Marco Carpineti, vignaiolo del basso Lazio, è stato tra i primi a credere nella bontà dell’areale dell’Agro Pontino e a puntare al biologico all’interno di questo territorio ricco di vecchie varietà autoctone che l’azienda ha piantato all’interno di circa 70 ettari di vigneti suddivisi attualmente in quattro grandi tenute: Capolemole, San Pietro, Ninfa ed Antoniana. Quest’ultima, incastonata tra i borghi di Bassiano, Sermoneta e Sezze, è un appezzamento storicamente legato al vino Cècubo che Appio Claudio Cieco, censore romano non vedente e costruttore della Via Appia, rese celebre tanto da farlo apprezzare a poeti e, soprattutto, imperatori dell’Antica Roma.
Proprio in questo fazzoletto di terra, dove storia e leggenda si incontrano, Marco Carpineti ha piantato i vigneti di Bellone, Abbuoto e Nero Buono, uve autoctone d’eccellenza del Basso Lazio, una porzione di tre ettari che è stata ripensata completamente per dare vita a “Limito”, un suggestivo labirinto che rilegge la vigna in una chiave inedita e filosofica. «Limito – spiega Paolo Carpineti che tra i filari c’è letteralmente nato – è una allegoria del percorso della vita che ognuno di noi svolge cercando di trovare la strada per il raggiungimento dei propri sogni, della propria visione e realizzazione. Solitamente un filare è composto da un inizio e una fine, una linea tra due punti priva di ostacoli e interruzioni, ma a volte per raggiungere i nostri obiettivi si deve cambiare direzione per imboccare finalmente quella giusta, così come all’interno del labirinto che ognuno può attraversare come vuole».
Il progetto di questa visione è stato affidato nel 2020 allo Studio di Architettura Bernardi che, passo dopo passo, ha creato un un’opera paesaggistica caratterizzata da 80 metri di diametro, 4 ingressi e due soluzioni differenti. Due piazzole per la sosta poste ai lati, circondate da 8 cipressi, svettano come colonne e sono un “punto di riferimento” per chi lo attraversa. Infine, sono presenti due spirali che, come onde, danno dinamicità all’intero disegno e possono essere percorse entrando da un lato ed uscendone dall’altro.
La particolare conformazione del labirinto sposa anche una precisa sperimentazione delle quattro varietà piantate qui da Carpineti, ovvero Nero Buono, Bellone, Greco Nero e l’Abbuoto. Con le sue onde e le sue ombre, vuole infatti sviluppare un impianto nuovo che sia funzionale alla giusta maturazione delle diverse uve e in grado di gestire al meglio la pianta e i suoi frutti. Inoltre, la scelta ha portato a creare un disegno preciso anche in base alla colorazione delle uve e delle loro foglie in maniera che, con l’arrivo dei primi freddi, cambiassero colore e trasformassero il disegno in un tripudio di nuance che si accendono, fornendo allo spettatore la visione di un’opera sia funzionale che estetica.
«Perché – spiega la famiglia Carpineti – vogliamo rendere le nostre tenute, nate e pensate per produrre uva, dei musei a cielo aperto. Trasformare ciò che è produttivo in qualcosa di artistico. Tornare a parlare di bellezza, creatività, ingegno e distintività. Ciò che ha reso l’Italia per secoli una terra di bellezza e bacino di una capacità del “fare” unica al mondo».