Che si tratti di bistecche di pollo fritto, katsu o di quelle alla milanese, le cotolette impanate sono un fenomeno molto amato in tutto il mondo. Discendo da una stirpe di bavaresi; siamo il popolo della schnitzel. Questo piatto è sempre stato presente a tavola da quando ero una bimbetta in salopette di velluto, aggrappata alla gamba di mia madre mentre lei infarinava le fettine di carne, le passava nell’uovo sbattuto, le ricopriva di pangrattato e poi le friggeva in padella con il burro chiarificato, nella nostra piccola cucina sulle Alpi tedesche.
Vista la vicinanza con il confine austriaco e il Tirolo, la cotoletta che mia madre più amava preparare era la Wiener art (in stile viennese), con la fesa di vitello battuta che serviva con un’insalata di patate in stile tedesco; il condimento a base di aceto era il contrasto perfetto per la carne succulenta e croccante. A volte ci sorprendeva con la Schweineschnitzel, una costoletta di maiale disossata e impanata.
Quando ci siamo trasferiti in Australia all’inizio degli anni 80 ed è nata mia sorella, mia madre ha cambiato tattica, cercando di rendersi la vita più facile. Ha cominciato così a usare cornflakes sbriciolati invece che pangrattato: era a portata di mano visto che avevamo sempre una scatola di Kellogg’s in dispensa, ma dava anche un risultato più croccante. La mia versione preferita in assoluto era quella che preparava sempre per le feste negli anni 80: una minicotoletta di filetto di maiale. Ne faceva dei medaglioni spessi e piccoli che ricopriva di briciole di cornflakes, e li soffriggeva fino a che non fossero appena rosati all’interno, servendoli con una salsa Dijonnaise per accompagnare.
Dato che eravamo abituati a mangiare delle schnitzel enormi in ogni wirtshaus (pub) e baita della Bavaria, queste “schnitty” in miniatura – come le chiamano in Australia – erano davvero una novità a casa nostra (ed erano perfette per farcire i panini).
Ancora oggi faccio spesso le schnitzel a casa, con vitello o maiale, e quando ceno al ristorante non mi tiro indietro dal provare anche altri tipi di carne. Una delle migliori assaggiate è stata quella di anatra. Nel breve periodo in cui ha gestito il ristorante tedesco-italiano The Marrow nel West Village di New York City Harold Dieterle, il vincitore della prima stagione di Top Chef, serviva una schnitzel di petto d’anatra che è stata una vera rivelazione. Nonostante sia passato più di un decennio, mi ricordo ancora quanto fosse succulenta. Con mio marito non l’abbiamo mai dimenticata e adesso serviamo una versione simile – con petto d’anatra in salamoia – nella nostra enoteca bavarese-australiana Kabinett, a Easton in Pennsylvania.
L’utilizzo di carni diverse mette in risalto la spettacolare versatilità delle tecniche universali della infarinatura e impanatura per avere delle cotolette perfettamente croccanti. È un metodo che va bene tanto con il manzo quanto con il pollo, come ad esempio per la Chicken fried steak tipicamente americana.
E non abbiamo neanche accennato alla panatura in sé – un altro elemento che si può interpretare come si desidera, impiegando pangrattato, semi o anche cornflakes e frutta secca. La si può anche arricchire con erbe fresche, come timo o rosmarino, o spezie: mia madre ogni tanto aggiungeva della paprika, per esempio. Si può pure rivestire la carne con maionese o latticello invece dell’uovo sbattuto, per far aderire la panatura. Con così tanti modi eccitanti per creare e personalizzare i sapori e le consistenze della perfetta cotoletta, è facile praticamente per chiunque diventare un appassionato di schnitzel.