato Lepe Cellars (lepecellars.com) nel 2015, dopo aver lavorato in cantine di tutto lo stato e cilene. «Da ciò che ho visto, tutto inizia nella vigna», dice. «I miei genitori hanno lavorato nei campi e a casa praticavamo il giardinaggio. Quando pianti qualcosa, questa crescerà bene solo se te ne prenderai cura correttamente». Zinfandel biologico sul suo portinnesto, fermentato naturalmente con un breve passaggio in barrique; Chardonnay fresco, da botte neutra. «Voglio dimostrare che Monterey ha il potenziale per vini di nicchia a basso impatto». La filosofia di Lepe attrae nuovi amanti del vino. «Molti dei miei clienti sono ispanici. Tradizionalmente non abbiamo mai bevuto vino, ma quando racconto la mia storia iniziata dal nulla loro si entusiasmano».

L’identità è importante anche per Corinne Rich, 29 anni, e Katie Rouse, 32 anni, di Sonoma, partner nella vita e nella vinificazione, con l’etichetta Birdhorse Wines (birdhorsewines.com). «La diversità in tutte le sue manifestazioni deve essere parte della conversazione», dice Rich. «È incoraggiante per i giovani viticoltori vedere che c’è un posto a tavola anche per chi fa parte di una minoranza». Birdhorse produce vino per la sua generazione: beverino, minimalista e dai prezzi contenuti. Provenienti dalla valle di Suisun, a est di Napa, i loro morbidi Valdiguié profumano di fiori e hanno un finale secco e deciso. Il loro Verdelho della contea di Contra Costa ha una mineralità gessosa e sentori di ananas. Nel 2019, a due anni dalla sua fondazione, Birdhorse ha prodotto solo 350 casse di vino. In futuro, dice Rich, «mi piacerebbe che ci lavorassimo a tempo pieno». Per ora, le due sono anche dipendenti di celebri cantine di Napa – impieghi che, una generazione fa, sarebbero rimasti l’unica opzione di carriera, per loro. Non oggi. «Il Cabernet della Napa Valley continua a prosperare. Ma i nuovi produttori di vino si stanno domandando: “Che altro potrebbe funzionare bene in California”? Stiamo sfidando le convenzioni».

Illustrazione di Abbey Lossing